“Credo profondamente che la COP27 sia un’opportunità per mostrare unità contro una minaccia esistenziale che possiamo superare solo attraverso un’azione concertata e un’attuazione efficace”.

Il presidente dell’Egitto Abdel Fattah al-Sisi

A Sharm el-Sheikh in Egitto, si terrà, dal 6 al 18 novembre 2022, la 27a conferenza delle parti (COP27) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Nell’occasione è stato invitato, per fornire un contributo scientifico a diversi eventi ufficiali, l’autorevole Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) cioé l’organismo delle Nazioni Unite per la valutazione della scienza relativa al cambiamento climatico. Come si può osservare vi sono molti acronimi e sigle che si riferiscono ad enti, strutture, organizzazioni tutte peró deputate allo studio, impatto e adattamento  dei cambiamenti climatici sotto l’egida dell‘ONU.

L’8 novembre prossimo, il secondo gruppo di lavoro dell’IPCC presenterà i risultati relativi alla valutazione delle esigenze di adattamento. Lo stesso giorno, i gruppi di lavoro II e III dell’IPCC tratterranno gli aspetti legati alla scienza e tecnologia.

Tuttavia da anticipazioni degli addetti ai lavori, in questa prossima COP, è veramente arduo trovare dei segnali positivi. L’attuale situazione di tensione per la crisi energetica, la corsa ai combustibili fossili di molti Paesi europei che si rifornivano dalla Russia, ecc. non aiutano certo gli obiettivi di decarbonizzazione.

Rimane inoltre irrisolto uno dei nodi fondamentali per la riduzione della CO2, ossia la previsione di un fondo specifico (Loss&Damage) di risarcimento dei danni causati dai cambiamenti climatici e che colpiscono i Paesi più fragili. Si tratterebbe di un fondo attraverso il quale le economie più ricche, storicamente i maggiori emettitori di gas serra, possono aiutare le nazioni più povere. 

Una battaglia persa?

I dieci periodi gennaio-ottobre più caldi mai registrati si sono addensati dal 2010 ad oggi. Secondo le ultime analisi statistiche, è molto probabile che l’anno 2022 si collochi tra i dieci anni più caldi mai registrati, e una probabilità inferiore al 5% di classificarsi tra i cinque anni più caldi in assoluto. L’attuale ottobre ha superato in tutta Europa record secolari; in Italia si sono avuti dai 3 ai 4 gradi in più della media che é un dato incredibile. 

Nonostante i progressivi rafforzamenti, nel corso degli anni, degli impegni multilaterali nella lotta al cambiamento climatico, dal 1995, anno della prima Conferenza delle Parti (COP) , la temperatura globale osservata è aumentata da 0,5 gradi a quasi 1,35 gradi sopra i valori preindustriali, e appare ormai evidente che anche l’obiettivo di mantenere l’incremento di temperatura globale entro 1,5° stabilito alla COP26 di Glasgow, non sarà raggiunto nemmeno nello scenario più ottimistico; infatti le simulazioni modellistiche indicano che si arriverà a tale limite già per il 2034. Si aveva la percezione che il raggiungimento dei fatidici +1,5 gradi stabilito ancora nel vertice di Parigi, potesse essere lontano, ma il 2034 é più vicino di quello che si pensa….

( credit cds.climate.Copernicus.eu)

Agire subito contro il rapido aumento di CO2

Inger Andersen, direttrice esecutiva di UNEP( Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) sottolinea come, sia i dati scientifici allarmanti dell’ultimo rapporto sul clima, sia il reiterato comportamento della natura anche dell’ultimo anno con il ripetersi di inondazioni mortali, tempeste, incendi, siccità, ci avvertono, senza alcun dubbio, che dobbiamo assolutamente smettere e rapidamente di continuare a riempire la nostra atmosfera con gas serra. Abbiamo avuto la nostra possibilità di fare cambiamenti incrementali, ma ormai siamo a livelli tali che solo una trasformazione radicale  delle nostre economie e società può salvarci dall’accelerare il disastro climatico

Infatti nell’ultimo vertice climatico a Glasgow, nel 2021, le promesse di contributi a livello nazionale fatte dai vari governi a favore della riduzione della loro impronta di carbonio sono risultate veramente scarse; esse infatti porteranno a modestissimi tagli di meno dell’uno per cento del gas serra proiettato alle emissioni del 2030. Riduzioni del 1% è l’equivalente di soli 0,5 gigatonnellate di CO2, sapendo invece che solo una riduzione delle emissioni del 45% limiterebbero il riscaldamento globale a 1,5 gradi. I dati più recenti, con tali presupposti di ridotti interventi, indicano che il mondo sperimenterà, entro la fine di questo secolo un aumento della temperatura compreso tra 2,4 e 2,6 ° C. 

Potenziale speranza di restare entro +1.8 gradi

Tuttavia se si attuasse lo scenario migliore di implementazione completa di NDC (Nationally Determined Contribution) con impegni di emissioni net-zero  si punterebbe ad un aumento di 1,8 gradi quindi c’è una potenziale speranza di stare entro il punto di non ritorno.  Ricordiamo che per “emissioni net-zero” si intende il raggiungimento di un equilibrio planetario tra le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo e le emissioni di gas serra prelevate dall’atmosfera.

Tuttavia, questo scenario non è attualmente credibile in base alla discrepanza tra le emissioni correnti, gli obiettivi NDC a breve termine e gli obiettivi di net-Zero a lungo termine”, ha dichiarato UNEP. L’Agenzia delle Nazioni Unite ha spiegato, inoltre, che la soluzione fossile-free migliore sarebbe tagliare le emissioni del 45% per limitare il riscaldamento globale a 1.5C, o almeno del 30% per mantenere la media della temperatura media a 2° C. Sebbene la trasformazione verso le emissioni di gas a effetto serra net-zero è in corso in materia di energia elettrica, industria, trasporto e edifici, tale processo deve essere effettuato molto più velocemente; questo obiettivo sarà argomento nel prossimo vertice COP27.

Un approccio nuovo per contrastare il cambiamento climatico

Pertanto avvicinandoci alla COP27 e avendo presente i drammatici effetti dei cambiamenti climatici ormai sotto gli occhi di tutti, è più che mai indispensabile attivare un nuovo approccio, azioni concrete e, soprattutto, una nuova governance internazionale che sappia affrontare il climate change con un vero approccio multidisciplinare. Abbiamo bisogno di più. Più cosa?

1) In primo luogo di maggiori riduzioni delle emissioni se vogliamo avere la speranza di limitare il riscaldamento di 1,5°C. Come? efficienza, accelerando la transizione verso l’energia pulita, prevenendo la deforestazione e riformando i nostri sistemi alimentari.

2) dobbiamo “sequestrare” più carbonio possibile dall’atmosfera; ricordiamo che il livello planetario di CO2 é arrivato ad ottobre scorso a valori di  416 ppm ( parti di CO2 su parti di aria) e purtroppo in costante ed inesorabile crescita.

Quindi per questa sovrabbondanza di CO2 dobbiamo pensare alle soluzioni più idonee affinché si possa reinserirla nei nostri suoli, ciò spaziando dall’utilizzo di nuove tecnologie ad ecosistemi con soluzioni basate sulla natura che possono assorbire fino al 37% del carbonio.

3) dobbiamo dobbiamo adattarci ai cambiamenti climatici che non possono più  essere evitati: impatti che colpiscono in modo sproporzionato coloro che hanno fatto di meno per causare il problema; quindi non é giusto che i Paesi più poveri subiscano lo stesso impatto climatico di quelli ricchi.

(Credit to  Prof. Khatarine  Hayhoe Canadian Atmospheric Scientist) 

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