Il 22 novembre 2022 a largo di Venezia il Mo.S.E. (Modulo Sperimentale Elettromeccanico) ha salvato la città da un’acqua alta di 173 centimetri, dato registrato dalla piattaforma del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Senza le 78 paratoie sollevate per isolare la laguna dal mare, Venezia sarebbe stata devastata dalla marea, come accadde il 4 novembre 1966 quando si toccarono i 194 centimetri e il 12 novembre 2019 i 187 centimetri.  

La fragilità della città è legata all’innalzamento del mare (eustatismo) e all’abbassamento del livello del terreno (subsidenza). A differenza di Trieste che posa sulla roccia, Venezia sprofonda, perché disposta su suoli cedevoli.

L’Acqua Granda del ’66

Si iniziò a parlare di come salvare Venezia dopo “l’Acqua Granda” del 1966, un punto di svolta che portò all’attenzione nazionale la questione della sua sopravvivenza. Nel 1973 la prima legge speciale definì la salvaguardia della laguna un “problema di preminente interesse nazionale” e il ministero dei Lavori Pubblici indisse un concorso per trovare soluzioni. Nel 1985 il comitato presieduto dal capo del governo indicò un concessionario unico, il Consorzio Venezia Nuova, per procedere agli interventi. Nel 1989 il consorzio presentò un progetto che prevedeva la costruzione delle paratie mobili. I lavori iniziarono nel 1994 e nel 2003 si posò la prima pietra.

L’Acqua Granda del 1966 in un’immagine d’archivio

Il Mo.S.E. è un sistema di dighe mobili collocate sulle bocche di porto: Lido, Malamocco e Chioggia. Serve per isolare la laguna dal Mare Adriatico, limitando gli effetti della marea. Il sistema ha una durata programmata di circa 100 anni. Secondo il professore della Ca’ Foscari di Venezia Carlo Giupponi il Mo.S.E. è stato progettato per esser attivato due o tre volte l’anno, mentre dall’inizio del suo funzionamento è stato usato dalle quindici alle venti volte in dodici mesi, suscitando sollievo in città, ma preoccupazione negli operatori del porto, costringendo i pescherecci a sostare dentro o fuori la laguna in condizioni meteo spesso proibitive.

Secondo gli esperti la fragilità della città non può prescindere dagli studi sul cambiamento climatico e dal fatto che il Mo.S.E. non è progettato per durare in eterno. Nel 2005 l’organizzatrice dell’ente benefico Venice in Peril, Anna Cocks, disse: “Non ha senso continuare a salvare singoli edifici a Venezia, se la città è sempre più minacciata dalle inondazioni”.

Le grandi navi

Il passaggio di grandi navi a Venezia ha rappresentato per anni la causa del moto ondoso, in grado di provocare effetti devastanti per la laguna. Dopo l’insuccesso del decreto Clini-Passera del 2012, nel 2021 il Consiglio dei Ministri ha stabilito il divieto di ingresso per le navi di 25mila tonnellate. Con questa decisione, definita storica dall’allora ministro Franceschini, il governo ha così scongiurato la possibilità che la città finisse nella lista dei siti Unesco in pericolo.

Negli anni sono state presentate diverse proposte per salvaguardare Venezia. Lo studio Venice shall rise again di Giuseppe Gambolati e Pietro Teatini del 2013 propone di sollevare la città tramite l’iniezione di fluidi (acqua salata pretrattata) negli strati geologici sedimentari sotterranei a centinaia di metri di profondità. I risultati delle simulazioni indicano la possibilità di alzare Venezia di 26 centimetri con un costo stimato di 80 milioni di euro.

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Esistono poi soluzioni più drastiche, come la chiusura della laguna. In un’intervista a La Nuova Venezia il ricercatore Georg Umgiesser sulla separazione della laguna dal mare ha detto: “La domanda non è se accadrà, ma quando”. Oltre alle questioni ingegneristiche, la scelta di chiudere Venezia ha a che vedere con temi ambientali (con quali tecnologie si mantiene la salinità della laguna?) e commerciali. È possibile per questa città, nata sull’acqua, separarsi dal mare?

L’overtourism

La vulnerabilità di Venezia è legata non solo alla sua particolare condizione ambientale, ma anche al fenomeno dell’overtourism, flussi turistici insostenibili che concorrono allo snaturamento del tessuto sociale della città. Uno studio della Ca’ Foscari riporta che il numero ottimale di visitatori al giorno è di 52mila persone, mentre nella primavera del 2022 si sono raggiunte le 100mila presenze.

Secondo i dati dell’Istat del 2019 Venezia è il secondo comune italiano per numero di presenze turistiche, con 13 milioni di visitatori. Molti palazzi sono convertiti in alberghi con oltre i 18mila posti letto nel 2017. Le stime del 2019 mostrano che l’offerta alberghiera copre il 43% del totale, quella extra arriva al 57%, con 3/4 dei posti letto attribuibili al settore dello sharing accomodation, immobili che non hanno una destinazione edilizia ricettiva.

Oltre all’espansione incontrollata, Venezia deve fare i conti con il turismo escursionista, cioè chi visita la città in giornata. Il turismo residente ha contribuito all’espulsione degli abitanti – scesi sotto i 50mila– mentre il turismo mordi e fuggi ha reso la città una sorta di parco museo, con intasamenti che rendono complicata la vita in città per chi vive e lavora.

Il Comune, per tutelare la residenzialità, ha da un lato messo in campo misure per incentivare i turisti a pernottare più a lungo in città, dall’altro sta ipotizzando di introdurre tasse di ingresso più alte per chi visita in giornata. I flussi dal 2021 vengono monitorati dall’amministrazione nella Smart Control Room, che fornisce stime giornaliere sulle presenze e provenienze dei visitatori.

Un dibattito sempre aperto

A 50 anni dalla prima legge speciale di Venezia il dibattito sulla tutela del patrimonio ambientale e culturale è ancora aperto. Su un concetto gli studiosi concordano: l’aumento dei visitatori in una città che sconta la pena di essere bella ma non vivibile porterà alla perdita sia dei residenti che dei turisti. Come sostiene il professore della Ca’ Foscari Giuseppe Tattara lo sfruttamento individuale di una risorsa comune determina il depauperamento del bene, a scapito del turismo di qualità da favorire per invertire la rotta e rendere Venezia non solo bella, ma meritevole di esser vissuta.

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