Sulle pagine di Heraldo avevamo raccontato della fiera delle armi, una manifestazione che si è svolta a Verona per quattro anni, grazie a un contratto stipulato con la precedente amministrazione. Questo accordo consentiva a EOS (European Outdoor Show) di offrire agli espositori la possibilità di presentare i loro prodotti nei padiglioni della ZAI, coinvolgendo produttori e venditori di armi.

Una fiera che, dietro una facciata che cerca di mettere in risalto armi definite “sportive” per nautica e caccia (come se uccidere animali potesse essere considerato uno sport), espone in realtà pistole, fucili, mitragliatrici e altre armi da guerra. Con espositori che vendono armi a Israele, quindi strumenti creati e commercializzati per uccidere. Tutto esposto apertamente, accessibile agli adulti e, purtroppo, a numerosi bambini che anche nell’ultima edizione hanno affollato gli stand.

Una fiera a Verona ha suscitato forti reazioni da parte di numerose associazioni, che su diversi fronti hanno espresso critiche decise nei confronti dell’evento, impegnandosi in alcuni casi a limitare i danni di una manifestazione permeata di violenza. In tale contesto è stato elaborato un codice etico con l’obiettivo di stabilire regole precise, soprattutto a tutela dei minori, consentendo loro l’ingresso solo se accompagnati da un adulto e vietando il contatto diretto con le armi.

Questa seconda regola, come era prevedibile, non è mai stata rispettata nelle varie edizioni in cui il codice etico era in vigore. Infatti, sia nell’edizione del 2024 che in quella di quest’anno, sono state diffuse numerose e allarmanti immagini di bambine e bambini che impugnavano pistole e fucili veri, come se fossero giocattoli e non strumenti di morte.

La Rete delle Associazioni contro la fiera

Educazione Siberiana, aveva titolato un secondo gruppo di associazioni veronesi unite nella Rete contro la fiera delle armi, richiamando il libro di Lilin, in cui l’educazione non mira a una crescita morale, ma a una vita dominata dalla violenza. Si riferiscono così a quei genitori che non solo portano i figli a una fiera di armi, ma permettono loro di maneggiarle, simulando spari e azioni di guerra, trattandolo come un vero e proprio gioco in stile educazione siberiana.

Questa rete di associazioni, nelle ultime due edizioni, ha organizzato due eventi che hanno coinvolto centinaia di persone provenienti da diverse città del Nord Italia, le quali hanno sfilato lungo il perimetro della fiera. Una rete che ha ideato e realizzato il flash mob all’interno dei padiglioni, davanti allo stand dell’azienda Baretta. Durante questa azione, attiviste e attivisti della rete indossavano maschere raffiguranti Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano e responsabile del genocidio in corso in Palestina, perpetrato anche attraverso le armi esposte in fiera. Il flash mob ha attirato molta attenzione sia all’interno della Fiera sia a livello mediatico, soprattutto perché in quei momenti sono state scattate foto che ritraevano numerosi minorenni con armi in mano. Queste immagini hanno fatto il giro dei media nazionali e sono arrivate fino al Parlamento, dove è stata richiesta l’apertura di un’inchiesta parlamentare per discutere del fatto che bambini abbiano potuto accedere a questo tipo di fiera, arrivando perfino a impugnare armi.

Manifestazioni, flash mob, immagini di minorenni armati diffuse sui media nazionali e una richiesta di inchiesta parlamentare hanno generato attorno alla fiera delle armi un clima di forte tensione e disagio, come ammettono gli stessi organizzatori:

I vari prodotti presenti alla fiera desiderano condividere l’evento con gli appassionati italiani e internazionali in un’atmosfera più serena, un clima che purtroppo è venuto meno nelle ultime due edizioni tenutesi a Verona.

È proprio questo clima che si è creato a Verona, intorno alla Fiera delle Armi, che ha spinto EOS a prendere la decisione di trasferire la fiera da Verona a Parma.

Una piccola vittoria per la rete di associazioni unite contro la Fiera delle armi, ma una vittoria parziale, perché, come sottolineano le associazioni, l’obiettivo reale è garantire che fiere dedicate alle armi non si tengano in nessuna parte del mondo.

Il sogno è che ogni guerra cessi e che nel mondo non esistano più conflitti che portano solo morte e distruzione. Oggi sembra un’utopia, ma i sogni si realizzano attraverso la lotta e l’impegno, anche nelle azioni più piccole. Forse, impedire che una fiera di questo tipo si svolga nella propria città, allontanando la cultura delle armi dai bambini e dai giovani, può rappresentare il primo passo per abbandonare quell’educazione siberiana che glorifica armi e violenza.

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