La Francia attraversa una fase difficile, e il confronto con l’Italia è inevitabile. L’agenzia di rating Fitch ha declassato i titoli di Stato francesi, mentre l’Italia è in attesa di una possibile promozione. Il debito pubblico francese, in rapporto al PIL, cresce costantemente, mentre quello italiano si sta riducendo. In tre anni, la Francia ha cambiato cinque primi ministri. L’Italia, al contrario, vanta un governo stabile, invidiato in Europa. Lo spread francese ha raggiunto quello italiano.

Alle radici della crisi francese

Qual è il problema della Francia? Fitch punta il dito sul debito pubblico che la politica non riesce a ridurre. Il debito pubblico francese, pur inferiore a quello italiano in termini percentuali sul PIL, preoccupa per il suo trend. Infatti nel 2015, il debito italiano era al 135,3% del PIL, ancora allo stesso valore nel 2024. Quello francese, invece, nello stesso periodo, è salito dal 97,1% al 113% (+16%). Senza correttivi, potrebbe presto superare quello italiano.

Ma il debito pubblico non è la causa prima del problema francese, bensì la conseguenza di altri problemi, che sono lo squilibrio commerciale e patrimoniale con l’estero. La vera criticità francese, infatti, è la “posizione patrimoniale sull’estero”, ovvero il saldo tra attivi e passivi con l’estero. Nel terzo trimestre 2024, l’Italia ha registrato sull’estero un attivo netto di 296 miliardi di dollari equivalenti (+12,2% del PIL). La Francia, invece, un passivo di 801,3 miliardi (-24,7% del PIL). Come ha accumulato la Francia questo imponente debito estero? La causa principale è la bilancia commerciale, negativa da vent’anni. Le importazioni francesi superano le esportazioni, segno di una manifattura poco competitiva. [Grafico bilancia commerciale]

Il peso della bilancia commerciale

All’inizio degli anni 2000, le bilance commerciali di Italia e Francia erano vicine al pareggio diventando però entrambe negative già dal 2004. Ma mentre dal 2012, l’Italia ha invertito la rotta, mantenendo fino ad oggi un saldo commerciale positivo, la Francia, invece, ha continuato ad accumulare deficit.

Il picco negativo del 2022 riflette l’impennata dei prezzi energetici, conseguenza della guerra russo-ucraina, che ha colpito tutti i Paesi importatori di prodotti energetici. Anche la Francia, nonostante la sua elevata produzione elettrica dal nucleare, ne ha sofferto pesantemente.

La crisi francese è, in sostanza, una crisi di debito estero. La soluzione? Ristabilire una bilancia commerciale positiva. L’Italia lo fece con il governo di Mario Monti (2011-2012), attraverso tagli a welfare, pensioni, sanità e investimenti pubblici. Il risultato fu una grave crisi economica: PIL in calo, chiusura di imprese, aumento di disoccupazione e povertà.

Tagli alla spesa pubblica per riequilibrare il debito estero

Il rapporto debito pubblico/PIL peggiorò, per la semplice ragione algebrica che se diminuisce il PIL, che sta al denominatore, il rapporto non può che crescere. Tuttavia, i tagli alla spesa pubblica, per effetto dell’impoverimento generale, ridussero le importazioni, mentre nel contempo aumentarono le esportazioni, grazie al minor costo del lavoro. La bilancia commerciale tornò così in attivo.

Il governo francese di François Bayrou ha proposto una ricetta simile a quella italiana del 2011, basata su tagli alla spesa pubblica, che però il Parlamento ha bocciato sonoramente. Il nuovo primo ministro, Sébastien Lecornu, nominato da Emmanuel Macron, difficilmente potrà proporre misure fiscali diverse da quelle del suo predecessore.

Quando l’aggiustamento era delle valute e non del lavoro

Fino agli anni ‘90, gli squilibri commerciali, anche allora frequenti, si risolvevano in modo diverso, seguendo le leggi di mercato, senza traumi. Le monete dei Paesi in deficit commerciale subivano una graduale svalutazione, mentre quelle dei Paesi in surplus si rivalutavano, favorendo così il riequilibrio commerciale. La moneta unica ha impedito, all’interno della zona euro, gli aggiustamenti valutari. Conseguentemente gli squilibri commerciali ora vengono risolti con la svalutazione del lavoro, ottenibile tramite tagli alla spesa pubblica.

Riusciranno Macron e Lecornu a imporre in Parlamento, ma anche ai cittadini francesi, i tagli alla spesa pubblica? Gran parte dell’Italia, soprattutto progressista, nel 2011 accolse il governo Monti come un salvatore, ed il Parlamento gli garantì un’ampia maggioranza trasversale. Giorgio Napolitano, allora Presidente della Repubblica, lo nominò anche senatore a vita quattro giorni prima di affidargli l’incarico di governo.

In Francia, il percorso appare molto più contrastato sia in Parlamento che nelle piazze. Improbabile che a Macron possa andare tutto liscio come nell’Italia del 2011. Da non dimenticare, inoltre, che dieci anni dopo, gli italiani hanno consegnato il governo del Paese alle destre.

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