«Era inciampata nella vita, rotolando giù e portandosi addosso ogni granello di fango. Un fango che era diventato creta e si era modellato attorno a lei, restituendola al mondo per come adesso era. Sistemò la frangia sulla fronte. Quante ne aveva passate.»
Ritroviamo così una fragile Teresa Battaglia, la commissaria fuori dall’ordinario creata dalla penna della talentuosa scrittrice friulana Ilaria Tuti.

Luce della notte – pubblicato a gennaio 2021 – ci consegna una nuova indagine per Teresa, che abbiamo imparato a conoscere con i due precedenti romanzi, editi sempre da Loganesi Fiori sopra l’inferno (2018) e Ninfa Dormiente (2019). 

Teresa è un personaggio lontano dalla figura di donna brillante, giovane, grintosa. Tutt’altro che perfetta. Una sessantenne con capelli rossastri, malata di diabete, impacciata nei movimenti, con il suo indispensabile quaderno segna appunti che la aiuta per la sua memoria zoppicante a causa di una progressiva patologia.
Una donna realmente imperfetta, quindi, e pertanto estremamente credibile, uno specchio del concreto, amatissima dal pubblico proprio per questo.


Il romanzo inizia con un sogno che una bimba, Chiara, fa continuamente. Un sogno terribile che la madre della piccola trova tanto sospetto da chiamare la commissaria perché parli con la bambina e verifichi se invece non sia la proiezione della realtà.

Teresa da subito si affeziona alla fragile Chiara, che, a causa di una malattia genetica, non può stare alla luce e vive solo di notte. Questo legame la porterà a investigare svisceratamente e senza tregua fino al punto di arrivare a una verità insospettabile.

Luce della notte è un romanzo molto diverso dai precedenti non solo perché più corto rispetto agli altri – un lungo racconto più che un tipico testo dell’autrice – ma anche perché l’aspetto del thriller viene ridimensionato per dar posto alle affinità umane, alle relazioni, ai legami, all’amore, alla compassione.

Per quanto riguarda i personaggi, il lettore trova in questo libro una mirabile narrazione del rapporto tra Teresa e il suo fidato collaboratore, il giovane e scapestrato ispettore Massimo Marini. Il loro rapporto, oltre che professionale, è amichevole, forte e intenso, tanto da trasformarsi in qualcosa di indispensabile per entrambi, quasi una relazione tra madre e figlio.

Altro bellissimo personaggio che l’autrice descrive in modo estremamente coinvolgente è la piccola Chiara, la bambina malata, il fulcro da cui parte il racconto. Chiara è delineata dalla Tuti con grande compassione e dolcezza senza mai cadere in un inutile vittimismo.

La storia è un giallo che non ha particolari colpi di scena anche se risulta perfettamente orchestrata in merito al susseguirsi delle vicende.
La scrittrice con una grande maestria riesce a incastrare a pennello gli avvenimenti tanto da rendere il romanzo particolarmente appassionante e avvincente.
Non si può, tuttavia, non dare anche il giusto onore alla sublime bellezza della scrittura di Ilaria Tuti, una garanzia inossidabile. Lo stile narrativo è sempre capace di differenziarsi per la sua immensa poesia, ricca di dettagli e particolari che non tolgono delicatezza al racconto ma arricchiscono la narrazione senza appesantirlo.

Il libro – i cui introiti sono destinati a scopo benefico – è dedicato Sarah, la nipote dell’autrice, scomparsa prematuramente a causa di una grave patologia: «È la seconda volta nella mia vita che la scrittura mi viene incontro come una rinascita – spiega Tuti –, ma sentivo che non doveva esserlo solo per me, volevo che fosse al servizio di chi quella strada, durissima, la sta percorrendo o la percorrerà: i miei proventi relativi a questo libro saranno devoluti al Centro di riferimento oncologico di Aviano, a favore della ricerca sul sarcoma di Ewing».

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