Se nelle ultime settimane diversi commentatori si sono trovati d’accordo nel definire molto noiosa la campagna elettorale per le elezioni politiche tedesche, la fase che segue il voto potrebbe essere invece alquanto tesa e ricca di sorprese.

I risultati rispecchiano a grandi linee i sondaggi e fanno sì che, per la prima volta nella storia delle Repubblica federale tedesca, vi siano tre maggioranze, ovvero coalizioni di governo possibili. Da un mero punto di vista aritmetico ne sarebbe possibile anche una quarta, una maggioranza nettamente spostata destra con l’Union – cioè CDU/CSU – più FDP e AfD. Ma, come è noto, nessun partito vuole collaborare con la Alternative für Deutschland.

La debacle della CDU

Ma vediamo prima di tutto l’esito delle elezioni. Come previsto, la SPD con il suo candidato Olaf Scholz, è risultata il primo partito, con il 25,7 % dei voti, ma con un vantaggio relativamente ridotto rispetto alla Union, con Armin Laschet, che ha raccolto il 24,1%. Queste percentuali cominciano a parlare, se le si confrontano con i risultati delle scorse elezioni.

Nel 2017, con Angela Merkel cancelliera, la CDU/CSU era al 32,9 % ed era il primo partito; la SPD era seconda al 20,5 %. L’Union ha cioè perso quasi il 9%, e ha ottenuto il risultato peggiore della sua storia, la SPD ha invece recuperato oltre il 5% ed effettuato il sorpasso.

La sconfitta dell’Union appare ancora più clamorosa se si confrontano i risultati con le intenzioni di voto di sei mesi fa. A fine febbraio l’Union era ancora intorno al 35% e la SPD stagnava al 16%.

Armin Laschet, candidato della Union CDU-CSU, raccoglie un deludente 24,1%. Foto Flickr.

La spiegazione corrente di questa debacle recita come segue: la SPD ha scelto per tempo il suo candidato al cancellierato, impostando una campagna elettorale coerentemente basata su lui e contenuti tipicamente socialdemocratici (riassumibili nella lotta alla crescente disuguaglianza economica). L’Union ha puntato Armin Laschet come candidato tardi e con poca convinzione, ha condotto una campagna maldestra e priva di contenuti e, soprattutto Laschet si è rivelato, per diversi motivi, inadeguato. Nelle rilevazioni demoscopiche del Politbarometer (ZDF e Istituto Forsa) la curva del gradimento di Laschet si abbassa repentinamente a partire da luglio e simmetricamente si innalza quella di Scholz.

Nel sondaggio del 17 settembre, a ridosso quindi delle elezioni, al 67% dei tedeschi Olaf Scholz appariva in grado di essere un buon cancelliere, mentre solo il 29% preferiva Laschet: un valore che si commenta da sé.

Alternative für Deutschland resta all’opposizione

Sarebbe tuttavia affrettato e superficiale dare tutta la colpa di questa pesante sconfitta solo ad Armin Laschet. Che si tratti infatti di una sconfitta di tutto il partito, a cui non sono estranee alcune scelte politiche di Angela Merkel, lo suggeriscono diversi dati. Prima di tutto le elezioni in due Länder, la capitale Berlino e il Mecklemburg-Vorpommern, svoltesi contemporaneamente a quelle per il Bundestag che hanno visto due nette vittorie dei socialdemocratici e altrettanti crolli della CDU. Ma anche la CSU in Baviera ha fatto registrare il suo peggior risultato di sempre e le perdite di CDU/CSU si distribuiscono piuttosto omogeneamente su tutto il territorio tedesco ed in tutte le fasce di età.

Per passare ai possibili sviluppi della situazione, bisogna considerare i risultati degli altri partiti che sono entrati nel Bundestag. L’AfD ha perso quasi il 2,3% attestandosi al 10,3 e rimarrà all’opposizione. Un dato interessante è tuttavia che l’AfD abbia la maggioranza relativa nei collegi elettorali di Sassonia e Turingia, dove prevale l’ala più estrema del partito. A fronte dell’insuccesso nelle altre zone, in particolare nella Germania meridionale ed occidentale, dove invece nel partito prevalgono orientamenti conservatori, queste elezioni potrebbero dare una forte spinta alla regionalizzazione ed alla radicalizzazione del partito.

Nessuna Grande coalizione all’orizzonte

Al polo opposto, Die Linke ha perso oltre la metà dei voti ed è entrata per il rotto della cuffia in Parlamento. Ciò comporta che non c’è una maggioranza per una coalizione di sinistra (Verdi, SPD e Linke). Oltre a un’improbabile riedizione della “Grande coalizione”, appaiono dunque praticabili solo due coalizioni, tutte e due con la partecipazione di Verdi e liberali (FDP) che hanno riportato buoni successi elettorali. La FDP sale ma di poco (arriva all’11,5% dal 10,7%) mentre i Verdi passano dall’8,9% del 2017 al 14,8, una chiara avanzata che però rimane molto al di sotto delle aspettative del partito, che ha presentato una propria candidata al cancellierato Annalena Baerbock, e che, all’inizio dell’estate puntava almeno al 25%.

Annalena Baerbock, candidata dei Verdi, in ascesa rispetto alle elezioni del 2017. Foto Flickr.

Sulla carta pare ovvio che i tre partiti usciti vincitori dai seggi (SPD, Verdi e FDP) siano destinati a formare la prossima coalizione di governo sotto la guida di Olaf Scholz. Ma la situazione è più complessa, soprattutto perché i programmi di SPD e FDP appaiono incompatibili.

La SPD vuole alzare il livello del salario minimo, tassare i ricchi e mettere da parte per qualche anno l’obiettivo del pareggio di bilancio. Sono tutte idee che fanno letteralmente vedere rosso alla FPD, ancorata su classiche posizioni neoliberiste (meno tasse, più rigore finanziario, meno Stato e più mercato). Inoltre il suo leader, Christian Lindner, non fa mistero di voler diventare ministro della Finanze.

Sono già cominciati i presondaggi che hanno riservato una prima sorpresa: i leader die FDP e Verdi hanno avuto un incontro a quattro e paiono decisi a fare blocco, ovvero a confezionare un pacchetto di proposte da presentare poi sia ad SPD che a CDU, con cui la FDP ha molte più affinità e con cui i Verdi sono già al governo in alcuni Länder. Si prospetta insomma un gioco in cui sono i partiti minori a dettare le condizioni ai due partiti maggiori, per tentare di vedere chi tra CDU/CSU ed SPD offre di più.

Tuttavia pare poco probabile che una Union fortemente indebolita, ed in cui è già iniziata la resa dei conti post-elettorale, sia un partner affidabile per la formazione di un governo. Pare poi inverosimile che Armin Laschet, contro cui ha votato chiaramente la stragrande maggioranza dei tedeschi, possa diventare cancelliere e soprattutto avere l’autorevolezza necessaria. L’incertezza regna quindi sovrana e nonostante la chiara vittoria ed il favore dell’opinione pubblica, Olaf Scholz, prima di poter diventare il nuovo cancelliere della Repubblica federale, dovrà sudare le proverbiali sette camicie.

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