È notizia di oggi: il direttore del Sert di Verona, Giovanni Serpelloni, è stato condannato a 7 anni e mezzo oltre all’interdizione dai pubblici uffici per i reati di tentata e consumata concussione e turbativa d’asta nel processo per il caso “Ciditech”. Insieme a Serpelloni sono stati condannati anche i suoi più stretti collaboratori Maurizio Gomma (6 anni e mezzo) e Oliviero Bosco (4 anni e  mezzo). La sentenza è stata emessa dal collegio presieduto dal giudice Sandro Sperandio.

Avevamo intervistato il dottor Serpelloni nell’ambito dell’inchiesta condotta sugli ormai celebri “drug test”, intervista che vi riportiamo integrale qui di seguito. Per questo nel testo che leggerete non troverete notizia della condanna che è stata data appunto qualche ora fa.

Dottor Serpelloni, Lei ha proposto al Comune di Verona un protocollo sperimentale per il monitoraggio del fenomeno della droga che prevede un approccio proattivo verso gli studenti. l’utilità del drug testing è però messa in dubbio da studi autorevoli, come quello dell’Osservatorio Europeo sulle Droghe. Quali sono i fattori determinanti che Le hanno fatto decidere per un metodo di questo tipo?

«C’è un po’ di confusione: io non ho proposto alcun protocollo al Comune di Verona che ha peraltro competenze solo sulle scuole medie inferiori ed elementari. Il protocollo CIC proattivo è stato creato dopo concertazione (Scuola – ULSS) e ha validità di azione solo nelle scuole superiori che sono competenza della Provincia e chiaramente del MIUR. All’interno di questo protocollo vi sono una serie di azioni ed attività prevalentemente di tipo informativo, educativo e di supporto precoce alle persone con uso di sostanze ed alcol. Una delle azioni previste, per cui è stato necessario sviluppare anche un protocollo tecnico sanitario per spiegare le procedure e i criteri utilizzati è quelli del Drus Test. Esso presenta però caratteristiche molto peculiari rispetto a quelli tradizionalmente proposti anche a livello internazionali che spesso sono obbligatori. Il drug test proposto invece è sempre volontario, anonimo, solo con il consenso dei genitori, diretto in particolare ai minori (che possono comunque non eseguirlo) e sempre accompagnato da counseling psicologico pre e post test con supporto educativo alla famiglia. In caso di positività inoltre non si attiverà alcuna sanzione disciplinare all’interno della scuola che non verrà neppure informata del risultato. Nessuna obbligatorietà dunque. L’EMCDDA non ha messo in dubbio protocolli di questo tipo ma ha discusso sull’opportunita del “mandatary” testing su cui anche io nutro delle perplessità. È per questo che abbiamo scelto un protocollo completamente diverso.»

Sul Protocollo Drug Test 2020 e Modello Proattivo CIC 2019-20 leggiamo che il progetto mira a “creare un deterrente all’uso di droghe negli studenti”, “creare consapevolezza nei genitori”, “fornire supporti educativi alle famiglie” e “incrementare la disapprovazione sociale negli studenti verso l’uso di droghe”.  Per quanto attiene la finalità educativa, che ritroviamo anche nel Modello Proattivo, con una serie di iniziative di informazione e sostegno per ragazzi e famiglie, ci può spiegare in che modo l’analisi quantitativa del fenomeno sia necessaria o utile a tale scopo?  

«Contemporaneamente alle azione di prevenzione e all’attivazione dei CIC Proattivi è stata attivata una indagine statistico/epidemiologica sui comportamenti a rischio su circa 4000 studenti per uso di sostanze, alcol, tabacco, farmaci non prescritti e gambling. Questo ci permetterà di avere dati comportamentali e di percezione del rischio in grado farci comprendere l’evoluzione del fenomeno e l’effetto indiretto degli interventi. Chiaramente saranno necessarie anche altre indagini specifiche con cui incrociare i dati per verificare ancora meglio i diversi risultati.»

È apprezzabile che oltre alle sostanze che verranno individuate dall’esame delle urine (Thc, eroina, cocaina ma anche droghe sintetiche e benzodiazepina, tra le altre) si ponga l’attenzione sull’alcol, con un palloncino che – pur coi limiti temporali di efficacia nel rilevare l’assunzione – sarà almeno un deterrente e un campanello d’allarme per i nostri ragazzi. Per quale motivo, dalle analisi, viene esclusa invece la nicotina? Non esiste un test per rilevare questa sostanza e spesso apripista alle altre, che per i ragazzi di 15-16 anni cui vi rivolgete è pure illegale?

«Sono d’accordo che sarebbe importante dosare anche la nicotina. Il dosaggio di tale sostanza è stato temporaneamente escluso solo per questioni organizzative ed economiche, pensando di concentrare di più l’attenzione sulle sostanze più pericolose ed in grado di dare effetti acuti sulla salute più dannosi. Stiamo valutando per l’anno prossimo di inserirlo. Dati aggregati sul consumo di tabacco li possiamo comunque ricavare dalle schede dell’indagine.»

Il dettaglio su metodo, campione, strumenti e risultati statistici del suo studio verranno condivisi con la comunità scientifica? 

«Certamente. Come al solito e saremo lieti di discutere con altri ricercatori casistiche analoghe e mettere a disposizione i risultati delle organizzazioni che dovrebbero programmare interventi preventivi.»

Nei suoi progetti, una volta concluso il protocollo a Verona, ci sono iniziative per esportarlo come modello in altre città, per farne riconoscere efficacia e utilità a livello nazionale? 

«L’efficacia la dovremo valutare bene sul campione veronese e se qualche altra città vorrà utilizzare i protocolli messi in atto saranno messi a disposizione. Ci vuole tempo e pazienza. Una ricerca multicentrica nazionale era già stata fatta da noi qualche anno fa sulle tecniche di early detection con buoni risultati riuscendo a far passare il ritardo di diagnosi dal primo uso di sostanze al primo accesso ai servizi di cura da 6-8 anni a circa 12 mesi.»