L’inflazione è una inesauribile fonte di studio per gli economisti, e rappresenta una sfida per coloro che hanno il compito di tenerla sotto controllo. In Europa, tale compito è della Banca Centrale (BCE) che ha l’obiettivo di mantenere una inflazione stabile, vicina ma inferiore al 2%

La letteratura economica insegna che l’inflazione può essere controllata principalmente attraverso la politica monetaria, agendo sul Tasso ufficiale della BCE, che attualmente si attesta al 4,5%. Esiste un legame complesso fra l’inflazione ed i tassi di interesse, mediato dalla crescita economica. Un aumento dei tassi comporta un aumento del costo del denaro, che induce una diminuzione degli investimenti delle imprese e delle famiglie, di conseguenza, un rallentamento dell’economia, che si riflette infine in una diminuzione dell’inflazione. L’operazione contraria quando l’inflazione diventa troppo bassa.

Tuttavia, teorie economche a parte, in una economia globalizzata, ed in una struttura geopolitica come quella europea, la realtà è ben più complicata. È interessante osservare il grafico dell’inflazione degli ultimi due anni.

Una inflazione salita e scesa rapidamente

Ciò che colpisce immediatamente è la velocità con cui l’inflazione è aumentata, e la sua ancora più sorprendente rapida discesa. Mai in passato si erano verificate variazioni così rapide. In un anno l’inflazione ha raggiunto il picco massimo di quasi il 12% per tornare dopo solo un altro anno pressocché ai valori pre crisi. Le persone meno giovani ricorderanno l’inflazione degli anni ’70 e ’80, i cui valori assoluti erano molto più alti di quelli attuali, e la sua persistenza e lentezza nel diminuire.

L’innesco dell’ìnflazione é stato causato innanzitutto dalla vigorosa ripresa economica mondiale dopo la fermata dovuta alla pandemia del Covid-19 ed alledifficoltà nel ripristinare i canali di approvvigionamento internazionali. Poi c’é stato l’evento più traumatico, ovvero la guerra Russia-Ucraina, che ha portato a livelli vertiginosi il prezzo del gas metano.

Non si è trattato di una inflazione interna causata da un eccesso di domanda, ma esogena, provocata dalla temporanea carenza di offerta di energia e relativi prezzi altissimi. L’aumento dei prezzi energetici si è trasferito poi inevitabilmente sulla produzione di beni e servizi, determinando un aumento generalizzato dei prezzi in tutti i settori merceologici, con l’aumento dell’inflazione “core”, ossia quella misurata al netto dei beni energetici e agricoli stagionali. E’ a questo punto che la BCE, nel luglio del 2022, ha iniziato ad aumentare gradualmente il Tasso ufficiale di interesse con l’obiettivo di disinnescare la rincorsa prezzi – salari.

Aumento dei tassi ininfluente ed inflazione da profitti

In realtà, secondo alcuni recenti studi economici, l’aumento dei tassi di interessi della Banca Centrale, é stato quasi ininfluente nel contrastare l’inflazione. Non si è verificata una spirale inflazionistica fra prezzi e salari, dal momento che i salari e le pensioni hanno recuperato solo parzialmente e tardivamente il potere d’acquisto perso. L’inflazione quindi è scesa velocemete grazie alla rapida diminuzone dei prezzi dell’energia. La fiammata inflazionistica l’hanno comunque pagata prevalentemente i lavoratori, i pensionati, ed i titolari di mutui a tasso variabile che hanno visto crescere l’importo della rata mensile.

D’altro canto, nonostante la crisi inflazionistica, i profitti in molti settori industriali sono cresciuti, come evidenzato da studi riportati da sito di economia La voce.info, che parlano di inflazione da profitti, responsabile fino al 40-45% della sua crescita. Le imprese hanno scaricato sui prezzi gli aumenti dei costi energetici e delle materie prime, aumentando i loro margini e contribuento così ad alimentare il fenomeno inflazionistico. Vale per tutti la ben nota questione degli extra profitti nel settore energetico, ed in quello bancario, sui quali il governo italiano non ha voluto intervenire.

Ma ora che l’inflazione è stata sostanzialmente domata, a gennaio e febbraio infatti in Italia era ferma allo 0,8%, perché la BCE attenda ancora a diminuire il Tasso ufficiale? Il problema risiede nella struttura composita dell’UE in cui, sebbene esista un mercato unico e una sola moneta nell’eurozona, non si tratta di un’Area Valutaria Ottimale. Pertanto, l’inflazione, specialmente in presenza di shock esterni, può variare in modo diversificato nei vari Paesi dell’Unione.

Una inflazione disomogenea nell’eurozona

Infatti nei 20 Paesi dell’eurozona a gennaio 2024 l’inflazione era compresa fra il 5,0% dell’Estonia, il 4,3% dell’Austria, il 3,1% della Germania e lo 0,8% dell’Italia. A parte la ossessiva preoccupazione dell’inflazione, soprattutto dei Paesi del centro e nord dell’Europa, la BCE a quale valore dovrebbe fissare il Tasso ufficiale? Dovrebbe mantenerlo alto al 4,5% per favorire la discesa dell’ inflazione in Estonia, Austria e Germania, oppure abbassarlo per stimolare la crescita economica in Paesi che hanno già raggiunto una bassa inflazione come l’Italia? Ci sono interessi economici e tensioni molto forti e contrastanti all’interno della BCE, che spingono verso direzioni opposte.

Questa vicenda dovrebbe insegnare che un Tasso unico per economie diverse è problematico e che l’aumento dei tassi di interesse non è l’unico modo per frenare l’inflazione. Si sarebbe dovuto agire anche con politiche redistributive, politiche fiscali e controlli più serrati sulla concorrenza. Tuttavia queste azioni non rientrano nella competenza della Banca Centrale, ma dei Governi nazionali, che però hanno ristretti spazi di manovra, imbrigliati da patti di stabilità con empiriche soglie di deficit e rapporti debito/Pil.

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