Nel teatro della nostra vita stanno per uscire di scena personaggi ormai esausti e dannosi come il carbone, il petrolio, la benzina, il gasolio e il gas metano per lasciare posto a una recita più sostenibile di nuovi soggetti. Alcuni li conosciamo già, hanno svolto ruoli finora marginali, come l’energia idroelettrica, fotovoltaica ed eolica, altri come il bio-metano e l’idrogeno verde stanno facendo capolino fra le quinte. Insieme  conquisteranno il palcoscenico da protagonisti.

Il cambio definitivo di rappresentazione è previsto per il 2050. Davanti a noi avremo 30 anni per cambiare la scenografia e permettere a questi nuovi attori di esibirsi pienamente con i trasporti, la climatizzazione delle nostre case, i panorami cittadini, l’apparato produttivo, l’organizzazione distributiva.

Ieri la Commissione europea, in linea con il pacchetto Next Generation EU e con il Green New Deal europeo, ha presentato le proposte di strategia al 2050 per l‘idrogeno e per l’integrazione dei sistemi energetici, firmate dalla commissaria Ue all’Energia, l’estone Kadri Simson. L’obiettivo è tagliare le emissioni di CO2 del  50-55% entro il 2030 e del 100% entro il 2050. Costituisce un imponente piano di azione e investimento per accompagnare, come si fa per i grandi attori, l’entrata in azione dell’Idrogeno verde. A questo comprimario di eccellenza sarà riservato il 14% del mix energetico europeo.

Non si tratta solo dell’ingresso di nuovo personaggio. La Commissione ha voluto dettare anche un nuovo copione a cui le fonti energetiche dovranno attenersi: non più “prime donne” ma una recita corale, integrata, senza parti esclusive.   Superare l’attuale modello in cui il consumo di energia nei trasporti, nell’industria, nel gas e negli edifici avviene “per compartimenti stagni”, con catene del valore, regole, infrastrutture, pianificazione e operazioni separate.  L’integrazione del sistema energetico comporta invece un complesso pianificato e gestito nel suo insieme, collegando diversi vettori energetici, infrastrutture e settori di consumo.

Gli investimenti previsti dalla Commissione europea, 150 miliardi di Euro al 2030, hanno il potenziale per stimolare la ripresa economica dalla crisi da Coronavirus, creano posti di lavoro e rafforzano leadership e competitività nelle industrie strategiche europee.

L’idrogeno H2 è un gas che, molto diffuso in natura, non si trova libero, non ci sono giacimenti come per il metano, ma è un componente di molte sostanze naturali come l’acqua e gli idrocarburi. Deve quindi essere ricavato con dei processi di separazione. 

Già da molti anni lo si ottiene dalla scomposizione del metano (reforming) per produrre poi ammoniaca e quindi molti dei fertilizzanti usati in agricoltura. Chiamiamo questo idrogeno blu, una controfigura che può entrare in azione nelle emergenze, perché per produrlo si emette CO2 che è quello che vogliamo evitare.

Il vero protagonista è invece l’Idrogeno verde quello che si ottiene dall’acqua separandolo elettricamente dall’Ossigeno. L’impianto da utilizzare si chiama elettrolizzatore e si basa su una tecnologia disponibile già da molti anni, ma pochissimo utilizzata per gli alti costi dell’energia elettrica non rinnovabile. Lo qualifichiamo verde quando l’energia elettrica viene prodotta da pale eoliche o da impianti fotovoltaici.

Il ruolo principale assegnato all’idrogeno verde sarà quello di unire la produzione elettrica rinnovabile, per sua natura variabile e imprevedibile,  ai consumi anch’essi difficilmente programmabili. Sarà un accumulo di energia di medio termine che si caricherà quando la produzione elettrica eccede il fabbisogno e si spenderà quando è deficitario. Ma potrà essere anche utilizzato in tutti i settori industriali, dal siderurgico alla chimica fino ai trasporti su gomma, navi e aerei.

Come ha previsto di introdurre l’idrogeno verde la Commissione europea?

Dal  2020 al 2024 si prevede di incominciare la produzione massiccia di idrogeno verde e l’installazione di elettrolizzatori, facilitare l’uso dell’H2 in processi industriali e trasporto pesante.

Alcune iniziative sono già avviate. La nostra autostrada A22 già nel 2014 ha inaugurato a Bolzano sud un impianto per produzione e distribuzione di Idrogeno verde per gli autotreni di lunga percorrenza e avrà la possibilità di espandere la sua presenza. Un esempio industriale recente è la Thyssenkrupp, il più grande produttore tedesco di acciaio, (la nostra Ilva/Mittal per intenderci),  che ha raggiunto un accordo con l’utility tedesca Rwe per sostituire il carbone che alimenta i suoi altiforni con idrogeno verde. Heraldo ha già descritto l’esperienza imprenditoriale di SPI Consulting spa che a Desenzano costruisce, su proprio brevetto, elettrolizzatori per la produzione di Idrogeno verde.

Dal 2025 al 2030 l’idrogeno verde diventerà progressivamente competitivo quanto ai costi e verrà usato nella produzione dell’acciaio, nei trasporti, nelle navi e per lo stoccaggio dell’energia.

Dal 2030 al 2050 infine la Commissione europea prevede che l’idrogeno verde sarà sviluppato su larga scala raggiungendo tutti i settori oggi di difficile decarbonizzazione come l’aviazione. Quella fase richiederà un massiccio incremento della capacità eolica e fotovoltaica perché nel 2050 un terzo dell’intera produzione elettrica rinnovabile dovrà necessariamente essere dedicato alla produzione di idrogeno.

La scenografia, a quel punto, sarà completata e gli attori potranno manifestare appieno il loro talento. Ma il pubblico non potrà mai essere solo spettatore. I cittadini con le loro istituzioni dovranno partecipare alla trasformazione e diventare parte attiva. Senza loro e le istituzioni gli obiettivi del Green New Deal non saranno raggiungibili.

Fondamentale, a questo proposito, l’elaborazione del PAESC (Piano Ambientale Energia Sostenibile e Clima) 2030 che il Comune di Verona si è impegnato ad approvare entro Giugno 2020 e del quale si è persa traccia. Ma possiamo ancora aspettare?