In questi giorni in Italia si susseguono notizie di sbarchi nelle nostre coste del Sud: Lampedusa, Sicilia ma anche Sardegna. Aumentano gli arrivi di migranti attraverso il Mediterraneo, con le conseguenti preoccupazioni che ne derivano in merito a sicurezza, situazione sanitaria, tutela dei più vulnerabili. Tutto questo, paradossalmente, a pochi giorni dal rinnovo del rifinanziamento da parte del governo italiano all’operato della Guardia Costiera Libica, come ben descritto nell’articolo di Barbara Salazer, La mala gestione dei migranti.

Ma i movimenti in mare non sembrano crescere solo nel Mediterraneo. È del 21 luglio infatti, un comunicato della ong spagnola Caminando Fronteras, che denuncia l’aumento dei tentativi di attraversamento della rotta atlantica, e di conseguenza, del numero di naufragi e di vittime. Dal 2020 infatti, i migranti, ma sarebbe più esatto dire i trafficanti, sembrano aver riscoperto la tratta che dal Marocco porta alle Canarie. Una via pericolosissima, un mare molto rischioso da affrontare con i gommoni e che solo da gennaio di quest’anno ha causato 2087 tra morti e dispersi.

Avv. Maria Segurado Lozano – foto dal giornale El Correo

Abbiamo voluto commentare queste notizie e questi dati con Maria Segurado Lozano, avvocato e Responsabile delle politiche migratorie di Caritas Spagna, https://www.caritas.es/e vive e lavora a Madrid.

Buongiorno avvocata, in Italia stanno arrivando notizie e comunicati sull’aumento degli arrivi alle Canarie da parte di migranti che partono dal Marocco. Conferma questi dati?

«Bisogna prestare molta attenzione quando parliamo di numeri. Innanzitutto perché dietro ad ogni numero c’è un volto, una persona ed una storia sofferta. Secondo perché i numeri vanno sempre contestualizzati, altrimenti rischiamo di vedere cose che non ci sono.»

Mi sta dicendo che non c’è un aumento di arrivi?

«No, gli aumenti ci sono eccome. Dal primo di gennaio al 15 luglio 2021 sono arrivati alle Canarie, via mare, 7263 migranti. Nel 2020, nello stesso periodo, “solo” 2804. Un aumento enorme, se si guarda solo ai numeri. Inoltre bisogna ricordare che la via atlantica è una delle più pericolose quindi il dato preoccupa, eccome. Ma qui in Spagna, tutti ci ricordiamo della crisi del 2006, la cosiddetta “Crisis de los cayucos”. I cayucos sono imbarcazioni artigianali tipiche di vari paesi africani come la Mauritania per esempio. In quell’anno solo nelle Canarie sono arrivate 31.678 persone. Numeri nemmeno paragonabili ad ora.»

Come stanno reagendo i cittadini spagnoli a questi nuovi arrivi?

«Nel 2006 ci siamo trovati ad accogliere un numero enorme di arrivi, tutti in una volta sola. Era la prima grande emergenza migratoria per noi. Ma ce l’abbiamo fatta. Il governo di allora ha subito messo in atto delle pratiche per la gestione di quell’emergenza: a mano a mano che arrivavano i migranti venivano spostati dalle isole alla penisola, venivano immessi in un programma di accoglienza, chi voleva faceva domanda di asilo, chi voleva andarsene se ne andava, c’era l’assistenza sanitaria. Venivano garantiti i fondamentali diritti umani, primo fra tutti quello di muoversi liberamente. Inoltre è stata fondamentale la partecipazione della comunità civile che ha assorbito i nuovi arrivati permettendogli di stabilirsi nel nostro paese. Ora invece non è così. Chi arriva alle Canarie adesso rimane bloccato lì. Il governo non sta organizzando nessun tipo di trasposto dalle isole alla penisola e questo secondo noi è gravissimo. Gli abitanti delle Canarie sono arrabbiati e provati. Si sta creando una sorta di competizione tra poveri. Non bisogna dimenticare che le Canarie sono tra i territori più poveri dell’Europa e hanno risentito pesantemente della pandemia di Covid. Sicché ora provano molto rancore verso chi arriva con i barconi, perché hanno paura di perdere quel poco che loro stessi possiedono. Quelle isole stanno diventando una polveriera.»

Perché secondo lei il governo spagnolo non sta intervenendo?

«In molti ce lo stiamo chiedendo e purtroppo il sospetto è che il governo stia intenzionalmente creando una forte pressione sulle isole, una crisi esacerbata intenzionalmente con lo scopo di chiedere soldi all’Europa. Diciamolo francamente: dopo più di 20 anni di politica migratoria europea, ancora non si riesce ad avere una linea condivisa sulla gestione delle frontiere. L’Europa ha un atteggiamento rispetto alle migrazioni che sembra schizofrenico: da un lato dice di volere il rispetto dei diritti umani di tutti, la tutela dei vulnerabili, il finanziamento di progetti di cooperazione internazionale, di essere un paese aperto; dall’altro lascia che ogni stato membro gestisca le proprie frontiere come meglio crede e approva il finanziamento di paesi come la Turchia, la Libia o il Marocco per una “gestione condivisa” dei flussi migratori. Le frontiere a sud dell’Europa sono europee solo in teoria. Ed è questo il problema! Nella pratica la Grecia, l’Italia, Malta e la Spagna sono lasciate a se stesse. A gestirsi gli arrivi con grande resistenza da parte degli altri paesi alla redistribuzione. Ed ecco il risultato: in Spagna si sta creando una finta emergenza, finta nel senso che sapremmo benissimo come affrontarla visto ciò che abbiamo vissuto nel 2006, per chiedere finanziamenti economici.»

Cosa propone Caritas Spagna?

«Non esistono soluzioni semplici a problemi complessi. E il problema delle migrazioni irregolari è un problema complesso. Come prima cosa fondamentale, noi di Caritas stiamo chiedendo che si smetta di pensare alle migrazioni solo in termini di flussi migratori, di sicurezza dei confini. Le persone si spostano da sempre, tanto più ora che la pandemia ha tolto molto a chi aveva già poco in partenza. Bisogna garantire a tutti di potersi spostare in modo legale. Non è pensabile che una persona, una donna, un uomo, in possesso di regolare passaporto non possa salire su un aereo perché non ha i requisiti economici adeguati. Perché i migranti si mettono sui barconi e affrontano una rotta pericolosa come quella atlantica? Perché non hanno altre possibilità. In secondo luogo chiediamo al governo spagnolo di attivare un protocollo di accoglienza per poter spostare chi arriva nelle isole. Lasciandole lì si sta di fatto provocando una rivolta sociale. Si stanno creando delle isole-prigioni che fra poco esploderanno. Ma anche, non si sta permettendo a chi ne ha diritto, di presentare domanda di asilo. Non si sta permettendo alle donne che hanno subito violenze lungo il viaggio, di ricevere cure adeguate. Si stanno lasciando minori non accompagnati, abbandonati a se stessi. È inaccettabile tutto questo. Si stanno usando i migranti per far passare un messaggio di crisi, quando invece basterebbe attivarsi. L’Europa sembra molto distratta, in questo periodo, in merito al rispetto dei diritti umani fondamentali.»

Viene da chiedersi, da che parte stia guardando.

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