L’estate entra nel vivo, il Covid sembra ritrarsi in disparte, forse è il momento anche per la cultura di ritornare accessibile come i ristoranti, i centri commerciali, le spiagge. Proviamo allora a dare uno sguardo alla condizione dei luoghi che dovrebbero ospitare la cultura veronese e che dovevano essere il fiore all’occhiello per la candidatura di Verona a Capitale della Cultura 2022.

Sono già passati quasi vent’anni da quel 2002, anno in cui venne terminato il costoso ma ambiziosissimo masterplan del progetto di rilancio del polo culturale/museale della città. Un piano in cui l’Arsenale sarebbe stato valorizzato come nuova sede del Museo di Storia naturale, della Città dei bambini e di alcune collezioni del Museo di Castelvecchio. Finita nel cassetto l’ambizione a causa dei costi, di progetto in progetto, passando per l’amministrazione Tosi – che aveva ovviamente ventilato la possibilità di trasformarlo nell’ennesimo centro commerciale – le chiacchiere si sono accumulate come tristi gusci di cicala nella prima belletta di Novembre e, intanto, le condizioni sono quelle che vedete nelle immagini scattate qualche giorno fa. Ed ora a che punto stiamo con la Rivoluzione? C’è il mercatino chilometro zero, il parco per i cani (ma non per i bambini), ci sono i depositi del museo di storia naturale che nel frattempo cambiano colore (vi ricordate il “giallo delle selci blu” del 2016?), due padiglioni con la recente Fiera del disco, ci sono recinzioni provvisorie, tetti che cadono ed erba alta. Uno scenario post apocalittico.

Castel San Pietro – l’orrido parallelepipedo installato a dominare la città dagli austriaci per rammentare agli ex cittadini della Serenissima chi comandava – nel frattempo è passato alla Fondazione Cariverona (è rimasto qualcosa di valore a Verona che non sia delle banche?). Questa struttura è sempre stata al centro dei progetti legati alla cultura anche se, nel 1983, tra scelta alberghiera e museale si decise la seconda, nonostante la prima fosse sostenuta dalla Commissione consiliare bilancio e urbanistica (!).

Il Piano Folin, presentato nel 2018, prevedeva che questo divenisse punto d’arrivo di un percorso culturale e museale. Certo, non era proprio la priorità del piano che prometteva ben altri spunti lirici e prospettive concrete. Dopo il no secco di Confcommercio Verona e Federalberghi (marzo 2021) al mega hotel 5 stelle e la sorprendente trasformazione di Verona da città dell’Amore e del lusso in città della “mutanda e del fritto”, non ci sarebbe da stupirsi se potesse persino tornare in discussione anche il senso del museo di Castel San Pietro. Un lavoro, quello sull’ex fortezza austriaca, impegnativo, in quanto si trattava non solo di adeguare alle nuove necessità la struttura ma anche di recuperare elementi importanti come la cisterna. Neanche a dirlo, il cantiere è ancora aperto: “colpa del Covid”, si dirà, sennonché il termine della conclusione del cantiere è nero su bianco indicato al 27 luglio 2018, anno la cui principale sciagura è stata il royal wedding tra Harry e Meghan.

Sulla questione biblioteche: quella di Castelvecchio, da tempo, dispone di pochissimi posti. La biblioteca specialistica del Museo di Storia Naturale, a luglio 2020, non era accessibile; a giugno 2021 nemmeno rispondono alle mail di richiesta di accesso (o almeno alle mie). Abbiamo scritto qualche tempo fa sulle difficoltà della Biblioteca Civica, che soffre una riduzione delle postazioni di studio per le norme anti-Covid e per dei lavori (necessari) che incideranno in modo molto sensibile sulla sua fruibilità.

Per carità, il fascino del cantiere non si discute, è pur sempre la rappresentazione simbolica di una zona intermedia tra l’essere stato e l’essere poi, è un limbo in cui l’atto si dissolve e tutto rientra nel concetto aristotelico di potenza; il non decidere significa non scegliere una forma, rimanere liberi, vitali e, quindi, eternamente giovani. Ma, alla lunga, per essere presi sul serio, bisogna crescere e decidere cosa essere: al momento siamo poca cosa, altro che sogni di gloria da “capitale della cultura”.

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