L’Argentina, “la fine del mondo”, come la chiamò Papa Bergoglio nel giorno della sua proclamazione sette anni fa, alle prese con il Coronavirus. Che poi l’Argentina, per noi italiani, non è così lontana, se dimentichiamo la distanza spaziale. Tutti sembrano avere “facce italiane”. Anche Borges diceva che per essere il Porteño (abitante di Buenos Aires) tipico gli mancava sangue italiano. Eh sì, perché se nel mondo dovessimo pensare a un luogo che sta nella stessa medaglia con l’Italia, l’altra faccia sarebbe proprio quella dell’Argentina. Non è difficile respirarvi un’aria domestica tra bandiere tricolore appese, cognomi, luoghi, piatti, monumenti che sanno di italianità o, come a me piace dire da tempo, di italicità. Come sta vivendo questa Nazione la lotta al Coronavirus? Lo abbiamo chiesto a due argentini di origine italiana: Daniel Antenucci (origini trentini e bergamaschi), vicerettore dell’Università di Mar del Plata e Alberto Becchi (origini emiliane), ingegnere e presidente di Proter (la rete di professionisti e tecnici di origine emiliano-romagnola in Argentina) e della Federazione Argentina dell’Emilia Romagna. Vivono a Mar del Plata, luogo dinamico, turistico, con una fortissima presenza italiana e italica: su 920.000 abitanti, circa 60.000 hanno cittadinanza italiana e se contiamo gli italici, coloro che hanno origini italiane raggiungiamo tranquillamente le 300.000 persone.

Una veduta aerea di Mar de la Plata

Mar del Plata è luogo di turismo balneare per eccellenza. D’estate la popolazione triplica: 3 milioni di persone, quasi tutti argentine. Un tempo era la Biarritz del Sudamerica, poi divenne sempre un po’ più come Rimini, per “colpa” dell’intensa urbanizzazione di massa conseguenza del turismo diffuso. Palazzi alti e ombrosi si alternano a curiosi ma bellissimi chalet in pietra, simili a quelli altoatesini combinati con un’architettura da college anglosassone, alla Harry Potter per dare un’idea. Il dato aggiornato al 22 aprile è di 3144 con 152 morti totali in Argentina. E adesso cosa succede? Cosa succederà? Antenucci e Becchi ci confermano che da alcuni giorni, ormai una decina non ci sono più casi di contagio. Ma la situazione è comunque tesa perché, dice Becchi: «Mar del Plata è considerata una città ad alto rischio, dove la quantità di persone di terza età è molto alta, 160.000 per essere precisi. Per questo il Comune ha attivato delle misure con anticipo anche rispetto a quelle del governo nazionale. Al momento si parla di 38 morti». Antenucci aggiunge: «Ma un’altra è la strada che sta prendendo sia la Provincia di Buenos Aires (grande una volta e mezzo l’Italia, nda) che la città di Buenos Aires, dove risiede la maggior parte della popolazione argentina e dove il virus si è più diffuso».

Alberto Becchi

E la grande comunità italiana come sta rispondendo alle misure prese?
Per Antenucci: «Non c’è differenza tra la grande comunità italiana e la società argentina in generale. La popolazione fino ad ora ha risposto alle misure prese dal Governo nazionale che includono la quarantena e le limitazioni lavorative a tutte le attività eccetto quelle vitali come la produzione e vendita di alimentari, comunicazioni e trasporti. Becchi conferma: «La risposta è assolutamente positiva. Si prende atto delle misure e già prima che il governo emanasse i suoi decreti, erano già state sospese tutte le attività di gruppo, assembramenti,
pranzi, teatri, spettacoli ecc.».

Come sta vivendo la comunità italiana quanto sta accadendo in Italia?
«La comunità italiana argentina supera il milione di cittadini con doppia cittadinanza – spiega Becchi –, se non consideriamo i discendenti che ancora non hanno potuto ottenerla (in questo caso si parla di oltre venti milioni di discendenti su una popolazione di 45 milioni, nda). La situazione viene vista con molta preoccupazione e angoscia più che altro perché ognuno ha dei parenti in Italia, con i quali quotidianamente parla o invia messaggi cercano di sapere cosa sta accadendo e come vivono la situazione. Alcune istituzioni, soprattutto a Buenos Aires, dove risiede la maggior quantità di italiani e di oriundi, stanno organizzando  raccolte fondi, gruppi di preghiera. Le video conferenze con persone dall’Italia sono continue e costanti. Nel caso particolare della nostra istituzione Proter, che appartiene alla regione Emilia Romagna stiamo collaborando con le istituzioni della regione stessa in vari progetti, sperando che tutto questo finisca presto.» «L’attenzione verso l’Italia è molto forte in tutta la società argentina – riprende Antenucci –, proprio perché gran parte di essa è di origine italiana. Possiamo dire che nella grande comunità italiana, l’interesse e la preoccupazione su quello che sta capitando in Italia sono ancora più forti e continue rispetto a quello che capita proprio in Argentina.»

Un angolo di Mar de la Plata

L’emergenza sta colpendo tutto il mondo dell’istruzione, le Università. Antenucci, dal suo ruolo di vicerettore come si sta riorganizzando l’Università di Mar del Plata?
«La situazione non è diversa da quella che portano avanti le altre strutture educative. In generale si è passati da una modalità in presenza a una virtuale in tutte quelle materie che rendono tale cambiamento possibile. Molto più difficile è in quelle aree in cui è necessaria la presenza, per esempio nei settori di sperimentazione o nelle pratiche docenti. Dall’altra parte la ricerca nell’ambito dell’Università dà importanti apporti alla lotta contro il Covid 19.»

Quale futuro intravedete dopo che tutto questo sarà passato per l’Argentina? E ci saranno spazi maggiori per intensificare le relazioni fra Italia e Argentina?
«In Argentina siamo molti fiduciosi sul fatto che le misure prese andranno bene soprattutto per gli aspetti sanitari. La preoccupazione è invece per la crisi che verrà, prodotto dall’ isolamento e dalla poca attività in tutti quei settori che muovono l’economia e la produzione. Gli esperti cominciano a parlare di una crisi significativa. Speriamo, anche con fede, che da questo si possa trarre un’opportunità. Riguardo ai rapporti tra Argentina e Italia, è difficile sapere come i due Paesi usciranno  da questa situazione. Tra loro  esiste una relazione molto stretta, che sicuramente dovrà essere un vantaggio per entrambi. Sta a noi, che viviamo ambedue le realtà pensare a come mettere in moto il concetto di complementarietà, usufruendo delle caratteristiche particolari di ognuno per posizionarsi nel mercato mondiale come partner. Gli italiani nel mondo, purtroppo, sono stati una risorsa non sempre ben utilizzata. Pero sono fiducioso che da tutto questo possa nascere qualcosa di buono per entrambi i Paesi.»

Daniel Antenucci

Per Antenucci «la pandemia passerà, ma resta il senso di debolezza delle strutture sanitarie e di quelle risorse in grado di far riprendere il sistema economico. Questi saranno temi di preoccupazione, ma anche di ricerca scientifica e filosofica in tutto il mondo. La forte influenza della italicità nell’identità della società argentina deve essere una grande opportunità per esplorare nuove vie di interazione fra i nostri Paesi, le nostre industrie, le aziende. Bisogna trovare sinergie su piani e attività diversi
fra Argentina e Italia, approfittando della grande comunità italica della stessa società argentina».

Svegliati dalla “semplice” curiosità di sapere che Messi, Zanetti o Papa Bergoglio hanno origini italiane, facciamo un passo avanti. Abbiamo compreso che questa relazione può essere qualcosa di più: una grande risorsa anche per una ripresa economica dell’Italia e dell’Argentina stessa.