Legambiente è una fra le più autorevoli e attive associazioni non profit italiane che si occupano di ambiente. Nata nel 1980 sulle lotte ambientaliste e antinucleari degli anni Settanta, conta oggi una sede centrale nazionale con un comitato scientifico formato da più di cento tecnici esperti, centri di azione giuridica con oltre duecento avvocati, 18 sedi regionali, un migliaio di gruppi locali, 115.000 tra soci e sostenitori.

Con l’ambizione di fondare ogni sua iniziativa su una solida base scientifica, Legambiente dimostra un’attenzione prioritaria ai problemi legati alla transizione ecologica, al degrado urbanistico delle città, al nesso tra economia e ambiente, alla politica delle aree naturali protette.

Chiara Martinelli è presidente dal 2015 di Legambiente Verona, ma anche componente della segreteria di Legambiente Veneto e dell’assemblea nazionale dei delegati. Interessata alle attività dell’associazione a salvaguardia della fortificazione veronese, grazie al servizio civile, ha iniziato a frequentare giovanissima la sezione locale.

Attraverso le attività del circolo, ha scoperto un mondo molto più complesso e affascinante, dove è possibile  coniugare paesaggio e monumenti cittadini con ecosistemi, cambiamento climatico, governance delle città, inquinamento.  

Presidente, da quando Legambiente è attiva a Verona? Come si caratterizza fra le associazioni ambientaliste?

Chiara Martinelli, presidente di Legambiente Verona

«Legambiente Verona è nata il 9 gennaio del 1983 con il contributo fondamentale del compianto Carlo Furlan. Da subito il circolo veronese si è caratterizzato per le azioni in tema di modelli energetici, come la lotta contro la creazione di una centrale nucleare a Legnago, di rischio industriale, di inquinamento delle acque e del suolo. Il circolo di Verona nei primi anni di attività ha organizzato la discesa dell’Adige in canoa per portare l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema dell’inquinamento dei fiumi. La città fu una delle prime del Veneto ad essere toccata dal Treno Verde.

Attualmente conta circa 250 associati e in provincia sono presenti altri 6 circoli. Tra i suoi  punti di forza c’è la rete di persone, rapporti umani, scambi di competenze, approfondimenti tematici e discussione sempre aperta sulle questioni ambientali ed ecologiche. Negli ultimi anni si sta portando avanti con successo un processo di rinnovo generazionale, pur restando ancorati alla solida storia associativa di cui fanno ancora parte decine di soci e collaboratori».

Come vi finanziate?

«Il circolo di Verona si finanzia con il tesseramento dei soci, partecipa a bandi di fondazioni locali o bandi regionali, sia come circolo che come rete regionale. Ha attive delle convenzioni con la pubblica amministrazione per specifici progetti». 

La vostra ambizione è “pensare globalmente, agire localmente”. Come la interpretate?

Volontari in azione durante una campagna Legambiente di Puliamo il mondo

«La scelta strategica di Legambiente nazionale di diventare sia un’associazione di contestazione sia di proposta fu accolta a Verona attraverso la valorizzazione dell’azione del volontariato nel recupero di beni culturali.

A metà anni Novanta si puntò sul progetto, tutt’ora attivo, di recupero e valorizzazione della fortificazione veronese, quella che sarebbe poi diventata il Parco delle mura di Verona. Pure il recupero di parti dei Bastioni lo si deve alla nostra associazione, che ha continuato a rivendicarne il ruolo di elemento pregiato del capitale culturale cittadino, opera d’arte diffusa e monumentale, troppo spesso sfregiata da usi impropri e dall’abbandono.

La Torre dei Lamberti, dopo anni di chiusura e abbandono, fu riaperta al pubblico dai volontari di Legambiente: quell’esperienza aprì le porte alla campagna nazionale Salvalarte». 

Tra le tante iniziative basate sull’ambientalismo scientifico forse le più famose sono Goletta Verde e Mal’aria: di cosa si tratta?

«Goletta Verde è una delle campagne di punta dell’associazione. Ogni anno un’imbarcazione con a bordo un equipaggio di Legambiente monitora le coste italiane puntando l’attenzione sulle criticità ambientali: dal consumo di suolo, all’inquinamento delle acque, alle varie tipologie di abusi. In parallelo, la Goletta dei laghi propone analoghe attività di monitoraggio sui laghi italiani. La campagna nazionale ebbe origine oltre trent’anni fa proprio sul Garda, per merito di Cecilia Dal Cero, allora presidente, che organizzò la prima campagna di monitoraggio delle acque, che allora si chiamava Cigno Azzurro.

Mal’Aria punta l’attenzione tutti gli anni sull’inquinamento atmosferico in Italia, facendo attività di monitoraggio, analisi dei dati e proposte alle amministrazioni pubbliche.

Non possiamo dimenticare le altre campagne, tra cui Puliamo il Mondo, che ogni anno raduna a settembre migliaia di persone in tutta Italia, che si mobilitano per raccogliere rifiuti abbandonati. A questo si affianca Ecosistema urbano, che in collaborazione con il Sole 24 Ore stila la classifica delle migliori e peggiori città italiane per performance ambientali, facendo una fotografia delle politiche ambientali messe in atto nelle città italiane.  

Dalle campagne nazionali si producono dossier, strumenti importanti per stimolare le politiche ambientali cittadine». 

Come valutate la situazione ambientale di Verona? Quale ritenete sia il tema ambientale prioritario?

«I temi ambientali si intersecano l’uno con l’altro ed è difficile selezionarne uno solo. La situazione di Verona è preoccupante. Dall’inquinamento atmosferico, ai rifiuti, al consumo di suolo i dati parlano di una città ferma da anni. Sulla gestione dei rifiuti urbani per esempio, in una regione virtuosa come il Veneto, dove Treviso supera l’87% di raccolta differenziata, Verona è fanalino di coda non riuscendo da anni a superare il 50%. Questo nonostante i termini di legge impongano un differenziazione minima del 65%.

Per la nuova amministrazione sarà una sfida ambiziosa raggiungere gli obiettivi del nuovo piano regionale dei rifiuti; per il Veneto ci si aspettano entro il 2030 percentuali di raccolta differenziata del 84% e una riduzione a 80 kg di rifiuto prodotto per abitante all’anno.

E sul fronte della mobilità?

«Sul tema mobilità Verona è sotto la media nazionale per tasso di motorizzazione con 63,38 auto ogni 100 abitanti. Le politiche sul trasporto pubblico locale (TPL) non hanno finora favorito l’uso di sistemi alternativi all’auto privata, alla quale i veronesi ricorrono per la stragrande maggioranza degli spostamenti anche brevi. Sappiamo inoltre che il traffico veicolare è, insieme al riscaldamento, la prima causa di emissioni inquinanti in atmosfera. Nella pianura Padana le emissioni di polveri sottili Pm10, Pm2.5 e di NOx sono causa migliaia di morti ogni anno. Una vera piaga.

Per la città è poi necessaria una pianificazione della infrastruttura verde che ampli il verde urbano, ricolleghi i parchi esistenti e sviluppi opere di rinaturalizzazione. I benefici sarebbero molteplici: dall’aumento di biodiversità grazie alla creazione di corridoi ecologici, alla mitigazione delle sempre più frequenti bolle di calore estive, all’assorbimento di eventi piovosi estremi, alla mitigazione dell’inquinamento atmosferico e alla cattura della CO2 da parte degli alberi.

L’estensione delle aree verdi deve andare di pari passo con l’azzeramento del consumo di suolo. Verona e la sua provincia, anche grazie ad una legge regionale che permette molte, troppe, deroghe, ha il triste primato di territorio tra i più cementificati d’Italia». 

Con l’amministrazione comunale avete avuto finora un rapporto dominato dalla diffidenza: cosa vi aspettate ora dall’amministrazione Tommasi?

«L’amministrazione passata ha avuto il grande difetto di non voler dialogare con chi non dava loro ragione, specie con le associazioni ambientaliste. Con l’ex assessora Ilaria Segala si era partiti speranzosi e quasi collaborativi, ma, alle prime rimostranze, i rapporti si sono presto raffreddati.

Da questa amministrazione ci aspettiamo ascolto, volontà di coinvolgimento dei cittadini. Attività non facile, ma basta copiare da altre città virtuose, basti guardare a Bologna.

Qualche richiesta: approvare subito il piano di gestione ambientale del parco dell’Adige, fatto già nel 2008 e sepolto nei cassetti dell’amministrazione comunale. A seguire, il piano di gestione del verde.

Poi chiediamo di investire sul sistema di gestione dei rifiuti, portando almeno la raccolta differenziata di Verona al 70% entro il quinquennio amministrativo. Avere inoltre come obiettivo il consumo di suolo Zero nel Pat (Piano di assetto del territorio) e il recupero delle aree dismesse.

A questo, uniamo la promozione di almeno una Cer, Comunità energetica rinnovabile, per circoscrizione e l’innalzamento degli obiettivi del Pums (Piano urbano mobilità sostenibile) oltre alla riconnessione della ciclabilità e il raddoppio delle isole pedonali». 

Fiduciosa sulla possibilità di effettuare la transizione ecologica della città?

«Credo che, seppur questa amministrazione si stia muovendo con lentezza e un po’ di incertezza, le premesse facciano ben sperare. Sì, sono fiduciosa, ma bisogna accelerare e creare maggior coordinamento tra assessorati e portatori di interesse». 

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