Il World Press Freedom Day, la Giornata mondiale della libertà di stampa, che si tiene ogni anno il 3 maggio da quando l’UNESCO la istituì nel 1993, offre l’opportunità di riflettere sull’importante ruolo svolto dai media nella difesa e nel progresso della libertà di parola in tutto il mondo, oltre ad essere una giornata commemorativa, per ricordare i giornalisti che hanno perso la vita svolgendo il proprio mestiere.

La libertà di stampa è strettamente collegata a uno dei diritti più importanti e sacri dell’uomo, ovvero la libertà di espressione e informazione sancita dall’Articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata nel 1948. Una libertà di fondamentale importanza allora come lo è oggi.

Il tema scelto quest’anno dall’UNESCO “Giornalismo senza paura o preferenze”, sottolinea la centralità di un sistema mediatico che sia libero e indipendente, in modo che tutti abbiano modo di esprimere le proprie opinioni e informarsi senza limiti o vincoli, soprattutto in una situazione di emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo.

Le tecnologie digitali hanno apportato cambiamenti significativi al modo in cui comunichiamo. L’uso diffuso dei social media ha portato a un’esplosione di notizie false, impedendo alla maggior parte delle persone di accedere alla verità.
Ciò rende più difficile per i lettori decifrare quali storie siano vere e quali invece siano vagamente basate sulla realtà. Nel tempo, la delegittimazione delle fonti mediatiche tradizionali avrà un effetto corrosivo sulla nostra società poiché i cittadini non saranno più d’accordo su una serie comune di fatti.

Ma la stampa svolge un ruolo essenziale nella difesa e nella promozione della verità. I giornalisti devono essere autorizzati a denunciare i fatti liberamente e indipendentemente, e hanno la responsabilità di farlo.

L’UNESCO ha deciso di celebrare questa giornata invitando i fumettisti e disegnatori di tutto il mondo ad interpretare il tema della libertà di stampa nell’era del Covid-19, un periodo in cui i giornalisti – riporta – fanno fatica a prendere decisioni editoriali indipendenti nell’interesse pubblico ed a fare informazione senza provare paura.

Una delle vignette della campagna UNESCO, disegnata da Al Saadi

Non lasciate che insabbino la verità” è il messaggio principale della campagna che sottolinea come “quando la libertà di stampa è messa a tacere, tutte le altre nostre libertà e diritti, anche quello alla salute, sono a rischio”.

La campagna ci ricorda come i media stanno affrontando una vera e propria crisi su più fronti, esacerbata dalla pandemia. Pubblicando il World Press Freedom Index del 2020 il 21 aprile, Reporter senza frontiere (RSF) l’associazione che opera in difesa della libertà di stampa, ha denunciato che il Coronavirus viene utilizzato dai governi autoritari per attuare misure di “shock dottrinale” che sarebbero impossibili in tempi normali.

L’indice, afferma RSF, mostra una “chiara correlazione tra la soppressione della libertà dei media in risposta alla pandemia di Coronavirus e la classifica del paese nell’indice”. Pubblicato ogni anno da RSF dal 2002, il World Press Freedom Index misura il livello di libertà dei media in 180 paesi e territori a livello globale. Valuta il livello di pluralismo, l’indipendenza dei media, l’ambiente per i media e l’autocensura, il quadro giuridico, la trasparenza e la qualità delle infrastrutture che supportano la produzione di notizie e informazioni.

La Cina (al 177° posto) e l’Iran (al 173°), scrive l’RSF, hanno ampiamente censurato le notizie sui loro focolai di Coronavirus. L’Iraq (al 162° posto) ha punito l’agenzia internazionale Reuters con una sospensione della licenza per 3 mesi in seguito ad un articolo che metteva in discussione le cifre ufficiali del Covid-19 mentre l’Ungheria (all’ 89°), dove il Primo Ministro Viktor Orbán ha assunto i pieni poteri a tempo indeterminato, ha approvato una legge coercitiva che potrebbe portare molti giornalisti in prigione. Chiunque sia condannato per aver pubblicato notizie false sconterà infatti una pena detentiva fino a cinque anni. I giornalisti di 444.hu hanno subito un’impennata delle persecuzioni verbali, da insulti a minacce di morte, da quando la legge è stata approvata.

La FNSI ha lanciato una maratona social, pubblicata sul sito Articolo 21, in difesa della libertà di stampa che culminerà domenica 3 maggio con un tweet storm, dalle 11 alle 12, per ribadire #NoBavaglioUngherese.

Per chi non lo avesse notato i giornalisti devono quasi sempre essere visibili online proprio per poter svolgere il loro lavoro. Questa visibilità, tuttavia, comporta rischi personali e istituzionali dall’hacking alle molestie.

Minacce online e sorveglianza minano il lavoro dei giornalisti anche nei paesi in cui la libertà di stampa viene tenuta in grande considerazione. Le molestie online stanno crescendo in Norvegia (al 1°posto dell’indice), così come Finlandia (2°) ed Estonia (al 14°) denuncia RSF.

L’immagine scelta dall’UNESCO per il World Press Freedom Day 2020

Il rapporto 2020 ha denunciato come gli attacchi alla libertà di stampa e la libertà di espressione in Europa rischino di diventare la normalità. La piattaforma del Consiglio d’Europa per promuovere la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti ha registrato dal 2019 ben 142 minacce alla libertà dei media, tra cui 33 attacchi fisici contro giornalisti, 17 nuovi casi di detenzione e prigionia, 43 casi di molestie e intimidazione e due nuovi casi di impunità per omicidio.

La sfida alla riservatezza delle fonti è un’altra minaccia per il giornalismo in Europa. In Germania (all’11° posto), il governo ha proposto misure volte a criminalizzare il trattamento di dati trapelati senza consenso, nonché un progetto di legge che consente ai servizi di intelligence di hackerare computer e smartphone e di intercettare comunicazioni crittografate senza controllo giudiziario.

Nel loro insieme, questi attacchi svelano un crescente modello di intimidazione per mettere a tacere i giornalisti, che spesso ci rimettono in prima persona. Nel corso del 2019 in Europa hanno perso la vita due giornalisti: Lyra McKee è stata uccisa mentre seguiva una manifestazione a Derry nell’Irlanda del Nord (Regno Unito) e Vadym Komarov è morto per le gravi ferite riportate a seguito di un attacco in Ucraina. Non dimentichiamo Antonio Megalizzi e Barto Pedro Orent-Niedzielski, i due giovani giornalisti che furono uccisi l’11 dicembre 2018 a Strasburgo, dove si trovavano per raccontare l’Europa attraverso il progetto Europhonica, un network di radio universitarie. Ad oggi i responsabili degli omicidi di Daphne Caruana Galizia a Malta nel 2017 e di Ján Kuciak e della sua fidanzata Martina Kušnírová in Slovacchia nel 2018 non sono ancora stati consegnati alla giustizia.

Alla fine del 2019, almeno 105 giornalisti erano dietro le sbarre in Turchia, Azerbaigian, Federazione Russa e territorio ucraino controllato dalla Russia in Crimea. L’Arabia Saudita e l’Egitto vengono definite come le più grandi prigioni per i giornalisti. In Egitto, la diffusione di «notizie false» giustifica il blocco dei siti on line e il ritiro dell’accreditamento.

In Italia (al 41° posto dell’indice) la libertà di espressione viene considerata come un diritto umano fondamentale. Ma è nostro dovere in primis come persone rispettare e difendere il diritto alla libertà di espressione sancito dall’articolo 21 della Costituzione italiana.

Sfortunatamente, anche nel nostro paese, continuano a verificarsi abusi del diritto alla libertà di opinione e di espressione online e offline, inclusi attacchi, querele o intimidazioni ai giornalisti. Tra fine marzo e inizio aprile Sabrina Giannini e Mario Tozzi, giornalisti di RaiTre, sono stati duramente attaccati dall’industria della carne e della zootecnia per aver pubblicato un’inchiesta su salute, ambiente e allevamenti intensivi basata su dati ufficiali e interviste a esperti e professionisti. È del 2 maggio invece la notizia dell’attacco di body shaming (la derisione per come si appare, per come è il proprio corpo) rivolto a Giovanna Botteri, la corrispondente Rai da Pechino, vittima di attacchi volgari e insulti via social network.

Come sottolinea l’Organizzazione non governativa, sono 20 i giornalisti italiani sotto scorta 24 ore su 24, sottoposti a gravi minacce o tentativi di omicidio da parte di organizzazioni criminali.

Il 25 aprile, il giorno prima di morire, il giornalista Giulietto Chiesa ha criticato la scelta del Governo di istituire una task force contro le fake news, definendola “censura di stato”. «Saremo imbavagliati, costretti a difenderci, oscurati, minacciati, impossibilitati ad avere notizie affidabili per capire cosa succede a casa nostra e nel mondo intero. E questo non è il futuro – per quanto fin troppo prevedibile – è il presente, è quello che sta succedendo adesso».

Non si tratta di un problema di un solo paese. La promozione di rapporti trasparenti in un mondo interconnesso è una necessità globale. Il World Press Freedom Index illustra l’oppressione dei giornalisti nel mondo in quella che appare come una pandemia a sé stante, indipendentemente dalle cause e dal sistema politico. Perfino il presidente della democrazia più potente del mondo, Donald Trump, ha definito la stampa come “il nemico del popolo americano”. Indeboliti da questa crisi di fiducia, i giornalisti sono spesso presi di mira dai cittadini durante le manifestazioni. “In Francia, sono vittime della violenza della polizia”, aggiunge il rapporto annuale RSF.

Mentre i governi impongono una serie di restrizioni alla diffusione delle notizie ritenute false nel tentativo di frenare la pandemia, i giornalisti informano e forniscono analisi, impegnandosi in un dibattito sulle azioni del governo e creando uno spazio di dialogo sul futuro che tutti speriamo di vedere.

«L’informazione di qualità può salvare la vita» hanno dichiarato le Federazioni europea e internazionale della stampa, che, di fronte alla pandemia globale, hanno ribadito «l’importanza vitale di fornire ai cittadini informazioni veritiere, verificate, imparziali».

La Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) il 30 aprile 2020 ha lanciato una piattaforma globale per il giornalismo di qualità invitando «tutti i governi nazionali a impegnarsi per sostenere il giornalismo di qualità attraverso forti misure politiche ed economiche che possano garantire la sopravvivenza dei media di qualità e del giornalismo professionisti».

L’RSF suggerisce che i prossimi dieci anni saranno fondamentali per la libertà di stampa a causa delle crisi convergenti che incidono sul futuro del giornalismo, a partire da quella geopolitica, con dittatori e leader autoritari o populisti che aumentano gli sforzi per reprimere il diritto ad un’informazione libera, indipendente, pluralistica e affidabile. «Cosa diventeranno la libertà, il pluralismo e l’affidabilità dell’informazione da qui al 2030? La risposta a questa domanda è in gioco ora» ha sottolineato il segretario generale di RSF Christophe Deloire.

Perché non è davvero possibile nemmeno immaginare una democrazia in assenza di libera informazione. «Chi, governando, ha la responsabilità di prendere decisioni, deve fare ogni sforzo per proteggere il diritto di espressione e garantire la sicurezza e la libertà dei giornalisti, che mai come in questo momento sono un presidio fondamentale per la tenuta delle istituzioni democratiche» ha dichiarato Andrea Martella, sottosegretario all’Editoria.

Un caposaldo che potrebbe sembrare fuori luogo sostenere oggi, nell’era marchiata dalla falce del Coronavirus, ma è proprio questo invece il momento di tutelare, accanto alla salute, i valori civili e sociali più preziosi. Infatti, come disse lo scrittore e giornalista Giuseppe Fava: «un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, e le violenze che non è stato mai capace di combattere».