In questi giorni si è dibattuto sull’opportunità di realizzare nei 1.500.000 mq di area ancora agricola della Marangona, uno “SPAZIO ROCK” per concerti e per i giovani. Ovviamente, ben servito da infrastrutture viabilistiche, parcheggi e di tutti i servizi necessari ad accogliere migliaia di persone.

Prima, però, di valutare l’opportunità o meno di realizzare nuove strutture in quella grande area, sarebbe necessario rammentare che il 6 giugno del 2017 la Regione Veneto approvò la legge n. 14, per un processo di revisione sostanziale della disciplina urbanistica, ispirata ad una nuova coscienza delle risorse territoriali ed ambientali, finalizzata alla riduzione progressiva del consumo di suolo non ancora urbanizzato, coerentemente con l’obiettivo europeo di azzerarlo entro il 2050. 

Infatti, la legge 14, prevede la riqualificazione edilizia ed ambientale e la rigenerazione urbana, comprensiva della demolizione delle opere incongrue e di degrado e della riqualificazione del patrimonio edilizio dismesso. Nonostante la legge regionale, però, il consumo del suolo non è diminuito, anzi.

Fermare il consumo di suolo

Il Veneto, secondo il rapporto di Ispra (Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), è la Regione, dopo la Lombardia, dove si consuma più suolo in Italia e, tra il 2021 e il 2022, si sono impermeabilizzati 217.825 ettari, peggiorando del 34% il consumo dell’anno precedente. Il Veneto, è anche la Regione italiana con la maggior superficie di edifici rispetto al numero di abitanti (147 mq/ab), e non poche aree sono dismesse.

Verona è, dopo Venezia, la città del Veneto ad avere avuto tra il 2021 e il 2022 il maggior consumo di suolo e ha accumulato circa 2.000.000 di metri quadrati di verde in meno rispetto alle norme urbanistiche, dei quali 800 mila solo a Verona Sud.

Le opere che vengono realizzate sono soprattutto grandi infrastrutture viabilistiche, poli logistici, commerciali e direzionali e, negli ultimi tempi, si sono aggiunti i pannelli fotovoltaici a terra. Il grimaldello per continuare a costruire, nonostante la legge regionale, sono le deroghe previste per le opere pubbliche o di utilità pubblica.

Da tutto questo si evince che la prima necessità del nostro territorio è di aumentare le superfici verdi e piantumate, non di consumare le poche zone verdi ancora rimaste. Inoltre, con i cambiamenti climatici si alternano periodi di piogge violente a cicli di siccità, che mettono in crisi il sistema città e quello territoriale. Le alluvioni, le frane e la desertificazione del territorio ci stanno trovando spesso (se non sempre) impreparati.

L’eccesiva presenza di CO2 nell’atmosfera, sta rendendo drammatico l’effetto serra. È necessario, dunque, intervenire per “catturare” la CO2. Il più importante serbatoio di raccolta del gas serra è il suolo, che lo “cattura” grazie ai suoi microorganismi. Per questo è essenziale non solo bloccare il consumo del suolo, tutelare il patrimonio verde esistente e piantare nuovi alberi, ma anche attivare le de-cementificazione.

Un parco di agricoltura biologica

Da decenni si discute su cosa realizzare alla Marangona, la grande area verde a sud della città. Si era ipotizzato un polo dell’innovazione, ed è ancora questa la destinazione in vigore nel PAQE (Piano Area Quadrante Europa) della Regione; poi si è parlato dell’IKEA ed ora di un polo logistico e di capannoni industriali.

Dovrebbe, invece, rimanere a destinazione agricola e trasformarsi in un parco di agricoltura biologica, collegato con la fascia verde che ospita i forti distaccati absburgici, tra il Forte Azzano e il Forte Gisella, per formare un sistema del verde con lo Scalo Merci, la Spianà, e i parchi dell’Adige, della Collina e delle Mura.

A questo punto, la domanda da porsi è dove costruire un contenitore per concerti di musica non operistica e spazi per i giovani. Una struttura della quale la nostra città ne avrebbe disperato bisogno, anche per limitare alla sola lirica gli eventi organizzati all’interno dell’anfiteatro romano.

Sarebbe necessario individuare una grande area industriale dismessa da rigenerare, ben servita da infrastrutture viabilistiche, parcheggi e mezzi di trasporto pubblico, per evitare di congestionare il traffico. Inoltre, dovrebbe essere lontana dai centri abitati, per evitare l’inquinamento acustico che ne deriverebbe. Dove trovare, dunque, un’area con queste caratteristiche? Bisognerebbe esaminare le mappature e i dati che il Comune possiede sulle aree industriali dismesse e trovare quella più idonea a essere trasformata in un luogo per la musica e in spazi per i giovani.

Uno degli ostacoli da superare potrebbe essere l’interesse economico del proprietario dell’area individuata che, molto probabilmente, sarebbe maggiormente attratto da soluzioni diverse, quali le destinazioni logistiche, produttive, commerciali o direzionali, che hanno e stanno occupando la maggior parte delle aree di Verona. Per superare questo problema è necessario che la nostra pubblica amministrazione pianifichi “oggettivamente” il territorio, individuando le zone più idonee a rispondere all’idea di città che si intende portare avanti.

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