#ShePersisted è un’iniziativa a livello transnazionale per contrastare la disinformazione di genere e gli attacchi online contro le donne in politica.

L’ultimo report figlio di questo progetto si chiama #MonetizingMisoginy, e si sviluppa attraverso una serie di ricerche che esplorano il modo in cui la disinformazione di genere viene utilizzata come arma per minare la partecipazione politica delle donne e indebolire le istituzioni democratiche e i diritti umani.

Inoltre, esamina anche le responsabilità delle piattaforme digitali e delinea le soluzioni necessarie per affrontare questo problema.

Il racconto online delle donne in politica in Italia

L’associazione americana ha approfondito il tema indagando sulla questione in varie nazioni, in Europa e non solo. Per quanto riguarda il nostro Paese, i dati sono stati raccolti nel periodo tra febbraio e marzo del 2022, e lo studio, una volta redatto, è stato pubblicato a fine marzo, con il titolo “ARMI DI REAZIONE E ODIO: Disinformazione di genere, misoginia e abusi online contro le Donne in Politica in Italia”, con l’intento come detto di far luce sul modo in cui le leader politiche donne vengono narrate sui social e non solo.

Le autrici sono Lucina Di Meco, esperta di uguaglianza di genere e sostenitrice dei diritti delle donne, riconosciuta da Apolitical come una delle 100 persone più influenti in materia di gender policy grazie al suo lavoro sulla disinformazione di genere nonché co-fondatrice di #ShePersisted Global, e Nicoletta Apolito, media analyst ed esperta di comunicazione digitale per il Centro Studi Interculturali dell’Università di Verona, e laureata in Editoria e Giornalismo nello stesso ateneo.

La disinformazione di genere sulle donne in politica è un fenomeno presente a livello mondiale, che nasce molto spesso da un pregiudizio, il quale porta a questo tipo di informazione “distorta” e manipolata in modo discriminatorio, e dalla quale si sfocia nei vari attacchi e insulti molto spesso di natura sessista e/o dal contenuto minaccioso, alimentando un circolo vizioso fatto di odio e preconcetti. Questa prospettiva fa sì che purtroppo nel nostro panorama nazionale odierno una donna possa sentirsi non di rado a disagio nell’approcciarsi al mondo politico e a tutto ciò che lo circonda.

Un attacco alle politiche e ai diritti umani

Ciò che risulta evidente dal lavoro di ricerca è il legame tra, da un lato, gli attacchi online contro alcune esponenti politiche che negli anni si sono fatte portavoce di importanti battaglie per i diritti civili e i diritti umani e, dall’altro, gli sforzi volti a indebolire alcuni diritti e libertà civili duramente conquistati nel dopoguerra, oltre che a minare la fiducia nella democrazia.

Lo studio sottolinea anche come le campagne di disinformazione sui social non siano unicamente il frutto di misoginia contro tutte le donne, ma vadano compresi all’interno di un fenomeno politicamente motivato di attacco contro alcuni valori e principi politici di matrice liberale, quali il rispetto delle minoranze, i diritti e l’emancipazione femminile, l’uguaglianza di genere, in un ambiente dove narrazioni e discorsi antifemministi sul ruolo della donna crescono di giorno in giorno.

Al giorno d’oggi oramai la campagna elettorale è costantemente attiva, e i social, in primis Instagram, Facebook e Twitter, sono le grandi macchine di propaganda che i leader politici italiani e non utilizzano come strumenti essenziali per interagire con i propri elettori, incidere sul dibattito pubblico e per modificare la percezione dell’opinione pubblica su alcuni temi, cosa che può anche essere considerata come “normale” e legittima azione politica, che diventa però pericolosa arma anti-democratica quando i social media diventano terreno di disseminazione d’odio contro donne e minoranze.

Di particolare interesse e importanza è anche la connessione che lo studio evidenzia tra gli attacchi contro i diritti delle donne in Italia e le narrative cospiratorie, no vax, antidemocratiche e pro-Putin nel contesto della guerra tra Russia e Ucraina.

Tutto questo carico di ostilità e disprezzo comporta per le donne un disagio sociale da non sottovalutare, in quanto costrette a dover combattere spesso e volentieri guerre ingiuste per dei diritti che in quanto tali non dovrebbero nemmeno essere messi in discussione.

Un cambio culturale necessario

Nicoletta Apolito, una delle autrici, parla di come questo tipo di narrazioni di disinformazione e questo modus operandi si mettano in moto soprattutto in coincidenza di periodi in cui il dibattito pubblico e/o quello parlamentare verte su tematiche collegate e inerenti a diritti civili, delle donne, uguaglianza di genere, immigrazione.

«Più ci si espone e più si combattono queste battaglie, – dichiara Apolito – più si corre il rischio di essere attaccate, con la critica che subito sfocia nell’insulto sul piano personale, sull’aspetto fisico, senza mai ricondursi a un giudizio sull’argomento di discussione».

L’esperta di comunicazione digitale si sofferma anche sul piano legislativo affermando che «molto è stato fatto ma molto ancora c’è da fare: il Parlamento Europeo sta lavorando per avere una normativa ancora più forte e stringente contro le fake news e contro i leoni da tastiera».

Lo sguardo si sposta poi su come queste narrazioni fuorvianti vengono trattate e affrontate sui mezzi di comunicazione: «un subdolo problema di fondo a proposito della disinformazione, social e non solo, è quello riguardante il modus operandi di alcune testate giornalistiche, anche di notevole rilevanza in Italia, le quali non pubblicano fakenews, ma, attraverso uno storytelling manipolatorio – continua Apolito – fatto di notizie/foto decontestualizzate e condito da un linguaggio che stimola cattive sensazioni in chi legge, alimentano questa brutta corrente. In questo modo – prosegue Apolito – si “raggira” – il problema, con un modo di fare giornalismo subdolo, non punibile, ma che porta a “scrivere cose vere nel modo più sbagliato possibile».

Una rete di sicurezza

Alla luce di tutto quanto detto finora, ci si pone la domanda di come una donna possa sentirsi incentivata ad intraprendere una carriera politica oggigiorno, se l’orizzonte che le si manifesta è così ostile. La risposta per Nicoletta Apolito può ritrovarsi nella creazione di una “rete di sicurezza”, magari grazie all’aiuto di colleghi di partito che la supportino e non la facciano sentire inadeguata, come se l’essere donna fosse un difetto.

Per Apolito c’è poi soprattutto bisogno di una sorta di processo culturale, per «un problema che nel 2023 non ci si dovrebbe nemmeno porre. Una donna in un ruolo di potere dovrebbe essere una cosa normale – spiega Apolito – come ci fosse un uomo, la si dovrebbe premiare e giudicare in base alle sue competenze e al suo operato a livello professionale, senza dare ascolto a narrazione errati e pregiudizievoli che vorrebbero le donne inadatte a determinate incarichi perché troppo emotive o inadeguate a prescindere. Questo discorso – conclude Apolito – deve valere per la politica come per qualsiasi altro ambito lavorativo e della vita».

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