“La fatica. Nessuno ci pensa, alla fatica”. Così inizia Alfonsina e la strada, il romanzo di Simona Baldelli, edito da Sellerio nel 2021, e presentato lo scorso mercoledì a Sant’Ambrogio di Valpolicella in occasione del Venerdì d’Autore, l’evento organizzato dall’Associazione Botta&Risposta e dal Club delle Accanite Lettrici e Accaniti Lettori.

Alfonsina la conosceva molto bene, la fatica. Quella stessa fatica che l’ha portata con tenacia, e testardaggine a volte, a partecipare come prima donna al Giro d’Italia nel 1924, sfidando il maschilismo sportivo.
Sfidando se stessa e i suoi limiti, ricordando al mondo che esistono fin dove noi immaginiamo ci siano, fin dove noi ci ostiniamo a vederli, poco prima di superarli.

La grazia della sfida

Baldelli, in finale nel 2012 al Premio Calvino con Evelina e le fate, con cui ha vinto il premio letterario John Fante, non solo è autrice di romanzi, ma è anche regista e drammaturga. Con Sellerio nel 2019 ha pubblicato anche Vicolo dell’Immaginario. La “sua” Alfonsina descritta nel romanzo è una donna straordinariamente risoluta, conscia dei propri limiti e di come superarli, con esercizio e determinazione.

La scrittrice Simona Baldelli alla presentazione del libro su Alfonsina Strada a Sant’Ambrogio di Valpolicella,

Una donna che ha sfidato sì il maschilismo sportivo, ma con grazia, con quel sano tocco di arroganza di chi non permette a niente e nessuno di ostacolarla. Di chi vuole anche scardinare l’idea che una donna possa essere molto più di una moglie, di una madre.

Alfonsa Maria Rosa, diventata Strada con il matrimonio con il marito Luigi, si è fatta da sé, assieme ai suoi traguardi, la sua storia, la sua rivincita verso una vita che le ha mostrato fin da subito la facciata più dura e crudele. Una famiglia numerosa ma povera, e un susseguirsi di bambini presi in affido – i “morticini” – per cercare di arrivare in fondo al mese grazie al sussidio. Alfonsina quei bambini li vedrà sfilare uno dopo l’altro dentro casa. Qualcuno resterà per qualche settimana, qualcuno qualche mese, qualcuno verrà rispedito al brefotrofio, e qualcuno non ce la farà.

Dalla prima bici al Giro d’Italia

Alfonsina, in qualche modo, corre anche per loro. Quando riuscirà ad ottenere la sua prima bicicletta, le sembrerà che il mondo si sia fatto improvvisamente più piccolo, facilmente raggiungibile, ma non senza ostacoli, non senza quella fatica che a lei sembra costare il doppio ogni volta per raggiungere l’obiettivo.

Con il numero 72, Alfonsina Strada partecipa al Giro d’Italia. Centootto iscritti, presenti solo novanta. Tremilaseicentrotredici chilometri, dodici tappe, un giorno di riposo tra una tappa e l’altra. Durante la gara, Alfonsina penserà più volte di mollare, di arrendersi, di salire sul primo treno e tornarsene a casa. Una serie di fortunati eventi, un capotreno irriverente che non la farà salire sul treno, la determinazione di chi ha qualcosa da dimostrare, soprattutto a se stessa, l’audacia che l’aveva spinta fino a lì, la portarono ad arrivare in cima.

Tanti i trofei vinti, alcuni andati perduti dopo la morte del marito in seguito a un paio di furti. Alfonsina sognava la luna, quando il 13 settembre 1959 la sonda spaziale russa Luna 2 venne lanciata nello spazio, dopo che Luna 1 a gennaio aveva mancato il satellite. E ascoltando la notizia in radio e in tv, mentre si preparava per uscire, non poteva fare a meno di pensare a quanta strada avrebbe dovuto fare per arrivare sulla luna in bici. “La ex regina della pedivella, così veniva chiamata sui giornali nelle poche occasioni in cui la nominavano.
Ex un corno, pensò”.

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