Eletto nella lista Damiano Tommasi, è risultato il secondo più votato, dopo la vicepresidente del Consiglio comunale Veronica Atitsogbe. Jacopo Buffolo è stato nominato assessore alle Politiche giovanili e di partecipazione, Pari opportunità, Innovazione e sembra non perdere tempo su proporre un cambiamento nella città di Verona.

Assessore Buffolo, scorrendo la pagina web ufficiale del suo assessorato, l’impressione è che le attività siano sostanzialmente ferme al periodo pre-pandemia. Come pensa di rivitalizzare un settore, quello delle politiche giovanili, che anche a livello politico a Verona non è mai stato particolarmente incisivo?

«Condivido l’impressione. Durante questi anni i giovani sono stati poco ascoltati e non sono state messe al centro dalle amministrazioni politiche attive. La nostra intenzione è quella di sviluppare una serie di attività non tanto “per” i giovani quanto “con” i giovani, partendo da processi di ascolto e dai punti del programma 18-30 che abbiamo strutturato. Tema centrale che sento emergere è quello degli spazi: mancano luoghi di aggregazione pubblici, fruibili e adeguati alle esigenze della comunità. Il primo passo sarà quello di costruire momenti di ascolto e incontro a partire dalle realtà organizzate perchè solo facendo rete tra tutte le realtà giovanili possiamo valorizzare quanto di attivo esiste nella città.»

Uno scatto insieme a Veronica Atitsogbe. Foto dalla pagina Facebook di Jacopo Buffolo

Nelle scorse settimane Verona è balzata agli onori della cronaca nazionale per le 16 ordinanze di misure cautelari emesse dal Gip del Tribunale di Verona nei confronti di giovani appartenenti a una baby gang e ritenuti responsabili, a vario titolo, di reati che vanno dall’associazione a delinquere alla rapina, furto aggravato, ricettazione, danneggiamento, estorsione, violenza privata, lesioni. Un quadro decisamente impressionante di un fenomeno ormai ampiamente diffuso, non solo a Verona. Cosa pensa possa e debba fare il suo assessorato, di fronte ad un vulnus culturale e sociale di questa portata?

«Non mi piace parlare di “baby gang”, credo che il termine utilizzato sia inappropriato. Alcuni quartieri della città sono stati raccontati al limite del “far west” ed essendo cresciuto in Borgo Roma vedo una realtà diversa: credo che nella città ci siano sicuramente degli spazi in cui si percepisce un disagio, ma sono anche convinto che la pandemia abbia esacerbato situazioni già precarie, che per molto tempo non sono state ascoltate e hanno fatto sì che molti giovani si trovassero senza opportunità, incapaci di fronteggiare la noia. Sono i reati a dover essere “condannati”, non i giovani. Quello che bisogna capire è che prevenire è meglio che punire. Come dicevo prima: mancano spazi fruibili e centri di aggregazione che permettano ai più giovani di avere l’opportunità di stare insieme e che siano punti di riferimento. Quando parlo di spazio non lo intendo solo come un luogo fisico; dietro a questo ci deve essere una struttura, un investimento, una progettazione che permetta di vivere esperienze significative. Rispetto al dibattito sulla permanenza in carcere, credo che ci sia una riflessione profonda da fare. Le carceri italiane non sono in questo momento adatte ad ospitare persone, in particolare giovani e donne, che avrebbero bisogno di sostegno preventivo, non di abbandono e percorsi che non lasciano spazio a sfumature di grigio di crescita e cambio di atteggiamento, pentimento. Non si tratta di una questione di inadeguatezza, per esempio, delle famiglie di provenienza, ma di mancanza di strumenti per evitare che alcuni episodi accadano.»

Lei ha anche le deleghe alle Pari opportunità e all’Innovazione: come intende sviluppare questi ambiti?

«La particolarità più interessante delle deleghe che mi sono state assegnate è che sono molto trasversali nel lavoro di amministrazione, e credo che questo aiuterà a lavorare in sinergia con i colleghi. Insieme possiamo abbattere tutte quelle barriere sociali e culturali che in qualche modo sono state imposte. È un lavoro che deve comprendere l’ascolto delle associazioni e partire da lì. Sul fronte dell’innovazione, ci troviamo davanti a due grandi sfide: innovare digitalizzando numerosi processi dell’amministrazione pubblica e rendere accessibile una serie di informazioni, ma anche rinnovare la partecipazione in modo che cittadini e cittadine non siano solo fruitori ma “co-responsabili”. Credo che oggi più che mai ci sia la capacità e la volontà di immaginarsi strumenti per prendersi cura dei luoghi e dei beni comuni.»

A livello politico lei ha avuto esperienze significative anche fuori Verona, per esempio nel 2020 ha lavorato alla campagna elettorale del governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che vinse quelle elezioni. Cosa porterà delle sue esperienze in altri contesti nel suo operato da assessore a Verona?

«Sicuramente ho tante esperienze che mi hanno permesso di vedere e comprendere diverse soluzioni a problemi quotidiani sul fronte politico, e l’aver visto come altri si sono adoperati in questo è di grande stimolo per creare nuove visioni. Quello che più ho imparato nel mio percorso, soprattutto nell’associazionismo, è che ci sono molte persone che hanno voglia di partecipare, ma ciò che manca sono le opportunità e gli strumenti. Ho sempre preso parte a queste attività perché ci credevo e ci credo: in questi percorsi ho dato tanto e ho ricevuto di più. Nella campagna del gruppo che si è creato intorno alla Rete di Damiano Tommasi ho rivisto quel clima e quella visione, e credo sia necessario portarlo a più persone possibili, partendo dal coinvolgimento e dal riconoscimento del valore che ognuno può avere nell’essere cittadino attivo.»

Di recente lo scrittore Erri De Luca, ospite in una trasmissione tv, ha detto: “Siamo in una fase di trasformazione dei sintomi del pianeta, il pianeta sta mostrando sintomi di indolenzimento, sotto l’oppressione della nostra attività umana. E però, a fronte di questo, non c’è alcuna consapevolezza ufficiale, e credo che questo dipenda dal fatto che viviamo in una gerontocrazia. È un mondo governato da vecchi. Quello che provo in vista delle prossime elezioni è un disagio che non ho mai provato prima, dovuto al fatto di dovermi intromettere nel futuro della gioventù con il mio voto. Con il mio voto posso permettermi di decidere su un futuro che non mi spetta, ma che spetta a loro, ai giovani. Non posso far sì che sia dato il diritto di voto ai quindicenni, non posso far sì che il voto di un diciottenne valga quattro volte il mio, non posso far sì che i partiti mettano nelle liste elettorali dei ventenni. E allora, mi devo astenere”. Buffolo, lei è il più giovane assessore del comune di Verona: ha ragione Erri De Luca, viviamo in una gerontocrazia? E con quali conseguenze a suo parere?

«Con Erri De Luca diversi anni fa presentammo un libro ad un evento: “Se i delfini venissero in aiuto”. Ecco, in questa situazione non credo arriveranno aiuti esterni. La nostra generazione si trova davanti a sfide nuove e imponenti: siamo in piena emergenza climatica, alle porte dell’Europa si sta consumando una guerra, viviamo quotidiane crisi sociali, per la prima volta siamo una generazione numericamente inferiore rispetto alle precedenti, e da un certo punto di vista con minori possibilità. Questo ha fatto si che negli ultimi decenni ci sia stata molta più difficoltà nel far emergere le nostre priorità, le nostre soluzioni e il nostro modo di fare politica uscendo da schemi preimpostati che ci hanno condotti fino a qui. Le prossime elezioni poi ci pongono davanti ad un’incognita sulla capacità dei partiti di rappresentare la nostra generazione, perché non sempre vengono espresse candidature capaci di portare avanti davvero alcune rivendicazioni imprescindibili. Da un lato vedo la destra che per i giovani propone soluzioni orwelliane (ad esempio l’imposizione nell’accettare qualsiasi lavoro, a prescindere dalle proprie capacità, inclinazioni, passioni), dall’altra però vedo troppa timidezza nel dare lo spazio necessario e “passare il testimone”. A Verona Damiano Tommasi ha riposto molta fiducia sulle nuove generazioni, quindi penso che il nostro modello possa essere utile ad avviare una riflessione su come si creano liste e candidature. Il nostro modello si basa sul lasciare spazio, anche perché ci sono moltissimi giovani con voglia di fare. Il tema non è mandare avanti i giovani “perché giovani”, ma puntare sull’apporto che possono dare e sulle competenze che si possono mettere in campo.»

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