Tra le novità del nuovo Codice della strada, in corso di approvazione alla Camera dei Deputati presso la Commissione Trasporti, è prevista anche l’introduzione del “controsenso ciclabile”. Per il popolo delle due ruote ciò significa poter circolare nei centri abitati nel senso opposto a quello di marcia, ma solo laddove esista un limite di velocità pari a 30 km/h. Ciò significherebbe la possibilità per le biciclette di andare nell’altro senso, senza avere nella fattispecie una corsia dedicata. In altri Paesi europei, “ciclisticamente” più avanzati del nostro, è già così da tempo.

La nuova norma ha fatto emergere opinioni contrastanti. Secondo alcuni si tratta di un’innovazione in grado di incentivare l’uso delle due ruote e garantire un deciso miglioramento nei volumi di traffico. Secondo altri, invece, questa nuova regola nasconde maggiori rischi legati agli “incontri ravvicinati” tra auto e cicli.

L’opinione espressa da Corrado Marastoni, presidente della sezione veronese della F.I.A.B. (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) è molto chiara. «La norma in questione – racconta il presidente – ha molti vantaggi. Innanzitutto consente, come dimostrano anche le statistiche, la drastica diminuzione degli incidenti. Automobilisti e ciclisti, infatti, diventerebbero più prudenti al momento di incrociarsi per strada, come quando due persone si incrociano su un marciapiede. Ciò permetterebbe di “sfatare” anche l’idea che il popolo italiano sia indisciplinato. Credo che ben spiegata, ogni regola possa essere rispettata senza difficoltà.»
Il nuovo testo normativo prevede anche la creazione di una striscia di arresto in prossimità dei semafori, da riservare alle biciclette, nonché la possibilità per le stesse di transitare lungo le corsie preferenziali riservate a bus e taxi. Infine, la possibile obbligatorietà del casco. «Bene le prime due – dice – ma sicuramente più importante è la norma riguardante l’obbligatorietà del casco che se introdotta potrebbe rappresentare a mio parere un disincentivo all’uso della bicicletta. La scelta dell’uso del caschetto di protezione, infatti,  deve essere una decisione consapevole e non frutto di imposizione». Per alcuni la norma potrebbe essere ulteriormente migliorata con la creazione di nuove piste ciclabili. Anche qui il pensiero del Presidente è molto chiaro: «L’idea di nuove piste ciclabili è sicuramente apprezzabile. Tuttavia si tratta, almeno per la città di Verona, di una scelta di difficile applicazione. Troppo strette, infatti, le potenziali strade interessate per potervi inserire una zona riservata alle biciclette».

Il tema della costruzione di nuove piste ciclabili annovera tra i suoi più grandi sostenitori Ansel Davoli, già Consigliere Comunale sotto la prima giunta Tosi. «Da alcuni anni la città di Verona porta avanti lo sviluppo delle piste ciclabili. Si tratta, però, di piste che possono essere tracciate solamente al di fuori del centro storico. Esiste un parere del Ministero dei Trasporti del 2011 con il quale veniva data facoltà ai sindaci di consentire alle bici il transito in controsenso, ma solo in strade con una carreggiata pari almeno a 4,5 metri. Per una città come Verona, dove le strade del centro storico hanno una larghezza media pari a 3 metri, il parere non può purtroppo trovare alcuna applicazione.  In questi ultimi anni, comunque, il Comune di Verona è stato molto attivo in tal senso. La presenza di un budget importante, inoltre, credo possa consentire, poi, la futura creazione di nuove e magari ancora migliori piste.»

In conclusione, la nuova normativa intende “dare fiducia” ai ciclisti ai quali chiede, nel contempo, una maggiore responsabilità e prudenza nell’utilizzo delle opportunità ora concesse. Nella vicina Francia, sotto questo punto di vista, il cosiddetto “controsenso ciclabile” è già consolidato da tempo, come consolidata da tempo è anche la filosofia di aggiornare continuamente il codice della strada. In Italia siamo qualche passo indietro, ma forse – con questo aggiornamento – nemmeno poi così distanti.