Serie tv recentissime come Hunters, The plot Against America, The man in the high castle, Let’s kill Hitler (Doctor Who, ep. VIII) oppure film come Operazione Valchiria, Bastardi senza gloria, Operation finale, L’uomo dal cuore di ferro. La vita nascosta – Hidden life, Jojo rabbit ecc. dimostrano che la cultura americana e anglosassone, in pieno conflitto commerciale con la Cina e in perenne competizione tecnologica militare con la Russia dello zar Putin, ha come pensiero fisso la Germania nazista.

Con sfumature nuove, peraltro: in Hunters il sogno di vendetta sadico, in Tarantino e Doctor Who, invece, lo stravolgimento dei fatti storici in tono smargiasso mostrano il desiderio di scacciare un incubo che affascina, ben lontani dall’umanità eroica e dolente di un Schindler’s List, per capirci. Perché questo ciclico ritorno sugli schermi di un nemico sconfitto 75 anni fa? Non ci sono oggi abbastanza cattivi in giro?

Probabilmente una questione di debolezza dei nuovi stereotipi. Sarà che i terroristi islamici non sono così affascinanti (colore della pelle sbagliato per essere presi sul serio?) e mancano di un’ideologia forte (che poi è sempre stato il punto debole di tutti i cattivi cinematografici), i cinesi solo gang, racket e Kung fu, sarà perché i russi non sono più comunisti e sono oramai solo gangster che rapiscono le figlie dei protagonisti ma, evidentemente, grazie al cinema americano si può percepire ancora vivo il bisogno di una nuova vittoria catartica contro un degno rappresentante del male assoluto.

Un quadro ispirato a Indiana Jones

Ecco, dunque, perché mancano film con nazisti che non siano macchiette assetate di sangue (lontani dall’Hitler di Bruno Ganz in La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler, per esempio) o stolidi con manie di grandezza come negli Indiana Jones: il Nazismo nel cinema ha il ruolo dell’Impero Galattico di Star Wars e rappresentano l’incubo illiberale, lo Stato padrone delle libertà, del destino individuale, della censura contro la libertà di espressione e di stampa, da sempre ritenuti punti fermi dagli americani. Insomma, sempre per fare un paragone cinematografico, il riferimento sono i temuti Borg di Star trek, che assimilavano uomini e culture cancellandone l’individualità.

La trama dell’eroe (oggi tendenzialmente nerd) che combatte schegge impazzite o strutture (multinazionali o Stati) di potere occulte, tecnologiche e senza cuore è il prodotto cinematografico e seriale ordinario. Sembrerebbe, quindi, che questa reiterazione del tema e il successo commerciale dimostrino l’alta soglia di attenzione della cultura anglofona sui temi della libertà e dei diritti personali e, in ultima analisi, dell’umanità e, questo, ben oltre il tema Nazismo.

Sembrerebbe. Perché, di fatto, a questo non corrisponde un conseguente voto politico che, invece, premia chi persegue Assange e WikiLeaks o attua politiche di esclusione o rimpatrio di immigrati caratterizzati etnicamente; una tendenza che, peraltro, si riscontra anche in Europa, dove crescono i sentimenti popolari che incoraggiano la chiusura, l’autarchia e la competizione tra nazioni.

Curiosa contraddizione. O forse no. La possibile spiegazione potrebbe essere più semplice: il popolo americano, da tempo orfano di Nazismo e Comunismo, trova gran parte del suo senso nell’opposizione a un nemico, nell’emergenza contro il diverso, senza la quale fatica a mantenere un collante identitario forte e, nei momenti di pace, risulta così più difficile nascondere che, in molte prassi, si comporta in modo molto simile ai cosiddetti cattivi, specie nel rapportarsi con gli altri Stati o con le minoranze.

Il futuro distopico di The man in the high castle ispirato al libro di Philip K. Dick La svastica sul sole

Il ruolo del cinema, allora? In 1984 di Orwell ci sono “I due minuti d’odio”, riunioni “spontanee” dinanzi ad un teleschermo che proietta immagini del nemico supremo, scene di guerra e sequenze studiate per coinvolgere psicologicamente gli spettatori, accompagnate da suoni e rumori fastidiosi. Obiettivo: rinfocolare l’odio contro il nemico esterno (e interno, i non allineati) e, così, dichiararsi fieri schiavi del Grande Fratello. Mostrare chi sono i buoni e chi i cattivi. Insegnare il giusto e l’ingiusto. In breve: una spicciola Weltanschauung. C’è dunque una sottile vena ideologica e pedagogica nella produzione attuale, anche seriale?

“La cinematografia è l’arma più forte” diceva un tempo qualcuno. Rimaniamo ora in attesa di vedere se, con l’ascesa della Cina e il declino degli U.S.A., il cinema americano troverà il modo di strutturare una credibile epica contro il nemico orientale o se i nostri nipoti continueranno a vedere sconfitti e derisi nazisti che fanno kung fu.