Riparte questa sera, giovedì 19 giugno alle 21.15, sul prato del Polo Zanotto, la rassegna cinematografica estiva CinemAteneo, promossa dall’Università di Verona. Il titolo scelto per l’edizione di quest’anno è “Cinema & censura”, e mai come in questo caso il tema si fa attuale, provocatorio e profondamente politico. Il film scelto per aprire la rassegna è Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, capolavoro controverso che ancora oggi divide critici, pubblico e istituzioni. L’ingresso è gratuito fino a esaurimento posti e, in caso di maltempo, la proiezione si sposterà all’interno, nell’aula T.2 del polo universitario.

L’iniziativa, coordinata dall’Area Comunicazione e Public Engagement dell’ateneo, in collaborazione con ESU Verona e con il patrocinio del Comune, è pensata come un’occasione per riflettere pubblicamente e senza semplificazioni sul ruolo del cinema come specchio (e talvolta ferita) della società. A introdurre la visione sarà il professor Alberto Scandola, docente di cinema, che ha voluto fortemente questa proiezione anche a fronte delle recenti polemiche. «Il film è stato censurato a Parigi e proprio per questo lo proponiamo noi», spiega Scandola. «L’Università è luogo naturale di discussione e confronto. Ovviamente prima del film ci sarà una introduzione che contestualizzerà l’opera di Bertolucci. Siamo vicini alla sofferenza di Maria Schneider, ma riteniamo che la proiezione – e quindi la non censura – del film sia la cosa migliore.»

Prenderanno la parola, per portare un ulteriore contributo critico alla serata, Beatrice Verzé, consigliera comunale delegata alle pari opportunità, Francesca Fiori, senatrice accademica, ed Emanuela Maria Altamura, vicepresidente del Consiglio Studentesco.

Fra censure e riabilitazioni

La storia di Ultimo tango a Parigi è quella di un film che, fin dalla sua uscita, ha suscitato reazioni fortissime. Presentato in anteprima mondiale al New York Film Festival nell’ottobre del 1972, venne salutato con entusiasmo dalla critica americana. Pauline Kael, una delle più influenti firme del New Yorker, lo definì “il film erotico più potente mai realizzato”, e lo paragonò a un grido liberatorio del cinema moderno. Ma quando il film arrivò in Europa, e in particolare in Italia, lo scandalo fu immediato e travolgente. Il contenuto sessuale esplicito e l’atmosfera di desolazione esistenziale che pervade la pellicola portarono la magistratura italiana a sequestrarla, vietarla e perfino a ordinarne il rogo. Bernardo Bertolucci fu condannato a due mesi di carcere con la condizionale e privato del diritto di voto per cinque anni. Una vera e propria persecuzione culturale, che mise in luce l’inadeguatezza con cui il nostro Paese era disposto ad affrontare il cambiamento radicale del linguaggio cinematografico.

Il film, però, conquistò comunque il pubblico, attirando nelle sale oltre 15 milioni di spettatori italiani. E nonostante la damnatio memoriae che lo colpì per anni, Ultimo tango a Parigi ha finito per imporsi come un punto di svolta nella storia del cinema. Difficile da incasellare, né semplicemente erotico né melodramma tradizionale, è un’opera che ancora oggi ci costringe a porci domande scomode: sul corpo, sulla libertà, sul desiderio, sulla violenza, sull’ambiguità del potere.

Ma c’è una parte della sua storia che non può essere ignorata. Maria Schneider, all’epoca appena diciannovenne, rivelò anni dopo di essere stata esclusa da una delle scelte più controverse del film: la celebre scena del burro, fortemente voluta da Bertolucci e Marlon Brando, venne improvvisata senza che lei ne fosse stata informata. «Le mie lacrime erano vere», disse molto tempo dopo, in un’intervista, Schneider, che non si riprese mai completamente da quell’esperienza. E proprio alla luce di questo dolore — reale, umano, profondamente ingiusto — è necessario oggi un approccio critico che tenga conto di tutto: della grandezza dell’opera, della violenza subita, della libertà espressiva, del potere maschile e dell’assenza di consenso.

Negli ultimi anni, soprattutto grazie alla spinta del movimento #MeToo, la figura di Maria Schneider è stata finalmente ascoltata e rivalutata, e la sua testimonianza ha reso possibile un nuovo modo di guardare al cinema del passato: con rispetto, ma anche con consapevolezza. Per questo la proiezione di Ultimo tango a Parigi non è, come alcuni sostengono, un atto provocatorio, ma un atto di memoria e di elaborazione collettiva. La censura, oggi più che mai, non è la risposta.

Domani “Arancia meccanica” di Kubrick

La rassegna proseguirà domani, venerdì 20 giugno, con un altro titolo simbolo della censura: Arancia meccanica di Stanley Kubrick, anch’esso vietato ai minori di 14 anni e preceduto da un’introduzione critica a cura di Marco De Bartolomeo. Due serate sotto le stelle per riscoprire il potere del cinema di inquietare, interrogare, disturbare — e proprio per questo, educare.

CinemAteneo invita tutti a partecipare con mente aperta e spirito critico. Perché non c’è libertà senza confronto, e non c’è cultura senza il coraggio di guardare in faccia anche ciò che ci mette a disagio.

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