Il mare, se non lo conosci, atterrisce. Siamo stati un popolo di navigatori, ma ora lo sguardo è cambiato. Abbiamo messo radici e anche solo pensarci lì, in mezzo a tutta quell’acqua, fa spavento. Lo diceva anche Paolo Conte, uomo di terra e collina, che paura che ci fa quel mare scuro che si muove anche di notte e non sta fermo mai. Figuriamoci se non ha avuto paura a trovarselo davanti, il mare, il ventunenne Luigi Riva, detto Gigi.

Una storia italiana, di quelle che una volta trovavi in ogni famiglia e, oggi, si ricominciano a scrivere. Storie di chi parte, per fame o per inseguire un sogno. Gigi Riva un po’ tutte e due le cose. Il padre morto per un incidente sul lavoro, il collegio e la madre che, invece, se ne va per un tumore. In mezzo ci sta tanto pallone, e pure le prime reti in Serie C. Ed è lì che arriva la chiamata del Cagliari. Un altro mondo. Oltre il mare.

Leggiuno, dove cresce, sta lassù in alto, sulle rive del lago Maggiore. Sempre tanta acqua, certo, ma con l’abbraccio sicuro delle cime innevate delle alpi a incorniciare l’orizzonte. Oltre Calamosca, invece, ci sono solo mare e cielo, anche nelle giornate più limpide. Il vento porta con sé profumi di secoli andati ed è lì che Gigi Riva, arrivato per partire, mette le sue radici. Scrive la sua storia.

Emigrante in cerca di un finale diverso. Italiano nell’essenza. Di quella generazione chiamata a ricostruire un paese dalle sue macerie. La fatica, i muscoli tirati al limite, il lavoro duro prima della soddisfazione. Un bicchiere di rosso la sera all’osteria, magari leggendo di quel Gigi Riva che continua a segnare. Uno che sta zitto e produce. Bada al sodo, e in fondo ci sta molto più simpatico di quei Rivera, o Suarez, in grado di dipingere paesaggi incantanti, ma pur sempre aristocrazia del pallone.

Era il tempo in cui sugli eroi ancora ci potevi scrivere canzoni. Prima Re Brenno, poi il più duraturo, e western, Rombo di Tuono. Escono dalla penna più ispirata, quella di Gianni Brera. Pure lui uomo di terra, nebbie e Barbera. E quel sinistro, in fondo, fila proprio come un proiettile d’argento. Per sconfiggere i cattivi in duello, per regalare uno scudetto. Vinto in faccia a quelli con i miliardi, anche per lui, rifiutati, perché l’isola ormai la sente dentro, Gigirriva, tutto attaccato. Che il mare adesso non gli fa più paura.

Il murale dedicato a Gigi Riva all’Amsicora – Cagliari

Eroe del nostro tempo, sempre secondo Giuanin da San Zenone al Po, drappato d’azzurro. A stare sul pallone, l’Atlante a cui aggrapparsi per rinverdire i fasti dei Meazza e dei Piola. A ricordarci cosa poteva essere, e non è stato, in maglia azzurra, Mazzola Valentino. Niente palloni d’oro e copertine in giro per il mondo. Malgrado un Europeo, quella rasoiata all’angolino contro la Germania all’Azteca e il record di reti azzurre ancora imbattuto. Meglio così, un eroe soltanto nostro, di quelli in grado di unire un popolo intero. Come Bartali, come Mennea. Gente così, da amare per il sudore speso e poi per la gloria.

Si rompe, ritorna, poi smette col pallone sul serio, non ci giocherà più. Nemmeno in quelle esibizioni con le vecchie glorie. Roba da “continentali”. Gente che crede di saperne sempre una in più, ma non ha mai imparato ad ascoltarlo, il mare. Rimane per sempre nella sua isola, Gigi Riva, tra la sua gente. Vince un mondiale come capo delegazione, ma lo sente che quel pallone non è più il suo, ed è sempre più sgonfio.

Non urla Gigi Riva. Osserva il calcio italiano che perde sé stesso e se ne tiene distante, andandosene pochi minuti prima di un’insulsa finale in terra d’Arabia. Fischiano il suo minuto di silenzio, ma probabilmente non avrebbe abbozzato nemmeno su questo. Come fai ad incazzarti con chi non sa, o non ha gli strumenti per comprendere.

Ha guardato i riflessi sull’orizzonte fino all’ultimo Gigi Riva. Ha visto compagni e avversari lasciare le sponde. Ormai sa leggere tra le increspature della superficie. E forse lo sapeva prima di tutti che, certe volte, puoi solamente partire. Per un capitolo nuovo, da scrivere quando ogni porto è alle spalle. I ricordi nel cuore. Gli occhi sul mare.

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