Già nel 1900, pochi anni dopo la Conferenza di Berlino che portò alla distribuzione di parti dell’Africa alle potenze coloniali, furono avviati i primi trattati con norme per la regolamentazione della fauna selvatica attraverso le aree protette. Era l’alba del diritto ambientale internazionale.

Quasi un secolo dopo, l’adozione nel 1991 della Convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero (Convenzione di Espoo) segnò l’inizio di una nuova consapevolezza: la crisi ambientale è una minaccia globale che non rispetta i confini nazionali. Pertanto, i governi devono scongiurare questo pericolo informandosi e consultandosi reciprocamente sui principali progetti che potrebbero avere effetti ambientali negativi a livello internazionale.

Poiché la crisi ambientale non conosce confini, non dovrebbe conoscerne nemmeno la protezione. Per questo motivo, un approccio adeguato alla protezione dell’ambiente sembra essere quello di considerarla attraverso la lente dei diritti umani, diritti che sono per definizione universali.

Il 28 luglio 2022, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che riconosce il diritto a un “ambiente pulito, sano e sostenibile” come un diritto umano. Originariamente presentato da Costa Rica, Maldive, Marocco, Slovenia e Svizzera, il testo è stato formulato in modo da riguardare l’intero pianeta. Il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha spiegato che questo diritto sarebbe fondamentale per affrontare la cosiddetta “tripla crisi planetaria”, ovvero le tre principali minacce ambientali interconnesse che l’umanità si trova attualmente ad affrontare: il cambiamento climatico, l’inquinamento e la perdita di biodiversità. Poiché i danni ambientali hanno impatti negativi diretti e indiretti sull’effettivo godimento di tutti i diritti umani, un ambiente pulito, sano e sostenibile non è solo un diritto umano in sé, ma anche una condizione per garantire a lungo termine tutti gli altri diritti umani.

Il fallimento dello “Stato di diritto ambientale” 

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), lo Stato di diritto è “un principio di governance in cui tutte le persone, le istituzioni e le entità, pubbliche e private, […] sono tenuti a rispettare leggi che […] sono coerenti con le norme e gli standard internazionali sui diritti umani”. Lo Stato di diritto ambientale integra le esigenze ambientali con gli elementi essenziali dello Stato di diritto, e quindi sottolinea la sostenibilità ambientale collegandola ai diritti e agli obblighi fondamentali.

Tuttavia, nel Primo Rapporto Globale sullo Stato di diritto ambientale pubblicato dall’UNEP nel 2019, questo principio sembra avere una scarsa applicazione, nonostante la grande crescita delle leggi a tutela dell’ambiente.

Inoltre, come affermato dall’Interpol e dall’UNEP, l’abuso dell’ambiente è la quarta attività criminale al mondo, il che rende il crimine ambientale una preoccupazione crescente.

Infine, la categoria di difensori dei diritti umani più a rischio è quella dei difensori dell’ambiente. Secondo l’ultimo rapporto sul numero di uccisioni di difensori dell’ambiente pubblicato da Global Witness, nel 2021 sono stati uccisi 200 difensori della terra e dell’ambiente, quasi quattro persone a settimana.

Quindi, gli strumenti del diritto internazionale non sembrano sufficienti a garantire la protezione dell’ambiente. Ci si può chiedere se non sia necessario conferire uno status giuridico non solo agli esseri umani, come avviene nella prospettiva dei diritti umani, ma anche alla natura.

Il movimento per i diritti della natura: quando gli ecosistemi hanno una posizione giuridica

Il movimento per i diritti della natura si propone di uscire dalle limitazioni umane degli attuali sistemi giuridici, creando un sistema di giurisprudenza che tratti la natura non come una semplice proprietà da sfruttare, ma come un’entità portatrice di diritti.

Ad esempio, il fiume Magpie, precedentemente minacciato dallo sviluppo di dighe idroelettriche, è il primo fiume in Canada a cui è stata riconosciuta la personalità giuridica. Tra i suoi nove diritti, il fiume Magpie ha ora il diritto di scorrere, di mantenere la biodiversità, di essere libero dall’inquinamento e persino di fare causa.

In conclusione, sembra essenziale adottare un approccio universale alla protezione dell’ambiente. Tuttavia, i diritti umani si stanno rivelando troppo incentrati sull’uomo per essere veramente efficaci, il che ha aperto la strada alla riflessione sui diritti della natura.

Fonti / Sources

Articolo uscito a firma di Oriel Wagner sulla testata Vez.news, partner di Heraldo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA