Avrebbe compiuto proprio oggi 99 anni Margherita Hack. E non a caso oggi Google la celebra con un “doodle” a lei dedicato. La nota astrofisica fiorentina, che è scomparsa a Trieste il 29 giugno del 2013, era nata in via Cento Stelle, nel capoluogo toscano il 12 giugno 1922. E già nel luogo di nascita si poteva intravedere quello che sarebbe stato il suo futuro. Ma a dirla tutta quella non è l’unica curiosità legata ai suoi primi anni di vita. Già, perché la Hack ha vissuto molti anni della sua infanzia nella via dedicata all’astronomo del Settecento Leonardo Ximenes e si è diplomata al Liceo Scientifico “Galileo Galilei”. Insomma… non si può certo negare che nel suo destino non poteva che esserci l’astronomia. E infatti la Hack ha passato oltre sessant’anni della sua vita ad osservare il cielo, che ha rappresentato per lei molto più di una semplice professione. Sicuramente una passione, forse addirittura una ragione di vita. Abituata fin da piccolina a vivere “con il naso all’insù”, l’astrofisica ha ben presto ottenuto fama mondiale, essendo stata una di quelle “menti” che sanno unire grande sapere a un carisma straordinario. 

Il doodle di oggi su Google

È stata Professoressa Emerito di Astronomia all’Università di Trieste, dove ha anche diretto l’osservatorio astronomico, e socioa nazionale dell’Accademia dei Lincei. Ha lavorato presso osservatori americani ed europei e vanta collaborazioni con l’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea. Nel corso della sua vita ha scandagliato l’universo fin nei suoi angoli più oscuri, tentando di dare risposte ai numerosi interrogativi che nascono continuamente dallo studio del cielo: “Siamo soli?  Quanto può vivere ancora il Sole? Le tracce d’acqua trovate su Marte testimoniano la presenza di qualche forma di vita?”, rappresentano soltanto alcune delle domande alle quali Hack ha provato a rispondere, formulando ipotesi su ipotesi. Un giorno venne a Verona, ospite del Liceo Maffei, per raccontare agli studenti della scuola le sue scoperte, mentre altri la ricordano per l’accesissimo “scontro”, fra fede e scienza, che ebbe in Gran Guardia nel 2010 con il Vescovo di Verona, Monsignor Giuseppe Zenti.

Lo “scontro” fra Hack e Zenti

Prolifica autrice di testi universitari e di libri destinati al grande pubblico, che le hanno permesso di ricevere nel 1995 il Premio Internazionale Cortina Ulisse per la divulgazione scientifica, la Hack ha scritto, fra gli altri, anche “Dalla vita ai Quark: un viaggio a ritroso alle origini dell’universo”. Proprio per il lancio del suo libro, al tempo (2004) abbiamo avuto modo di incontrarla e intervistarla . Vi proponiamo, per omaggiarla nel giorno del suo compleanno, l’intervista che ci concesse in quell’occasione.

Professoressa Hack, cosa intende quando parla di “viaggio a ritroso alle origini dell’universo”?

«Grazie al progresso della tecnologia possiamo arrivare a scoprire, a ritroso nel tempo, appunto, cosa sia successo fino a pochi millesimi di secondo prima del Big Bang, la grande esplosione che ha dato origine all’universo da noi conosciuto e alla sua progressiva espansione. Osservare la luce proveniente da galassie lontane migliaia di anni luce è, in pratica, come salire su una macchina del tempo: è possibile analizzare com’erano gli agglomerati stellari all’inizio della loro vita e, in questo modo, capire meglio anche le dinamiche che intervengono nella Via Lattea, la nostra galassia. La luce che captiamo oggi, infatti, in realtà è partita migliaia di anni fa ed è a quell’epoca che risalgono le informazioni che riceviamo.»

Qual è l’età dell’universo, allora?

«La galassia più lontana è a tredici miliardi e settecento milioni di anni luce da noi. Si presume, allora, che questa sia anche l’età dell’universo. Si tratta, come si può capire, di cifre e misure che, oggettivamente, tendono a sfuggire alla comprensione umana.» 

A proposito di tempo… sbalordisce spesso il fatto che alcune scoperte scientifiche relativamente recenti siano già state intuite dagli antichi filosofi greci, molto tempo fa.

«Si, è vero, a cominciare dal fatto che  la materia fosse composta da particelle indivisibili. Furono proprio gli antichi greci, quasi duemila e cinquecento anni fa, ad ipotizzare la presenza di una particella che non potesse essere più scomposta, cui dettero il nome di atomo (dal greco: indivisibile). L’atomo, in realtà, proprio indivisibile non è, ma lo sono sicuramente gli elettroni, i neutrini e i quark.»

L’illuminazione delle nostre città è diventata nemica dell’osservazione degli astri. Purtroppo diventa sempre più difficile riuscire a trovare un buon punto di osservazione per ammirare lo spettacolo del firmamento. 

«In molte zone del mondo, ammettiamolo, non è più possibile effettuare alcun tipo di osservazione. C’è troppa luce e le stelle ne sono le principali vittime. Tanto per dare un’idea se osservassimo da un satellite l’Europa essa apparirebbe come un’unica macchia luminosa. Abbiamo letteralmente ammazzato le stelle. Occorrerebbe varare leggi che limitassero la dispersione luminosa verso l’alto, il che consentirebbe, oltre ad una buona osservazione, anche un notevole risparmio di energia. La luce delle città impedisce soprattutto, la conoscenza popolare: per millenni si sono osservate le stelle e tutti sapevano il nome delle costellazioni, delle le stelle e dei pianeti.» 

Cosa dovete fare, invece, voi astrofisica per operare delle buone osservazioni?

«Costruiamo i nostri osservatori lontano dalla cosiddetta civiltà. I principali centri del mondo si trovano in zone desertiche: quello più importante è nel deserto d’Atacan in Cile, con quattro spettri d’otto metri di diametro. C’è poi quello nato dalla collaborazione fra Italia, Usa e Germania che sta per entrare in funzione nel deserto dell’Arizona, negli Stati Uniti.»

Qualche settimana fa è stato intercettato un suono che alcuni esperti identificano di origine artificiale. È la prova che non siamo soli nell’universo?

«È assai probabile che non siamo soli, visto che ci sono moltissimi sistemi interplanetari e all’interno di questi molti pianeti sono simili alla Terra. Ma forse non lo sapremo mai: le distanze sono enormi e un eventuale dialogo risulterebbe oltremodo complicato. Quel segnale è partito più di mille anni fa. Se rispondessimo il nostro messaggio arriverebbe attorno all’anno 3000 d.C. Capite bene che, anche volendo, non si potrebbe comunicare con intelligenze tanto lontane.»

L’Astronomia è una materia che viene piuttosto trascurata a scuola. Qual è, invece, la sua importanza?

“Si tratta, in effetti, di un enorme sbaglio, visto che l’astronomia rappresenta una palestra fondamentale. In essa si concentrano tutte le branche della fisica: l’ottica, la meccanica, la fisica dei gas, la fusione nucleare, la relatività… Si dovrebbe insegnare la fisica abbinandola all’astronomia, e non relegando quest’ultima a materia complementare di geografia o scienze naturali.»

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