Nei nostri articoli dedicati al mondo animale, ci siamo sempre soffermati con maggior attenzione alle bestiole con cui condividiamo la vita in casa. Oggi vogliamo portare i lettori a conoscere una classe particolare e spesso maltrattata dai preconcetti dell’opinione pubblica. Parleremo di anfibi e, in particolare del rospo comune (Bufo bufo), una specie molto diffusa, estremamente adattabile, che possiamo trovare dal Maghreb alla Scandinavia e fino a 2000 metri di altitudine anche sulle nostre Alpi.

Gli anfibi sono animali che vivono una “doppia vita”, una in acqua, dove avviene la riproduzione, e l’altra sulla terra, preferibilmente nei boschi. Qui infatti trovano gli insetti e gli altri invertebrati di cui si nutrono e trascorrono il letargo invernale. Ci racconta molte curiosità su di loro Bruno Golfieri, il referente di SOS Anfibi Verona, un gruppo di volontari che si attiva per prevenire lo schiacciamento dei rospi nel periodo della migrazione nelle zone attraversate dal traffico.

Golfieri, ci racconti come è nato il vostro gruppo. Avete preso ispirazione da associazioni simili? Avete tutti un background naturalistico?

Bruno Golfieri

«Siamo un gruppo informale di volontari nato nel 2021 e io sono soltanto uno tra coloro che si occupano di organizzare le attività in un lavoro di squadra. Per quanto mi riguarda, ho una base accademica nelle scienze naturali, con una tesi specialistica proprio sugli anfibi, e dopo la laurea, ho seguito le attività di salvataggio nel vicentino.

Quando un conoscente mi ha raccontato gli schiacciamenti nel sito di Pigozzo, è scaturita l’occasione di dar vita a un gruppo nel veronese e abbiamo chiesto aiuto agli altri gruppi di SOS Anfibi del Veneto. La nostra regione è una realtà unica in Italia per la rete che si è creata tra i vari gruppi di salvataggio delle diverse province

Finito il letargo, i rospi si attivano subito per la riproduzione e si spostano verso stagni e corsi d’acqua, dove nasceranno i girini. Nel veronese sono stati individuate molte località critiche, in cui ci siano strade da attraversare e serva quindi la vostra attività?

«I rospi sono abitudinari, tornano quasi sempre nello stesso luogo per riprodursi e lo fanno incuranti di attraversare un prato oppure una strada trafficata. Il rospo comune ha una migrazione di massa, nel tardo inverno-inizio primavera, si muovono centinaia di esemplari ogni sera. Mappando il territorio, ci siamo resi conto che il problema per il veronese è però circoscritto.

In Lessinia gli anfibi usano pozze e stagni, con presenze molto diffuse e strade con pericolo ridotto, spesso sterrate e poco trafficate. Nella Bassa invece il rospo comune è praticamente scomparso ma sono presenti altre specie di rane, anfibi più rapidi e quindi meno esposti al pericolo. I due siti di salvataggio attivi nel veronese si trovano quindi nella Val Squaranto, sopra Pigozzo, che seguiamo noi, e a Costermano del Garda, dove i rospi sfruttano i laghetti del golf club ed è sorto un gruppo “gemello”, coordinato dalla passione di Silvia Morati.»

La vostra attività è cresciuta negli anni anche grazie al sostegno di associazioni amiche ed è stata riconosciuta nella sua importanza con un patto di sussidiarietà con il Comune di Verona. Come si svolgono nella pratica le vostre uscite di salvataggio?

«Abbiamo lavorato molto con i gruppi di SOS Anfibi delle altre province venete, con il Museo di Storia Naturale e varie associazioni nazionali, come il Wwf, e locali.

Tra queste Montorioveronese.it che ha ospitato un incontro divulgativo, alla presenza delle istituzioni, e il Comitato Fossi di Montorio, il cui contributo ci ha permesso di stampare il nostro logo sui giubbini catarifrangenti.

Le uscite in realtà si svolgono con attrezzature a costo limitato: secchio, guanti, giubbetto e torcia frontale, visto che i rospi si muovono di notte. Siamo un gruppo eterogeneo, per età e formazione, e ci organizziamo su un gruppo social. Le uscite dipendono dalle condizioni meteorologiche: al termine dell’inverno i rospi prediligono serate fresche e umide, sentono il cambiamento di un paio di gradi e iniziano a svegliarsi, basta una debole pioggia e inizia un movimento rapido in massa e sincrono. Nel giro di un paio di settimane tutti gli esemplari sono allo stagno di riproduzione.

Si muovono di solito prima i maschi per prendere posto, poi arrivano le femmine, visibilmente più grandi. In acqua avvengono l’accoppiamento e la deposizione e schiusa delle uova. Successivamente gli adulti rientrano, in modo più scaglionato, nel loro habitat e noi gruppi di salvataggio cerchiamo di coprire anche il flusso di ritorno, aiutando anche le femmine smunte e dimagrite per lo sforzo, in pratica fino a inizio maggio. Ci sono sere in cui trasportiamo un centinaio di rospi, altre meno utili con pochi esemplari. Va un po’ a fortuna e pazienza.»

A prima vista, il rospo non sembra molto attrezzato per la sopravvivenza. Nuota male, cammina più lentamente delle salamandre e non è in grado di fare quei balzi che spesso salvano le rane. Eppure è diffuso a tutte le latitudini, è un furbetto dell’evoluzione. Quali sono i suoi nemici?

«Si adatta davvero bene, ha poche necessità. Pochi anche i nemici in natura, visto che la specie ha ghiandole tossiche per gli altri animali.

Altri anfibi come le rane sono invece commestibili e corrono rischi maggiori di essere predati. Il pericolo vero viene però dall’uomo, dalla continua sistemazione dei fondi agricoli, la bonifica di pozze e stagni a causa delle colture, spesso mono-colture, intensive. L’antropizzazione provoca un calo dello spazio di habitat naturale per gli anfibi ed è purtroppo riscontrabile nel calo delle popolazioni, con qualche caso – come l’ululone dal ventre giallo – di forte rarefazione nelle nostre aree collinari.

Inserire nei piani di sistemazione dei fondi un vincolo di mantenimento di aree umide potrebbe essere importante per favorire la biodiversità e l’equilibrio di un ecosistema, a tutto vantaggio delle stesse coltivazioni.

Gli anfibi sono utili nel controllare la sovrappopolazione di alcuni insetti dannosi all’agricoltura e si nutrono di zanzare e molti insetti terrestri. Se l’ambiente mantiene le sue caratteristiche naturali, tutti gli organismi sono utili e necessari e si tende spontaneamente all’equilibrio. I rospi e le altre specie di anfibi sono preziosi bioindicatori di un ambiente sano e diversificato.»

Prima di tutto il lavoro dei volontari, poi l’educazione e informazione agli automobilisti e infine una maggior attenzione di agricoltori e istituzioni verso la biodiversità e gli spazi umidi. Esistono altri modi per preservare gli anfibi?

«In Europa ci sono esperienze positive con diversi tipi di intervento, più strutturale. Ad esempio in alcuni siti sono molto utili le reti a bordo strada, soprattutto in zone a traffico intenso. La mortalità diminuisce molto ma serve una presenza costante di volontari per traslare gli animali.

Ancora più utili ma economicamente impegnativi sono i passaggi in sicurezza: in pratica si creano dei tunnel sotto il manto stradale, larghi intorno al metro, con collettori e barriere che facciano convergere verso il passaggio, i cosiddetti rospodotti. Vanno valutati costi e benefici di interventi simili, oltre alla loro efficacia nel sito specifico.»

Il consigliere comunale Giuseppe Rea, con delega ad Ambiente e Tutela animali, ci ha raccontato di aver partecipato a un vostro incontro e di aver molto apprezzato l’attività di SOS Anfibi Verona. È convinto che il Comune possa anche intervenire per facilitare il vostro lavoro. Le viene in mente qualche iniziativa da sottoporre?

«Il tema in cui potrebbe intervenire il Comune è la messa in sicurezza del sito, che si trova su una strada stretta, poco illuminata e percorsa soprattutto dai clienti di attività di ristorazione. Sarebbero utili ad esempio dei segnali stradali fissi, che allertino gli automobilisti alla massima cautela nei confronti degli animali che vivono nel vajo, anche per la loro stessa incolumità.

Durante i mesi della nostra attività si potrebbe pensare anche a una segnaletica mobile, magari illuminata, per avvertire della presenza dei volontari sul ciglio stradale.

A Pigozzo, così come a Mizzole, potrebbero trovare posto cartelloni che illustrino la fauna del territorio e sensibilizzino sulla sua conservazione. Ci sono molte possibilità per fare cultura, nelle scuole o nelle circoscrizioni. Spero davvero che faremo molte cose insieme.»

Abbiamo accennato ai pregiudizi verso gli anfibi. Sono considerati pericolosi per l’uomo, con morsi o secrezioni velenosi. E poi diciamo la verità: sono davvero rarissimi quelli che diventano principi. La maggioranza resta bruttina e questo non aiuta…

«Eh no, con gli occhi giusti sono animali bellissimi. Hanno caratteristiche che li rendono unici. Sono animali selvatici e vanno usate con loro le cautele tipiche della fauna selvatica: un minimo di igiene se si viene a contatto con loro maneggiandoli, un lavaggio con semplice disinfettante, niente di più. Le ghiandole dei rospi per l’uomo hanno una tossicità minima. La salamandra ha la pelle umida e potrebbe essere un po’ più irritante se poi ci si tocca le mucose.

Basta un minimo di attenzione e di buon senso. E se possibile usare i guanti. Non tanto per noi, ma per il benessere degli animali, a cui potremmo passare funghi o batteri della pelle. Occhio però che i rospi, se spaventati da un bestione grande 80 volte loro e terribilmente caldo rispetto al loro sangue freddo, possono… fare pipì! Innocua, basta una sciacquata alle mani.»

Premesso che sono animali innocui, se ne vediamo uno cosa possiamo fare? Se magari sembra ferito, esiste un modo per curarlo? Qualcuno a cui rivolgerci per aiuto?

«Se è lungo una strada, si può spostarlo. Nelle altre situazioni, vi invito a osservarlo, si può anche prendere in mano, per poco tempo. Suggerisco, se possibile, l’uso di guanti perché respirano anche attraverso la pelle, un tessuto delicato e molto sensibile. Quando un rospo comune prova fastidio lo capirete facilmente, perché emettono una sorta di suono, un piccolissimo sgrunt.

Gli anfibi feriti sono molto difficili da curare. Non è facile trovare un veterinario specializzato nella cura della fauna selvatica, tanto più rispetto agli anfibi e ai rettili. Se è un danno minimo, lo superano da soli, durante i salvataggi si possono osservare esemplari con cicatrici. Ma di fronte ad un anfibio ferito dobbiamo lasciar fare alla natura.

Un altro modo per aiutare gli anfibi è quello di impegnarci a non diventare il loro nemico. Si può lavorare sulla divulgazione, ma sarebbero importanti protocolli a tutela delle piccole zone umide.

La grande diffusione dell’agricoltura biologica ha portato alla riduzione dell’utilizzo dei pesticidi ma ancora non si pensa abbastanza alla biodiversità. Si sistemano fondi prosciugando stagni o cementificando le canalette di irrigazione, quando basterebbe lasciare una pozza, una siepe per offrire un habitat favorevole a diverse specie animali e vegetali.»

I due gruppi di SOS Anfibi Verona (Pigozzo e Costermano del Garda) hanno cumulato nel 2023 un centinaio di uscite nei tre mesi di migrazione, coinvolgendo oltre 50 volontari di tutte le età. Sono stati movimentati quasi 2000 rospi comuni, con un tasso di mortalità del 13% che ben si confronta con il 30% registrato a inizio attività. Qui le informazioni utili a chi volesse partecipare alle serate di salvataggio.

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