“Apocalypse Wine. Discorso civile sul ‘paesaggio incongruo'” è un cortometraggio creato a inizio di quest’anno dalla classe IV (oggi V) dell’istituto Dal Cero di San Bonifacio per partecipare ad un concorso indetto dalla Regione Veneto per parlare di paesaggio. I ragazzi dell’istituto hanno girato il video nelle colline tra Montecchia, San Bonifacio, Monteforte d’Alpone in provincia di Verona, concentrandosi sugli impianti artificiali della viticoltura ormai sempre più presenti.

Il filmato ha scatenato fin da subito molte polemiche arrivando ad essere anche tolto da Youtube. Successivamente riapparso, non ha smesso di subire attacchi da allora ad oggi. Ma la censura, si sa, crea più attenzione di quella che si voleva evitare e così è stato.

Il video è stato visto da molte testate nazionali e i ragazzi, insieme a Simone Gianesini, docente di letteratura e storia all’Isiss Dal Cero, sono stati invitati a parlarne presso Infospazio 161 a Veronetta (nato per mantenere la memoria di Giorgio Bertani, editore indipendente che aveva a cuore molti temi, in particolare quello ambientale) in una serata, che si è tenuta lo scorso 9 novembre., dal titolo “Apocalypse Wine: il paesaggio incongruo e la biodiversità secondo la Costituzione Italiana”.

Il cortometraggio Apocalypse wine, realizzato dagli studenti dell’Isiss Dal Cero di San Bonifacio

Via i boschi, avanza la monocoltura

Il video inizia con una parola: “scrimolo”, ovvero il sentiero sulla cresta della collina che divide le due valli. Da sempre in mezzo al bosco, usato dagli abitanti e dalla fauna da secoli, ormai non esiste quasi più. Il bosco è stato distrutto per lasciare spazio agli impianti industriali di vigne e la devastazione negli ultimi dieci anni è evidente.

I giovani si chiedono: “Cosa ci ha guadagnato il territorio?” Il territorio è una parola che racchiude in sé l’economia e la società che abita un luogo. Un luogo che è stato vandalizzato, non solo eliminando il bosco con la sua biodiversità, ma impiantando una monocoltura che non è esente dal danneggiare il territorio in molti altri sensi. Vediamo quali.

Vigneti sempre più a quote alte

Attualmente stiamo assistendo a un innalzamento dell’altitudine per gli impianti vitivinicoli. Se fino a qualche anno fa oltre i 400 metri non si poteva fare vino, ora la zona soprastante è molto battuta. L’economia del territorio dà grande risalto a questa attività d’impresa chiamandola “viticoltura di montagna”, “viticoltura estrema” e addirittura “viticoltura eroica”. La beffa è proprio questa, un bene comune spacciato per salvaguardia della biodiversità.

Ma la monocoltura sarà sempre in antitesi con la biodiversità, anche se scrivono il contrario. Nel caso della vigna l’intero paesaggio è sempre più in mano a pochi proprietari che trasformano il paesaggio in un “luogo a-culturale, antiestetico, immorale a danno di tutti”. Queste le parole del video che hanno allarmato imprenditori del vino e amministratori locali.

Non c’è biodiversità senza rispetto dell’habitat

Alla serata è intervenuta anche Claudia Marcolungo, docente di Diritto ambientale all’Università di Padova. Lo spunto iniziale è il recente inserimento della parola “biodiversità” nella Costituzione, un passaggio che ha alimentato la speranza di un possibile cambiamento di rotta nelle politiche di gestione del territorio. «Esiste già una direttiva europea denominata “Habitat” che ci obbliga a fare piani di salvaguardia e valutazioni preventive, ma l’Italia non la applica, venendo di fatto sanzionata.»

La viticoltura raddoppia l’erosione velocizzando il processo di desertificazione che in breve porta all’invivibilità del territorio, un dato evidente con le alluvioni. Il bosco trattiene fino a dieci volte di più l’acqua. Questo significa che la bomba d’acqua che si abbatte su una collina, ci metterà cinque ore a scendere se c’è bosco e solo mezzora in caso di presenza di vigneto. Tutto questo senza contare l’impatto di una media di 25 trattamenti annuali con fitofarmaci e fertilizzanti che impattano non solo sul terreno, ma in particolar modo sull’acqua, altro bene comune e non di secondaria importanza.

Marcolungo ha inoltre ricordato anche che «la Convenzione sulla biodiversità del 1992, adottata a Rio de Janeiro al Vertice sulla Terra, al suo interno riprende il tema della tutela del paesaggio, che coinvolge anche la comunità rurale. Distruggere la conoscenza della terra porta infatti al suo abbandono e a una conseguente, maggiore urbanizzazione.»

Dal vino le domande aperte sull’ambiente

Ha poi preso la parola il docente Simone Gianesini, che ha guidato i ragazzi dell’Istituto su questo difficile percorso: «Il video voleva essere ironico e provocatorio, ma gli autori sono stati accusati di fare un uso improprio delle parole. Andare a fondo del significato di termini come territorio, paesaggio, biodiversità si antepone alla banalizzazione odierna. I concetti di verde e di sostenibilità vengono sempre più utilizzati per racchiudere tutto, sottraendo alle parole il loro vero significato.»

I ragazzi dell’Istituto Dal Cero

Gianesini ha poi ricordato anche come la visione globale che i ragazzi dell’Isiss Dal Cero hanno dato del territorio sia stata ridotta a una visione settoriale nel dibattito. «Dall’altra parte il viticoltore, l’agronomo, il consorzio agrario danno una visione tecnica che non può per logica contenere gli interessi di tutti.»

Per concludere alcuni dati sull’evoluzione nel tempo degli ettari destinati a viticoltura in Veneto: 63mila gli ettari di vigneto, un dato pressoché stabile dal 1964 al 2010, ma già nel 2018 la cifra sale fino a 93mila ettari. Nel 2020 si è giunti a 100mila ettari. La previsione per il 2021 è di 150.000 ettari. Ma in caso di emergenza, sanitaria, idrica o altro cosa faremo nei nostri territori? Berremo il vino? Qui il video integrale della serata.

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