La guerra non si combatte solo sul fronte con le armi in mano e i proiettili in tasca, ma anche online, in un mondo virtuale, in cui le informazioni vengono usate come armi e le notizie come missili da lanciare addosso alla gente. Quotidianamente, infatti, siamo tutti esposti a crude informazioni, immagini e video di violenza, morte e disumanità che narrano i risvolti della guerra tra Russia e Ucraina: siamo talmente “bombardati” di scenari bellici che sembra di sentire la guerra alle porte di casa.  Qualunque dettaglio, fotogramma e aspra denuncia attraversa e trafigge il mondo del web e dei media, lasciando inermi, confusi e spaventati tutti quanti, soprattutto i più piccoli e gli adolescenti, i cui occhi non riescono a metabolizzare completamente cosa sta succedendo nel nostro mondo.

In questa sanguinosa battaglia i social costituiscono un’arma e una potente risorsa per sfuggire alla censura e portare la propria testimonianza. Tuttavia, come abbiamo più volte assistito, le notizie arrivano nel mondo occidentale in maniera convulsa e repentina, priva di filtro, di dati certi e concreti, e diventa così difficile distinguere la realtà dalla finzione, o meglio, la realtà da ciò che si vuole far credere, per convincere e giustificare azioni militari e belliche, il cui unico risultato rimane la morte di numerosi civili e soldati.

La crudeltà della guerra si scaglia con violenza dinanzi agli occhi di bambini e bambine che non sono psicologicamente pronti ad accettare e ad elaborare un tale orrore. Vediamo ai notiziari nazionali corpi sdraiati a terra, missili che vengono lanciati in aria, proiettili che volano in fasce orarie in cui i più piccoli sono svegli, cenano in famiglia, giocano sul tappeto davanti al divano. Tutto questo ha un impatto considerevolmente negativo sui bambini e sui ragazzi, eppure non vi è alcun tipo di censura o filtro, anzi. Dopo più di cento giorni di conflitto la cronaca bellica è sempre più amplificata. Addirittura, i personaggi politici, oggetto di meme e vignette ironiche, assumono un’immagine grottesca e irreale. Sembra la propaganda ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, dove venivano distribuiti i volantini satirici che facevano apparire il nemico in modo distorto e surreale.

Per giovani e giovanissimi diventa quasi impossibile comprendere lo scenario attuale in mancanza di un bagaglio culturale adeguato. La storia e gli equilibri geopolitici internazionali sono fondamentali per avere uno sguardo critico su ciò che sta accadendo al mondo, per poter filtrare e valutare con attenzione le informazioni che entrano nelle nostre case. Al tempo stesso, i giovani sono sprovvisti delle strategie di coping necessarie per elaborare, interpretare e gestire l’ansia e la paura che derivano dalla fruizione di questi contenuti macabri e pericolosi.

Il rischio è anche quello di “normalizzare” le immagini della guerra, che si susseguono indifferentemente a video di gattini o influencer sullo smartphone. Un alternarsi costante di stimoli visivi che conduce i ragazzi ad un’alternanza delle emozioni più disparate e difficili da gestire: rabbia, angoscia, paura.

In questo caso l’educazione nozionistica deve andare di pari passo con quella emozionale. Ai nostri giovani occorre spiegare ciò che accade da un punto di vista storico e di cronaca, ma non solo. É importante che gli vengano trasmesse le capacità e le risorse emotive necessarie per far fronte ad un momento così delicato. Andrebbe certamente regolarizzato e regolamentato il flusso mediatico a cui siamo esposti e si dovrebbe limitare l’afflusso di immagini e video bellici, ma, in assenza di queste disposizioni le famiglie hanno il dovere di proteggere i propri figli da questi pericolosi scenari guerreschi e barbarici e monitorare i loro comportamenti, al fine di intervenire con adeguati percorsi terapeutici se dovessero insorgere comportamenti patologici, come: elevata irritabilità, calo dell’attenzione, fatica a dormire, solitudine, tristezza e difficoltà nelle relazioni con familiari e amici.

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