Raccoglie quasi seicento le opere – dipinti, sculture, disegni, oggetti d’arte applicata – allestite in ventotto sale, a loro volta decorate con strucchi e affreschi. Palazzo Maffei non è solo una affascinante Wunderkammer che unisce elementi tra loro differenti, ma è una vera e propria “casa-museo” che si fa galleria d’arte in una dimensione che facilita le relazioni con le opere.

Uno spazio dove sentirsi a casa e aperto agli studenti che qui, attraverso l’arte, hanno la possibilità di interagire con le opere in esperienze multidisciplinari. La parte dedicata al XX secolo ospita nomi come Pablo Picasso, René Magritte, Amedeo Modigliani, Giorgio de Chirico, Max Ernst, Marcel Duchamp, Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Gino Severini, Felice Casorati, Giorgio Morandi, Afro, Emilio Vedova, Lucio Fontana, Alberto Burri, Tancredi, Gino De Dominicis, Piero Manzoni.

La raccolta eclettica spazia per epoca e arti, con un’attenzione particolare per l’arte veronese (presenti, fra gli altri, opere di Altichiero, Liberale da Verona, Nicolò Giolfino, Antonio e Giovanni Badile, Felice Brusasorci, Jacopo Ligozzi, Alessandro Turchi, Giambettino Cignaroli). Un connubio di stili che godono dell’idea museografica di Gabriella Belli, e dei contributi scientifici di Valerio Terraroli e Enrico Maria Guzzo.

E un patrimonio così ampio e suggestivo può dare non solo un contributo di documentazione alla cultura cittadina, ma essere uno spazio che fa da collettore e da propulsore di progetti e scambi, dentro e fuori i confini di Verona. Ne abbiamo parlato con Vanessa Carlon, vicepresidente e direttrice della Fondazione Palazzo Maffei. 

Partiamo dal nome Casa Museo Palazzo Maffei: quale caratteristica attribuisce al Museo la parola Casa?

«Casa Museo Palazzo Maffei è un museo a tutti gli effetti per la visibilità data alle opere e l’apertura al pubblico, ma con una particolare attenzione all’allestimento e ai servizi per il visitatore cui desideriamo riservare un’accoglienza personale. È come se venisse in visita in una casa, poiché dietro la scelta delle opere c’è una persona, una famiglia che ha dato alla collezione un taglio molto personale. L’arte vive attraverso gli occhi di chi la guarda, quindi è importante che la collezione sia vista da più persone e utilizzata per fare cultura. Per questo motivo ha assunto una dimensione pubblica, ma in un contesto ancora di casa, dimensione che avvicina le persone consentendo una più facile relazione, anche per i non addetti ai lavori, agevolando una maggiore diffusione delle esperienze culturali».

L’interno di una delle sale poste al piano nobile di Palazzo Maffei, foto di Massimo Ripani.

Visitare la Casa Museo è un po’ come attraversare secoli di storia, dall’antichità ad oggi, in un “cortocircuito” temporale e di espressioni artistiche: come possiamo descrivere la Collezione Carlon?

«Casa Museo Palazzo Maffei presenta il frutto di oltre cinquant’anni di passione collezionistica di Luigi Carlon. Nel renderla pubblica, come famiglia abbiamo deciso che la Collezione rimanesse unita nella sua complessità. Comprende opere dall’archeologia ad oggi, di varia natura e in continuo dialogo tra antico e contemporaneo. Nella maggior parte si tratta di arte visiva, suddivisa in differenti nuclei espositivi: l’arte antica veronese; il Futurismo, che presenta opere importanti per la collezione e che hanno attratto Luigi Carlon per la spinta innovativa degli artisti del movimento. Infine, le opere del Secondo Dopoguerra e il nucleo delle arti applicate, del design e dei mobili.

Il primo piano presenta un succedersi di sale in ordine cronologico e tematico (per esempio Sala Mater, Sala Santi ed eroi, Sala L’ira funesta), mentre al secondo piano in ogni stanza sono esposti nuclei a sé stanti, che Gabriella Belli ha voluto chiamare Meditazioni».

Su che cosa si concentra la vostra proposta culturale?

«Cerchiamo di essere attivi in modo trasversale, così che Palazzo Maffei sia un vero centro culturale, non solo per i turisti stranieri ma anche per la città di Verona e di questo abbiamo un ottimo riscontro. Ci stiamo concentrando in particolare sui giovani, secondo noi segnati dall’isolamento sociale dovuto all’iperconnessione proprio della nostra epoca. Per noi è importante che facciano esperienze dal vivo e in prima persona.

Con Gianluca Rana, Ceo del Pastificio Rana, abbiamo recentemente stretto un accordo per visite gratuite per 4mila studenti delle scuole di Verona e provincia.

Abbiamo creato collaborazioni con il Liceo Maffei di Verona, l’Università di Verona dipartimento di Culture e civiltà, l’Accademia di belle arti di Verona e l’Accademia di belle arti di Firenze, i cui studenti possono accedere alla Casa Museo gratuitamente ogni volta che lo desiderano, anche organizzando giornate a tema a loro dedicate.

Inoltre, gli studenti del corso di Museografia e critica artistica e del restauro del professor Valerio Terraroli del dipartimento di Culture e civiltà dell’Università di Verona e gli studenti del corso di Storia dell’arte della professoressa Katia Brugnolo, dell’Accademia di Verona, possono avere una prima esperienza sul campo nel settore in cui studiano. Sono riconoscibili nelle sale per la spilla con la scritta Ask Me, e affiancano il visitatore nella conoscenza delle opere.

Con “I sabati del teatrino”, inoltre, appuntamenti gratuiti in chiave artistica interdisciplinare rivolti ad un pubblico giovane o meno giovane, abbiamo avuto la presenza di 1.350 visitatori totali, un buon risultato».

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Quale peso ha l’arte contemporanea nella collezione?

«Un peso sempre più importante, per le collaborazioni instaurate nel tempo con gli artisti e che avranno in prospettiva più spazio. Riteniamo che gli artisti contemporanei siano i pionieri della società, coloro che ci fanno vedere quanto accade con uno spirito innovativo, uno sguardo molto aperto senza pregiudizi e ci restituiscono dove stiamo andando, facendoci riflettere. Bisognerebbe riconsiderare il loro ruolo e la loro importanza nella società.

Étiquette, performance di Silvia Mercuriali e Ant Hampton, realizzata nelle sale della Casa Museo.

Ad oggi abbiamo avuto una residenza d’artista con Silvia Mercuriali, artista regista italo britannica, da cui è derivata un’opera non visiva (da ascoltare con cuffie richiedendola all’entrata) dal titolo Opening Night: una voce narrante che conduce il visitatore a inseguire una festa che si svolge nel Palazzo nei secoli passati, con musiche di Schumann rielaborate dalla musicista Federica Furlani.

Maurizio Nannucci ha realizzato per noi un’opera site specific una scritta al neon blu, che accoglie e saluta il visitatore all’entrata della Casa Museo con un augurio: “Nuovi orizzonti per altre visioni. Nuove visioni per altri orizzonti”.

Chiara Dynys ha realizzato per noi un’installazione, Over Nature, visibile al secondo piano, in cui campeggia luminosa una citazione di Johann Wolfgang von Goethe, ospite a Verona per il Gran Tour nel 1786, aggiungendo un livello internazionale letterario all’opera stessa».

Avete anche sviluppato approfondimenti dedicati alla correlazione tra sapere scientifico e creazione artistica, in collaborazione con l’Università di Verona…

«È un progetto nato in forma di podcast durante la pandemia e si fonda sull’importanza di unire discipline oggi insegnate in modo separato. Riteniamo importante che i giovani abbiano questo tipo di apertura, flessibilità, per accendere curiosità reciproca sia verso gli ambiti scientifici che artistico-umanistici. I podcast sono diventati le basi dei laboratori in cui si può vedere l’opera dal vero, per comprenderne l’apporto dato al sapere scientifico. Desideriamo che i ragazzi escano dal museo pensando che non è stato noioso che possono tornarci, magari andando ad approfondire un tema, che sentano che la cultura apre porte e non è pesante».

L’opera site specific di Maurizio Nannucci accoglie i visitatori nella sala della biglietteria di Palazzo Maffei Casa Museo. Foto di Massimo Ripani.

La scelta di avere sede in un palazzo storico, che poggia le sue fondamenta nel cuore della Verona romana, fa intendere un legame particolare con la città e la sua cultura. Che visione di futuro culturale avete?

«Verona è una città baciata dalla fortuna fin dall’antichità, per posizione geografica, risorse naturali, bellezza. Per la storica capacità commerciale e imprenditoriale propria dei suoi abitanti che negli anni hanno saputo dare vita a una molteplicità di imprese economiche e realtà culturali pubbliche e private, per le quali oggi siamo internazionalmente riconosciuti.

Verona è una città straordinaria, alle volte non ce ne rendiamo conto, forse perché abbiamo tanto. Penso sia fondamentale oggi avere una visione a lungo termine per valorizzare la città nel suo insieme e per riuscire a far rimanere i turisti più a lungo a Verona. Mi sembra che l’amministrazione comunale sia sensibile all’argomento e che stia lavorando in tal senso».

C’è oggi un sistema dell’arte utile a creare connessioni con centri culturali anche di altri Paesi?

«Esiste un sistema di Case Museo in Italia e all’estero con cui stiamo dialogando e funziona moltissimo. Facciamo parte poi di una rete di fondazioni private a livello mondiale, World Art Foundations, in cui ci si confronta con enti dello stesso tipo sostenendosi nella conoscenza dei servizi e delle esigenze delle reciproche realtà.

E attualmente abbiamo quattro opere in prestito della nostra collezione: due sono al Mart di Rovereto per la mostra Klimt e l’arte italiana; una a Parma alla Fondazione Magnani Rocca per la mostra antologica su Felice Casorati. L’ultima si trova a Milano al Museo del Novecento Palazzo Morando per la mostra sul futurismo Futurliberty. Avanguardia e stile inaugurata in questi giorni».

C’è in collezione un’opera preferita per Vanessa Carlon?

«Sono tantissime le opere a cui tengo. C’è n’è però una che mi colpisce sempre quando entro nella stanza del Secondo Dopoguerra e della Metafisica: è di René Magritte, (La fenêtre ouverte, 1966) del ciclo dell’Impero della luce.

René Magritte, La fenêtre ouverte, 1966. Olio su tela. © Rene Magritte, by SIAE 2020. Palazzo Maffei Casa-Museo, Verona. Collezione Luigi Carlon

Mi colpisce sempre per l’azzurro luminoso del cielo che contrasta con la parte bassa dell’opera di colore nero dove compare alla vista, solo dopo accurata osservazione, un piccolo cavaliere nero su sfondo nero. Un giorno e notte che crea sfasamento e confusione e fa pensare all’idea che Magritte aveva del surrealismo, alla conoscenza che aveva della psiche, oltre al rapporto con la letteratura di Georges Simenon e le scoperte sulla psichiatria dell’epoca.

Un’altra opera cui sono molto legata è “Qualcosa è cambiato” (2019) di Arcangelo Sassolino, un’opera del ciclo Fragilissimo che accoglie i visitatori nell’ingresso di Palazzo Maffei. Il messaggio che porta mi ricorda l’importanza di vivere appieno ogni momento della nostra vita».