Domenica 24 Novembre l’Associazione Culturale Fenice ha organizzato un concerto per pianoforte di assoluto livello. Nell’Auditorium nuovo Montemezzi, il pianista veronese Alberto Nosè, uno dei migliori sul territorio nazionale, ha presentato un programma interamente dedicato all’artista Sergej Prokofiev. Artista Ucraino, nato nel 1891, Prokofiev è per certi versi un traghettatore dal periodo tardo Romantico alla modernità. Talentuoso e coraggioso pianista e compositore, dopo gli studi in patria si dedica all’attività di concertista negli Stati Uniti prima, poi a Parigi. Tornato in Russia nel 1932, in un ambiente in cui occorreva comporre e suonare esclusivamente il realismo e l’ideologia socialista, Prokofiev vive alterne fortune e si dedica, tra le altre, alle composizioni per bambini – sua la celebre Pierino e il Lupo -. Il compositore muore il 5 marzo 1953, data resa famosa, ironia del destino, a causa del contemporaneo decesso di Stalin.

Difficile trovare una locandina come quella interpretata da Alberto Nosè in questo concerto, patrocinato dal Conservatorio Evaristo Felice Dell’Abaco. Prokofiev non è musica scelta di sovente, lontano da mode e riflettori, forse anche per la sua complessità tecnica che richiede la ricerca di interpreti tra un ristrettissimo numero di esecutori. Inoltre, in questo caso ci si è rivolti a brani decisamente poco conosciuti.
Nosè, dimostratosi ampiamente all’altezza del compito, si è infatti presentato con la Suite Opera 75 di 10 pezzi dal balletto di Romeo e Giulietta, una composizione che sintetizza le principali caratteristiche di Prokofiev: ritmo martellante, asciutto, rapidità del gesto, elevatissima dinamica sonora, assieme a momenti di abbandono lirico.

Ha poi proseguito con la monumentale, e di grande dispendio fisico, Sesta Sonata, per finire con due applauditissimi bis dedicati a Chopin e a Scrjabin. Al termine, nella più completa soddisfazione del pubblico presente, Nosè – allievo di Laura Palmieri e Virginio Pavarana e del Conservatorio di Verona – si è dimostrato felice di aver presentato al pubblico un tale programma, così coinvolgente e appassionante.
In particolare, con la Sesta Sonata Opera 82, composta nel 1940, Prokofiev crea un vero e proprio monumento moderno alla forma sonata. Come Beethoven è stato il sonatista per eccellenza dell’Ottocento, così Prokofiev si presenta come il sonatista per eccellenza del Novecento. La forma strutturale è ancora quella della sonata classica, ma in cui si fondono spunti di assoluta modernità. I timbri, la dinamica sonora, la percussività, le dissonanze, riproducono un mondo lacerato e distorto che non ha più nulla di confortante, forse ispirato dalla Guerra in corso. Anche i momenti lirici appaiono in questo quadro come un ricordo lontano. Nell’ultimo movimento, alla fine, ricompare il motto lacerante iniziale, non più nella primigenia comparsa dinamica e vitale, ma come un relitto su un paesaggio senza più coerenza. Modernità e tradizione che si fondono e coesistono, del tutto in linea con il profilo del Prokofiev compositore.