Nel 1987, il Comune di Verona acquisì l’intera area demaniale dei Magazzini Generali.  Dal 1999 tutta l’area venne sottoposta a vincolo come patrimonio di archeologia industriale. Il Ministero dei Beni Culturali riconobbe al complesso un alto valore quale testimonianza dell’epoca di industrializzazione della città, in tutti i suoi aspetti e contenuti.

Nel 2002 il Comune di Verona cedette l’area, per sedici milioni di euro, alla Fondazione Cariverona, con il vincolo di realizzare un polo culturale.  Appena acquisita l’area, la Fondazione avviò un programma di abbattimenti di tutti gli edifici con vincolo indiretto. Dei ventotto edifici del prezioso compendio di archeologia industriale ne rimasero meno della metà. Furono rimosse anche le rotaie che giustificavano la caratteristica e funzionale disposizione planimetrica ad albero degli immobili.

Nel 2007 iniziarono le prime demolizioni degli edifici, ma non è chiaro come, nonostante il vincolo di archeologia industriale ne prevedesse il restauro, abbiano potuto intervenire con abbattimenti e ristrutturazioni. Probabilmente, l’obiettivo della proprietà era quello di superare i diversi vincoli e di parcellizzare i vari edifici per attuare scelte d’uso differenziate, che privilegiassero le funzioni più redditizie, come quelle commerciali, terziarie e direzionali.

Per ottenere questa possibilità era necessaria la sdemanializzazione dell’area pubblica, operazione favorita anche da proposte di riqualificazione della stessa con ipotesi di un polo culturale ed un auditorium in una zona, la ZAI, che ne avrebbe avuto e ne ha un oggettivo bisogno.

Infatti, la Fondazione, appena acquisita l’area, sostenne il recupero della zona come “sede museale della fondazione acquirente, nonché altre attività istituzionali nei settori dell’arte, della conservazione e valorizzazione dei beni e attività culturali”, ma, una volta ottenuta dallo Stato la sdemanializzazione, anche grazie alle ipotesi di utilizzo culturale degli edifici, ridimensionò le aspettative limitandosi a “uno spazio polifunzionale da adibire ad auditorium per lo svolgimento di spettacoli e manifestazioni” ed un archivio da adibire a “polo archivistico regionale”.  Tutto il resto uffici e commercio.

La Stazione Frigorifera

Nel 2009 l’architetto Mario Botta presentò il primo progetto di “restauro” della Stazione Frigorifera, che comprendeva la realizzazione di un auditorium previo sventramento dell’edificio. Nel 2011 la Fondazione Cariverona ottenne i primi cambi di destinazione d’uso da culturale a direzionale. Sempre nel 2011, Mario Botta presentò il secondo progetto di “restauro” della Stazione Frigorifera, che prevedeva la ristrutturazione interna dell’edificio, la bonifica, il consolidamento statico delle murature e la distruzione sistematica di tutti gli elementi funzionali e d’arredo vincolati come beni culturali, compresi l’enorme e spettacolare cella frigorifera, la sala macchine, l’impianto di produzione del ghiaccio nel corridoio principale, gli apparati di controllo del freddo posti all’interno della cupola e la suggestiva disposizione radiale delle stanze interne.

Nel 2012 ci furono le modifiche del vincolo e delle obbligazioni legate al contratto di alienazione dell’area. In sostanza, la Soprintendenza regionale (non quella veronese) stabiliva che l’auditorium, che non verrà mai realizzato, e l’archivio di Stato, erano sufficienti a definire l’area polo culturale. Nel 2013 la Fondazione Cariverona ottenne ulteriori cambi di destinazione d’uso da culturale a terziario.

Nel 2014 anche la Stazione Frigorifera perse la destinazione d’uso culturale e venne destinata a funzioni commerciali. Nello stesso anno iniziò la sua ristrutturazione, con il vincolo conservativo del solo involucro esterno. In seguito, anche la proposta di uno spazio polifunzionale, ipotizzato all’interno della stazione frigorifera, l’edificio di maggior pregio in assoluto, tramontò per l’ipotesi di un nuovo centro commerciale, Eataly.

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