La battaglia per contenere il cambiamento climatico è ormai perduta. Nel 2024 la temperatura media terrestre ha superato il limite di +1,5°C rispetto al periodo preindustriale, soglia stabilita come obiettivo chiave alla COP21 di Parigi nel 2015. Sebbene un singolo anno non sia sufficiente per trarre conclusioni definitive, e il Trattato di Parigi si riferisca a un “superamento di lungo periodo”, questo dato è un segnale preoccupante. Solo nei prossimi anni, forse nel 2035, si potrà certificare se il 2024 sia stato un caso isolato o l’inizio di un superamento consolidato. Ma è ben chiaro che questa speranza è solo una striminzita e impudica foglia di fico.

Il persistente aumento della concentrazione di CO2

L’aumento della temperatura globale è legato all’emissione di gas serra, in particolare dell’anidride carbonica (CO2). La concentrazione di CO2 in atmosfera è passata da circa 320 parti per milione nel 1960 a 420 nel 2024, senza segni di rallentamento. Contenere il cambiamento climatico richiede una drastica riduzione delle emissioni, ma questo obiettivo appare lontano.

Ristrutturare un’economia che dalla seconda rivoluzione industriale, ovvero dalla fine dell’Ottocento, è basata sui combustibili fossili – carbone, petrolio e gas naturale – è una sfida complessa. Sebbene la scienza abbia da tempo chiarito le cause dei problemi ambientali, manca un’azione decisa per prevenire disastri futuri. Le speranze nate con la COP1 di Berlino nel 1995 si sono progressivamente affievolite.

La COP21 di Parigi, nel 2015, aveva riacceso un cauto ottimismo, ma la COP29 di Baku, nel 2024, dominata dalle lobby dei combustibili fossili, si è rivelata deludente. Di anno in anno, gli impegni internazionali, anche finanziari per progetti di protezione ambientale, si sono fatti sempre più modesti, oltre che, in gran parte, disattesi o posticipati.

La sostenibilità della crescita economica

Gli allarmi sulla situazione critica dell’ambiente erano noti molto prima del 1995. Nel 1972 si svolse a Stoccolma la prima Conferenza mondiale sull’ambiente e, all’inizio dello stesso anno, venne pubblicato il rapporto del MIT (Massachusetts Institute of Technology) sui limiti della crescita del nostro pianeta. Questo Rapporto, intitolato “Limits to Growth”, commissionato dal Club di Roma e noto in Italia come “I limiti dello sviluppo”, metteva in evidenza l’insostenibilità di uno sviluppo continuo e crescente su un pianeta dalle risorse limitate.

In quello studio l’accento era messo su quelle che erano considerate le criticità dell’epoca: il preoccupante aumento della popolazione mondiale, il rischio di una non sufficiente disponibilità di cibo per l’umanità, la probabile carenza di materie prime energetiche, e sull’inquinamento. Le previsioni formulate dal Rapporto indicavano chiaramente l’inevitabilità di un collasso economico.

Sebbene alcune previsioni si siano poi rivelate imprecise e troppo pessimistiche, il merito di quel lavoro fu di porre in modo scientifico il tema della sostenibilità ambientale della crescita economica.

La vera grande criticità sta nell’inquinamento prodotto

Oggi il ritmo di crescita della popolazione mondiale è rallentato e in alcune regioni si registra già una diminuzione. La disponibilità globale di cibo non rappresenta più un problema, anche se la distribuzione rimane diseguale, lasciando vaste popolazioni escluse a causa della povertà. Per quanto riguarda le risorse energetiche, la scoperta di nuovi giacimenti ha portato a una rivalutazione delle riserve di petrolio, attualmente stimate in 1.500 miliardi di barili.

Tuttavia, con un’estrazione attuale di 80 milioni di barili al giorno, destinata ad aumentare fino al 2035 per poi diminuire gradualmente, l’accumulo di CO2 renderà la vita sempre più difficile nella seconda metà del secolo. A oltre cinquant’anni dalla Conferenza di Stoccolma e dal Rapporto del MIT, l’urgenza di cambiare rotta resta in gran parte ignorata. L’economia globale continua a dipendere dai combustibili fossili, alimentando il degrado ambientale.

Petrolio ed armamenti, due facce della stessa medaglia

Nel frattempo, i conflitti armati e le spese militari continuano a crescere. Carri armati, aerei da guerra e bombe, che consumano enormi quantità di energia non rinnovabile, devastano vite umane, beni materiali e l’ambiente. Inoltre, sottraggono risorse e attenzione ai veri problemi dell’umanità. In poche ore, la NATO ha deciso di raddoppiare le spese militari, mentre in cinquant’anni si è fatto molto poco per tutelare l’ambiente.

Gli interessi economici legati a petrolio e armamenti, sostenuti da élite finanziarie, continuano a prevalere, mentre la politica, ormai da troppo tempo, si è loro arresa.

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