Diritto alla casa e overtourism: uno scontro di civiltà
Il diritto ad avere una casa in cui vivere, spesso si scontra con il tema dell’overtourism, ovvero il sopraffollamento di turisti nelle città e nei luoghi di vacanza.
Il diritto ad avere una casa in cui vivere, spesso si scontra con il tema dell’overtourism, ovvero il sopraffollamento di turisti nelle città e nei luoghi di vacanza.
Il fenomeno dell’overtourism sta radicalmente alterando l’aspetto di interi quartieri nelle città turistiche, così come nelle località costiere, montane e lacustri. Le case, un tempo abitate da residenti che animavano quotidianamente i quartieri con attività come negozi di alimentari, bar, cartolerie, scuole, uffici e banche, ora accolgono turisti in affitto per brevi periodi. Questi visitatori, che necessitano solo in minima parte dei servizi locali, contribuiscono alla chiusura di molte attività, trasformando quartieri un tempo vivaci e animati in semplici dormitori per turisti, lasciando pochi residenti stabili.
Città trasformate per soddisfare i turisti, ma non chi ci vive. I cittadini perdono gradualmente negozi e servizi locali, poco frequentati dai visitatori. Ai residenti viene negata la possibilità di vivere nella propria città o quartiere. Spesso sono costretti a trasferirsi a causa della mancanza di alloggi disponibili per loro.
Il Diritto alla Casa e il Conflitto con il Turismo di Massa La conversione di numerosi appartamenti per residenti in alloggi turistici riduce drasticamente la disponibilità di case per chi vive stabilmente in queste città, alterando il mercato immobiliare. Con meno abitazioni disponibili per i residenti, i prezzi aumentano, diventando sempre meno accessibili per chi non possiede una casa e non lavora nel settore turistico.
La soluzione non è semplice, poiché il problema è complesso. Tutti amiamo viaggiare e, in determinati periodi dell’anno, diventiamo turisti. Non è possibile chiedere al singolo cittadino di rinunciare ai viaggi o alle vacanze, ma possiamo invitarlo a farlo in modo più riflessivo, con viaggi più lenti e meno frettolosi. Tuttavia, la responsabilità di trovare una soluzione spetta a chi gestisce le città, attraverso azioni significative, anche se impopolari, specialmente nei confronti di chi vede nel turismo un’opportunità di guadagno trasformando una seconda casa.
Molte grandi città europee stanno adottando misure per gestire l’eccesso di turistificazione. Il Sindaco di Barcellona, Jaume Collboni, ha annunciato che dal 2029 oltre 10.000 licenze per appartamenti turistici non verranno rinnovate alla loro scadenza. Inoltre, a Barcellona, l’ex Sindaca Ada Colau, durante il suo doppio mandato dal 2015 al 2023, ha autorizzato l’apertura di nuovi hotel solo nelle aree periferiche per ridurre l’impatto negativo sul mercato immobiliare del centro città, destinazione prediletta dai turisti.
Dopo le Olimpiadi del 1992, Barcellona si è affermata come una rinomata destinazione turistica, attirando attualmente una media di 30 milioni di visitatori all’anno rispetto a una popolazione residente di 1,6 milioni. I bidoni della spazzatura lungo le Ramblas, la strada più frequentata della città, vengono svuotati ben sedici volte al giorno. Questo afflusso di visitatori ha un impatto notevole su Barcellona, specialmente nel mercato immobiliare, dove si è osservato un aumento del 40% nei prezzi delle case e una crescita del 70% degli affitti a breve termine negli ultimi anni.
È evidente che questo tipo di turismo è insostenibile e dannoso per le città, i loro abitanti e l’ambiente. Questa consapevolezza è stata acquisita non solo dalle istituzioni, ma anche dai cittadini della città catalana, che lo scorso luglio sono scesi in massa in piazza per protestare contro il turismo di massa.
A Lisbona, l’iniziativa per contrastare la turistificazione della città nasce direttamente dai cittadini e dalle associazioni. Questi hanno aderito al Movimento referendo pela habitação, raccogliendo circa 9.000 firme di residenti per richiedere un referendum e limitare i contratti di affitti brevi nel centro città. Il movimento propone che i 19 mila appartamenti coinvolti siano resi nuovamente disponibili per i cittadini di Lisbona, riducendo il costo delle abitazioni e offrendo alle persone l’opportunità di vivere in città, vicino ai propri cari e al lavoro.
Entro metà dicembre si scoprirà se questa raccolta firme condurrà a un referendum, già sostenuto da 38 consiglieri comunali. L’iniziativa ha ispirato cittadini di altre città portoghesi a mobilitarsi, seguendo l’esempio del movimento nella Capitale.
Ma anche senza allontanarsi troppo, in Italia ci sono realtà, associazioni e movimenti di cittadini che, nelle aree fortemente frequentate dal turismo estivo, si sono mobilitati per contrastare il fenomeno del turismo di massa.
Nella zona bresciana del lago di Garda, opera il Collettivo Gardesano Autonomo, che tra diverse iniziative per il diritto alla casa, ha messo in luce il fenomeno dello svuotamento dei paesi che si affacciano sul lago durante l’inverno. Questi paesi, ricchi di seconde case e residenze turistiche, hanno costretto migliaia di giovani locali a trasferirsi a decine di chilometri di distanza dai loro luoghi di nascita, di lavoro o dalle famiglie, a causa dell’impossibilità di trovare appartamenti a prezzi accessibili. Questo tema è rilevante per tutte le aree turistiche ad alta intensità in Italia e oltre, coinvolgendo numerose associazioni impegnate nella lotta per il diritto alla casa.
Abbiamo affermato che il tema è complesso e altrettanto complessa è la sua soluzione, specialmente in un Paese come l’Italia, dove il turismo rappresenta uno dei settori più redditizi, contribuendo con circa 104 miliardi di euro al Pil. Con una vasta gamma di attrazioni tra mare, montagne, laghi e città d’arte, l’Italia vanta il maggior numero di strutture ricettive in Europa ed è il quinto paese più visitato a livello globale.
Un problema complesso e, in alcuni aspetti, ricco di contraddizioni evidenti. Probabilmente molti di coloro che hanno manifestato per le strade di Barcellona lo scorso luglio si trovano a loro volta a visitare altre città nel mondo. Chi generalmente non apprezza il turismo di massa potrebbe essersi ritrovato in file interminabili e snervanti davanti a un museo o su spiagge affollate, diventando così parte attiva del problema che criticano.
Nessuna legge può impedire alle persone di viaggiare, esplorare e scoprire luoghi vicini e lontani. Viaggiare è essenziale per la crescita personale e lo sviluppo umano e merita protezione. Tuttavia, è fondamentale gestire e regolamentare il fenomeno del turismo, poiché nella sua forma attuale può causare più danni che benefici. In primo luogo, danneggia l’ambiente, come dimostra l’impressionante aumento dell’81% del traffico aereo in Italia, con 15 milioni di voli ogni anno. In pratica, ogni due secondi un aereo, il mezzo di trasporto più inquinante, sta atterrando o decollando.
È essenziale gestire questo fenomeno poiché il turismo attuale, così come è concepito, spesso ci impedisce di rilassarci su spiagge sovraffollate o di apprezzare a pieno la visita di un museo o una chiesa, dopo aver affrontato lunghe e stressanti code. Tali situazioni non ci permettono di soffermarci più di qualche istante davanti a un’opera d’arte, compressi come sardine e privati della possibilità di goderci l’esperienza.
Il turismo deve essere regolamentato per proteggere l’ambiente, garantire il benessere dei viaggiatori e assicurare la vitalità delle città. È essenziale gestire il turismo per salvaguardare il diritto delle persone a vivere nella propria città o in quella scelta come casa, contrastando l’impatto del turismo di massa che sottrae abitazioni. La turistificazione altera il mercato immobiliare, impoverendo chi acquista o affitta una casa e negando alle fasce meno fortunate della popolazione il diritto a un alloggio dignitoso, a causa dei costi proibitivi.
La gestione di queste sfide spetta a chi amministra le città e governa i Paesi. Tuttavia, come dimostra il caso di Lisbona, il cambiamento può partire dalla base, con i cittadini che promuovono un referendum per portare l’attenzione sul problema. Anche i singoli possono contribuire scegliendo di essere viaggiatori piuttosto che turisti: optando per mete meno affollate, utilizzando mezzi di trasporto più ecologici, e praticando un turismo più profondo e meno frenetico. Invece di piantare bandierine per vantarsi di “esserci stati”, si può scegliere di restare più a lungo in un luogo per conoscerlo davvero. Chi ha la possibilità, può preferire affittare il proprio appartamento con contratti residenziali a lungo termine anziché optare per affitti brevi legati al turismo.
Tutto ciò contribuisce a contrastare l’overtourism e, indirettamente, a difendere il diritto alla casa per i cittadini. Una causa fortunatamente sostenuta da numerose associazioni e movimenti di cittadini impegnati, fondamentale per garantire un bene essenziale, spesso trasformato in un lusso da un mercato avido.
© RIPRODUZIONE RISERVATA