A pochi giorni dall’insediamento del nuovo Governo in Israele, quella che si vanta di essere la “unica democrazia del Medio Oriente” comincia a perdere la patina dorata e sta iniziando a mostrare il suo vero volto, quello spesso offuscato da tecnologia e armamenti.

Democrazia è qualcosa in più del potere al popolo di scegliere i suoi rappresentanti, non si ferma al mero esercizio del voto. Democrazia è un insieme di valori fondamentali e imprescindibili, fortemente minacciati da un Governo che più ideologicamente a destra non si era visto mai, nel Paese di Abramo.

Analizziamo brevemente alcune dichiarazioni pubbliche degli esponenti di Governo, solo nella prima settimana.

«Se a un dottore viene richiesto un trattamento contro la sua religione e c’è un altro dottore disponibile, il primo non sarà tenuto a provvedere»

Orit Strook, Ministro per i progetti nazionali

Israele è un Paese tollerante e inclusivo, che si è dotato da anni di una buona legge contro le discriminazioni di ogni tipo. Questa dichiarazione, legata alla proposta di riforma di tale legge, preoccupa molto la società civile per le migliaia di applicazioni che può avere un approccio così fondamentalista.

Per gli ultra-ortodossi, sono moltissimi i comportamenti sbagliati e contrari alla religione. Non ci sono limiti a cosa potrà colpire questa arbitrarietà nei rapporti con il prossimo, quando questi venga considerato un “inferiore” in base a rigide regole religiose. Sono inferiori le donne, sono inferiori gli omosessuali, sono inferiori i palestinesi.

Si potrà rifiutare di servire cibo, l’accesso a un servizio, un trasporto in taxi. Ma è difficile pensare che Strook scelga a caso la pratica medica, come esempio, e il pensiero corre subito al diritto all’aborto.

«Il Governo sta lavorando a una riforma radicale della giustizia che include la override clause e la pena di morte per i terroristi»

Yariv Levin, Ministro per la Giustizia

Al momento l’unico controllo (il famoso check and balance) esercitabile sui poteri legislativo ed esecutivo, storicamente sempre allineati, viene dalla Corte Suprema. La massima corte interviene ad abrogare le leggi che ritiene contrarie ai principi fondamentali di Israele, in un Paese che non si è mai dotato di una vera Costituzione.

Con la riforma in discussione basterà la maggioranza della Knesset (il Parlamento) a reintrodurre una norma precedentemente abrogata dalla Corte, forse ma non per forza con qualche modifica.

Alla faccia della separazione dei poteri, la coalizione avrà mano libera nel riscrivere i principi fondativi dello Stato d’Israele. E nessuno avrà il potere di fermare la deriva integralista.

«Il popolo ebreo ha diritto esclusivo e incontrovertibile a tutte le terre di Israele»

Benjamin Netanyahu, capo del Governo

Sembra un chiaro e forte addio alla “soluzione a due Stati”. Dopo anni passati a sostenerla soltanto a parole, per mantenere un’apparenza gradita agli USA, ecco che Bibi esce allo scoperto. Deve farlo perché solo rispettando gli accordi di coalizione potrà contare sul sostegno dei partiti pro-colonizzazione alla riforma della giustizia tesa a dargli immunità contro i numerosi procedimenti penali a suo carico.

Addio a qualsiasi, seppur minimo, diritto civile dei Palestinesi che vivono da secoli nella West Bank, destinati a sopravvivere come cittadini di serie B, in un regime che poco si discosta dall’apartheid sudafricana.

Per stare sul sicuro, Bibi ha dato l’incarico di polizia di confine al signore qui sotto, in passato al vertice di un’organizzazione nella lista nera del terrorismo.

«Gli ebrei anarchici sono una minaccia che va affrontata»

Itamar Ben-Gvir, Ministro per la Sicurezza nazionale

Non contento di potersi occupare personalmente della gestione dei Palestinesi che insistono a voler vivere la loro vita nella loro terra, Ben-Gvir rivolge la sua attenzione anche agli Ebrei che non gli somigliano abbastanza, che non ricalcano la sua idea ortodossa e li chiama “anarchici“.

La definizione non è nuova, la usa per gli Ebrei non ultra-ortodossi, ma specialmente a indicare quei pazzi che non temono e anzi difendono i diritti civili, gli Ebrei moderati e perfino le organizzazioni umanitarie.

Il ministro lavora apertamente a reintrodurre la segregazione tra generi, nel sistema scolastico, nei trasporti e agli eventi pubblici, così come previsto dal suo integralismo religioso. Considerati i compagni di coalizione, la legge passerà senza problemi.

Mancano solo i media, insomma…

Nessuna dichiarazione ma fatti concreti. Un giornalista, reo di un tweet in cui ha definito “legittimo” il fatto che gli attacchi palestinesi si rivolgano contro l’esercito israeliano, è stato prelevato, arrestato e interrogato per ore. Colpirne uno per educarne cento.

Bibi anni fa disse che «i media vanno suonati come un pianoforte» e sembra quindi logico attendersi una stretta sulla libertà di stampa, già visibile in azioni dimostrative come quella citata e che proseguirà con la prevista privatizzazione dei media ai suoi più fedeli amici.

La sottile linea tra una democrazia di facciata e un regime teocratico non sta in semplici (e frequenti) consultazioni elettorali, bensì nell’esistenza di diritti civili, di uguaglianza tra tutti i cittadini, di libertà di espressione e, poiché in questo Paese ce n’è uno un più, anche il diritto di sopra-vivere nella propria terra.

In fondo, come disse il compianto miliardario Adelson, nella Bibbia «non si parla di democrazia, non c’è alcun motivo perché Israele debba essere un Paese democratico».

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