Sono in pieno svolgimento a Parigi le Giornate urbane dell’OCSE (14-17 aprile) che riuniscono oltre 150 leader, esperti e artefici del cambiamento a livello globale e locale per discutere su come plasmare e finanziare città inclusive, circolari e sostenibili, città per tutte le età, in grado di affrontare la crisi abitativa, colmare il cerchio sull’uso delle risorse e costruire comunità resilienti al clima. La manifestazione ospita anche il 7° Incontro dei “Champion Mayors” per la Crescita Inclusiva, in cui i sindaci partecipanti si confrontano e condividono buone pratiche per contrastare le disuguaglianze e promuovere uno sviluppo economico inclusivo (https://www.oecd-events.org/oecd-urban-days). 

E il tema di  politiche inclusive per tutte le fasce d’età sarà uno dei più importanti sui quali ci si dovrà confrontare nel prossimo futuro. La quota di anziani nelle città dell’OCSE è in rapido aumento e molte grandi città continuano a crescere e ad attrarre giovani. Tra il 2000 e il 2022, il numero di persone di età pari o superiore a 65 anni ogni 100 persone in età lavorativa (20-64 anni) è aumentato negli agglomerati urbani di tutti i 35 paesi membri dell’OCSE per i quali sono disponibili dati. Si prevede che questa quota salirà dal 20,9% nel 2020 al 27,9% entro il 2040 in media nei 29 paesi OCSE. Senza politiche inclusive per le fasce d’età, le città rischiano significative conseguenze sociali ed economiche, che vanno da peggiori condizioni di salute e maggiore isolamento alla perdita di forza lavoro, all’aumento della spesa pubblica e alla fuga di cervelli.

Il rapporto OCSE “Città per tutte le età” ha cercato proprio di esplorare come i governi locali e nazionali possano affrontare queste sfide e rendere le città adatte a tutte le generazioni. Quelle città che non riusciranno ad essere inclusive nei confronti delle diverse fasce d’età e che quindi non terranno conto dei bisogni delle persone di tutte le età nella pianificazione e nelle politiche urbane, rischiano di dover affrontare costi sociali ed economici significativi, come – per esempio – maggiori rischi di cattiva salute, solitudine, isolamento e povertà, con conseguenti maggiori spese pubbliche per i residenti più anziani, minori opportunità educative e sociali per i bambini e minore attrattività per i giovani, con conseguenze sul mercato del lavoro e sulla crescita della produttività.

Ci sono però già alcune “buone pratiche”. Città come Barranquilla e Bogotà, in Colombia, stanno riprogettando lo spazio urbano con sviluppi a uso misto e ampliando gli spazi verdi, anche per bambini e anziani, oppure il co-housing per residenti sotto i 35 anni a Bologna,  gli alloggi di supporto per anziani a New Orleans, l’offerta abitativa attraverso il “rightsizing” a Cork, in Irlanda, le iniziative di condivisione abitativa intergenerazionale a Baltimora, le sovvenzioni per la ristrutturazione di vecchi appartamenti progettati per studenti in Grecia e per gli anziani in Francia, per aiutare specifiche fasce d’età a ottenere alloggi urbani a prezzi accessibili.

Non mancano neppure iniziative per rafforzare l’economia locale integrando giovani e anziani come lavoratori e consumatori, sostenendo la creazione di posti di lavoro e l’attrattività culturale, offrendo – per esempio – agli anziani programmi di riqualificazione, come nella Greater Manchester (Regno Unito), oppure investendo in soluzioni sanitarie digitali, anche per gli anziani come succede a Barcellona, ​​in Spagna, in modo da stimolare la “silver economy” e creare posti di lavoro per i giovani. Ci sono poi Città come Kusatsu, in Giappone, che puntano sull’istruzione terziaria di qualità per trattenere i giovani talenti, mentre altre come Mannheim, in Germania, che promuove la vita notturna e gli spazi culturali per attrarre residenti in età lavorativa e stimolare la crescita economica.

Il Rapporto fornisce indicazioni utili per dare priorità a una pianificazione urbana inclusiva e flessibile in modo da garantire che le esigenze basate sull’età siano integrate nello sviluppo locale. In altri termini, le pratiche di progettazione universale dovrebbero essere implementate a tutti i livelli di governo per migliorare l’accessibilità agli spazi pubblici. Per sostenere soluzioni abitative mirate alle diverse fasce d’età, i ​​governi potrebbero introdurre, per esempio, standard obbligatori di accessibilità per gli alloggi, come l’obbligo di porte accessibili alle sedie a rotelle nei nuovi edifici residenziali, e incentivare lo sviluppo di alloggi inclusivi per le diverse fasce d’età, come unità di co-housing efficienti, per rendere le città più accessibili ai giovani.

E sebbene standard più rigorosi possano comportare dei costi, questi dovrebbero essere compensati da benefici come una maggiore autonomia tra gli anziani, con un conseguente risparmio a lungo termine sulla spesa sanitaria. Per fare ciò occorre però che i ​​governi mettano a disposizione per i funzionari pubblici risorse e formazione per valutare e migliorare l’inclusività delle loro città e delle loro politiche, garantendo che il personale sia dotato delle competenze necessarie per promuovere l’inclusività. Così come occorre allineare le politiche tra settori e livelli per eliminare gli ostacoli alla creazione di città inclusive per gli anziani in settori quali l’edilizia abitativa, i trasporti e i servizi sociali.

E coinvolgere soprattutto tutte le fasce d’età nella progettazione urbana, utilizzando metodi come la co-progettazione, la co-pianificazione, il bilancio partecipativo e i comitati consultivi per diverse fasce d’età, coinvolgendo bambini e anziani nei processi di pianificazione urbana. Ad esempio, le amministrazioni comunali possono collaborare con le scuole nelle consultazioni per la progettazione di nuovi parchi gioco. Condividere, infine, buone pratiche e idee sperimentali collaborando con altre città, scambiandosi così e sperimentando politiche a favore degli anziani che si sono dimostrate efficaci altrove. Qui per scaricare il Rapporto Città per tutte le età.

Giovanni Caprio

(C) RIPRODUZIONE RISERVATA