Prosegue ormai senza più ostacoli, nel suo inesorabile percorso che assomiglia sempre più alla dittatura, il leader ungherese Viktor Orban. E lo fa ancora una volta nel modo più subdolo ed efficace allo stesso tempo, perché dopo aver di fatto azzerato ogni forma di dissidio interno, ora si appresta a compiere quello che a molti appare come il passo finale, quello che porterà anche all’eliminazione dell’ultimo giornale rimasto in terra magiara ancora in grado di realizzare inchieste e articoli considerati “scomodi” per il governo. Svolgendo, in quel modo, quel fondamentale ruolo di “cane da guardia” che la stampa ha e deve sempre avere nei confronti del potere, ovunque nel mondo.  Stiamo parlando di Index.hu, il sito di notizie più letto di Ungheria e che rischia in questi giorni di chiudere seriamente i battenti. O, il che forse è ancora peggio, di continuare la sua attività con prerogative completamente diverse rispetto a quanto fatto fino a oggi, modalità del tutto simili cioè a quelle che già caratterizzano il resto della stampa ungherese, ormai completamente asservita al potere di Orban.

Miklos Vaszily

Ma andiamo con ordine: Miklos Vaszily – uno degli uomini più ricchi del Paese mitteleuropeo, considerato molto vicino allo stesso leader ungherese e al partito di estrema destra Fidesz che lo sostiene – qualche mese fa ha acquistato le quote di maggioranza del gruppo che controlla pubblicità e introiti del sito. Una modalità, questa, già utilizzata da Orban e i suoi sodali che senza tanti clamori nel corso degli anni hanno – peraltro agendo sempre in maniera legale – di fatto estromesso tutti i principali editori che si sono dimostrati non allineati alle scelte del governo e che uno dopo l’altro sono stati messi nelle condizioni di non poter più operare sul mercato dell’informazione magiara. L’ultimo esempio è appunto quello di Index.hu che da quando ha a che fare con la nuova proprietà ha subito un’intollerabile escalation di pressioni e ingerenze – in alcuni casi portate avanti direttamente da esponenti di Fidesz, ma anche dello stesso Orban, che in puro “stile Trump” lo ha pubblicamente definito una “fabbrica di fake news”– volte ad ammorbidire e in qualche maniera persino censurare la voce del giornale, ormai ultimo baluardo rimasto per un’informazione scevra da compromessi. Tanto da far virare nelle scorse settimane, da “indipendente” a “in pericolo” il celebre “barometro della libertà” pubblicato quotidianamente dal sito sulla sua home page. Gesto, questo, che non è stato evidentemente ben digerito dalla stessa proprietà e che fondamentalmente è alla base del licenziamento del direttore Szabolcs Dull.

Una scelta, questa, che a sua volta ha provocato nei giorni scorsi le dimissioni in massa degli oltre 70 giornalisti che lavorano nella redazione del giornale e che nei giorni precedenti avevano chiesto a gran voce, ma invano, al presidente del board del giornale Lazslo Bodolai di ritirare il provvedimento contro Dull. A nulla, peraltro, sono valse anche le proteste di buona parte della cittadinanza della capitale ungherese: a migliaia si sono radunati in piazza contro questa decisione, che anche se non può essere direttamente riconducibile a Orban, appare come l’ennesimo atto liberticida da parte di un governo sempre più lontano dai principi democratici che un Paese appartenente all’Unione Europea dovrebbe considerare a dir poco scontati. E infatti se il sito di notizie chiuderà, come effettivamente appare probabile in questo momento, non rimarrà più in tutta l’Ungheria una sola voce in grado di essere critica nei confronti del governo, raggiungendo di fatto una situazione simile a quella che caratterizza molte dittature del passato e pure del presente.

La redazione di Index.hu (fonte Index)

Un vero e proprio attacco alla democrazia, insomma, in un momento in cui paradossalmente le istituzioni europee si compattano e chiedono proprio all’Ungheria (ma in generale a tutti gli aderenti all’Unione) un sempre maggior rispetto delle libertà riconosciute dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e ai dettami inseriti nei documenti costitutivi del sodalizio continentale.