Alla 59esima edizione del Premio Basilica Palladiana, tenutasi lo scorso giovedì 8 giugno a Villa Sesso Schiavo di Sandrigo, Vicenza, il premiato Andrea Pennacchi si è presentato a suon di battute e “autoironia caustica”, come lui stesso definisce l’essenza veneta che lo muove, con la risata spontanea di chi vive il proprio lavoro di satiro e cantastorie con sincera passione.

Il premio Giovani Emergenti è stato attribuito al giovane cantautore vicentino gIANMARIA, assente però per la partecipazione al concerto di supporto alle popolazioni emiliano-romagnole alluvionate.

Foto Studio CRUI

Il premio, promosso dalla Pro Loco di Sandrigo (VI) per premiare i personaggi illustri veneti che sappiano portare in alto il vessillo regionale nel panorama nazionale e internazionale, è stato conferito quest’anno ad Andrea Pennacchi per la sua capacità di ridare dignità e verità ai personaggi del quotidiano regionale, tramutando i difetti e le critiche in punti di forza e riflessioni popolari – e a gIANMARIA, che con i recenti successi tra X Factor e Sanremo, ha riaffermato la sensibilità musicale del territorio.

“Il mio personaggio più recente, il Pojana che sto portando in teatri e festival, è l’espressione di una parte di me contro cui combatto, ma che riconosco, che difficilmente riesco a mettere a tacere”

Andrea Pennacchi

Data l’assenza del giovane cantautore, che ha lasciato una fresca intervista registrata nei giorni scorsi al giornalista Luca Ancetti, la serata si è concentrata sul regista padovano, grazie ad un brillante dialogo condotto dal giornalista Antonio Di Lorenzo.

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Tanti sono stati gli aneddoti e i momenti di risata e satira che, come qualcuno dal pubblico ha ricordato, non sono altro che anagrammi. Scorci di storia personale e comune insieme: «Quando ero piccolo, essere “bon” non valeva come complimento quanto invece essere “un gran lavoratore” – e ancora adesso, nella chat uossàp con i miei amici dell’infanzia a Brusegana [provincia di Padova, ndr] scherziamo sul fatto che il mio non sia un “vero lavoro. Le mie origini però sono più che materiale da spettacolo, sono memoria, storia, valori. Sono quei trattori che spostavano i carro-armati dal campo in tempo di guerra perché ostacolavano il lavoro quotidiano, sono la dignità del bicchiere di vino in compagnia – che poi è facile che si arrivi all’ubriacatura, è perché ci piace troppo stare insieme!” scherza, dando il la a Di Lorenzo per richiamare che, infatti, di lui la collega e amica Paola Cortellesi lamenti che porti a rinunciare alla serenità e alla sobrietà.»

Un premio, questo, che vuole sottolineare l’impegno nel dar voce alla cultura veneta nel Paese, anche grazie alla più recente affermazione dell’artista nel piccolo e grande schermo, grazie alla partecipazione come ospite fisso di Propaganda Live (La7), in serie tv e film – fra tutti Petra per Sky, Io sono Li, Welcome Venice e Suburra. Una carriera che ha preso il volo, si potrebbe dire, ma che parte proprio dall’aeronautica, settore nel quale Pennacchi aveva avuto istruzione.

Da ufficiale pilota Alitalia a teatrante, però, il passo è stato breve. Concluso il periodo intenso di formazione in stile militare ricevuto in accademia, per lui si è spalancato il sipario quando ha capito, provato su pelle, il profondo divertimento che si vive dietro le quinte, nella preparazione di uno spettacolo di teatro. Ha cercato di seguire la rotta che l’avrebbe (forse, ma, come dice lui stesso “Per fortuna, anche no!”) portato ad essere pilota iscrivendosi a lingue perché si immaginava che essere poliglotta l’avrebbe aiutato nella gestione dei passeggeri di volo. Il “Fasten your seat-belt” si è invece tradotto in espressioni e modi di dire regionali e locali, avvalorando il dottorato in filologia e ispirato dal grande lavoro del Maestro Luigi Meneghello, che aveva ridato lustro e onore alla lingua dialettale veneta in opere come ‘I piccoli maestri’.

“Veneto è, chi il veneto fa”

Andrea Pennacchi

«In scena mi sento di portare tutti i veneti, la dimensione popolare, della provincia, quelli che si incontrano al bar da Orazio, ora trattoria ma sempre con lo stile degli anni ’70 e la coltre di fumo ancora visibile nella penombra del locale, con i liquori dalle stampe ormai superate, con le bestemmie e gli insulti profusi mentre si battono le carte battute con forza sul tavolo. È quello il mio veneto, un Pojana gran lavoratore che va matto per il bollito misto col cren, la polenta… e una spolverata di ethernit.»

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Drammaturgo, regista e attore candidato al Nastro d’Oro per la serie “Tutto chiede salvezza” di Netflix, ammette che in lui convivono, non proprio pacificamente, tutte queste anime professionali, e confessa che, però, nulla può competere con l’emozione del palco: «La differenza con gli altri mestieri è il tempo, che per gli altri è in differita, o sta nel taglia-cuci delle scene nel cinema, e invece durante lo spettacolo teatrale è un tutt’uno con la performance, è denso e plasmato dalla relazione con il pubblico – un pubblico che lo sa, lo percepisce.

È forse per questo che, dopo il Covid, la fruizione del teatro è aumentata: se non vai tu a teatro, lo spettacolo non solo è diverso, non c’è.»

I prossimi impegni di Pennacchi sembrano confermare questa vivacità e l’interesse generale: da Pojana Rock il 2 luglio allo Sherwood Festival a Padova, alla “Piccola Odissea” nella rassegna di OperaEstate di Bassano del Grappa il 5 agosto, allo “Shakespeare & me” al Teatro Romano di Verona il 6 e 7 settembre 2023.

«Ultimamente, con molta gioia, ho visto riaffermarsi l’interesse e gli investimenti per la cultura. Mi viene quasi da pensare che il mito veneto dello stesso Pojana, un avido paròn, industriale razzista del Nordest ossessionato solo da schei e la’oro, abbia invece lasciato il posto a imprenditori illuminati e quasi mecenati, che hanno riscoperto il valore della conoscenza, la bellezza dell’arte in tutte le sue forme – e, scherza concludendo – ora devo solo trovare qualcuno che mi sponsorizzi la produzione di un film sul Pojana!»

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