C’è un cartello stradale che molti conoscono: fondo bianco, bordo rosso, e sotto una scritta apparentemente neutra – “eccetto residenti”. Ma se lo si guarda da vicino, come fa One Bridge To in questa decima edizione della Giornata Mondiale del Rifugiato, diventa un simbolo potente di ciò che significa essere esclusi. Esclusi dalla cittadinanza, dall’accesso al lavoro, all’assistenza, alla libertà di movimento e, in definitiva, da una piena partecipazione alla vita.

Dal 9 al 21 giugno, in occasione della ricorrenza internazionale del 20 giugno, Verona si trasforma in un laboratorio diffuso di riflessione, denuncia e condivisione. La manifestazione organizzata da One Bridge To, associazione nata nel 2015 come risposta concreta all’emergenza migratoria lungo la rotta balcanica, è ormai un punto di riferimento nazionale. Dieci anni dopo la sua nascita, il festival dimostra con forza quanto ci sia ancora bisogno di ascoltare, raccontare, comprendere.

Il calendario è ricchissimo: presentazioni di libri, proiezioni, spettacoli teatrali, laboratori, talk, musica, momenti di comunità. Ogni appuntamento è pensato per approfondire una delle tante facce dell’esperienza migrante: il trauma del viaggio, la fatica dell’inserimento, i dispositivi legali spesso punitivi, ma anche la resilienza, la creatività, la voglia di contribuire. Luoghi come il Community Center, la Biblioteca Mondadori, Forte Sofia e altri spazi della città accolgono incontri che vanno dalla sociologia all’arte, dalla salute mentale alla lotta al caporalato.

A dare il via alla rassegna, il 9 giugno, è stata la presentazione del libro Uno più uno non fa due della sociologa Chiara Marchetti, che racconta il metodo del Community Matching, nato per costruire legami tra cittadini e persone rifugiate. Il giorno dopo, I disconosciuti, graphic novel di Francesco Della Puppa, ha fatto luce su chi rimane intrappolato tra le maglie del sistema d’accoglienza. Seguono, giorno dopo giorno, decine di voci – studiosi, attivisti, artisti, migranti – che compongono un racconto corale, fatto anche di teatro (come lo spettacolo Il Monsoon di Beppe Casales), di cinema (The roller, the fight, the life, girato da un rifugiato di Gaza), e di esperienze condivise.

Il tema

Il tema scelto quest’anno, “Eccetto residenti”, è una provocazione gentile ma precisa. Cosa significa non essere residenti? Non solo in senso anagrafico, ma nei termini più profondi dell’appartenenza e della possibilità di costruirsi un futuro. One Bridge To rilancia così una riflessione sul diritto negato, sull’imprevedibilità che pesa sulle vite dei rifugiati, sull’ingiustizia sistemica che li esclude da una cittadinanza piena.

Non si tratta di una celebrazione retorica. Il festival è anche spazio di denuncia concreta: si parla di sfruttamento nel lavoro agricolo, di marginalità in carcere, di salute della donna e mutilazioni genitali, di salute mentale e rappresentazione nei media. I laboratori come PASSI, dedicati alla cura psicologica dei migranti, o quelli sul linguaggio antirazzista e sull’uso etico della narrazione sono strumenti pensati per incidere nella vita reale, nelle professioni, nelle comunità.

Parallelamente, anche l’UNHCR Italia rilancia in questi giorni l’appello a una solidarietà concreta, sottolineando come nel 2024 il numero di persone costrette alla fuga continui a crescere a livello globale, in un contesto in cui le risorse internazionali per i programmi di protezione diminuiscono. L’impegno dal basso, quello costruito a partire dai territori e dalle relazioni quotidiane, diventa quindi ancora più essenziale.

E Verona, grazie a questa manifestazione, continua a dimostrare che è possibile fare cultura dell’accoglienza fuori dai palazzi e dentro le piazze, le biblioteche, i centri sociali. La Giornata Mondiale del Rifugiato diventa così molto più di una ricorrenza. È un gesto politico e poetico, un’occasione per cambiare sguardo, per imparare a vedere e a vedere meglio. Un ponte – non a caso – costruito da chi, ogni giorno, prova a rammendare ciò che le frontiere hanno strappato.

Foto da Unsplash di Priscilla Du Preez

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