Il Monte Baldo è famoso fin dall’antichità per la varietà della sua flora, la cui più antica descrizione risale al XV secolo. Infatti, in un poema del 1477 (“Fioretto de le antiche croniche de Verona” di Corna da Soncino) se ne afferma la fama erboristica: “dove sono le erbe de le medicine, che in tutto il mondo sono le più fine”.  

La morfologia di questa catena montuosa, che si allunga per 36 chilometri in direzione Nord Est – Sud Ovest, è incastonata fra il lago di Garda e la Val Lagarina e durante le fasi climatiche glaciali, succedutesi fra 780mila e 20mila anni fa circa, il Monte Baldo rimase circondato dalle lingue glaciali del Garda e dell’Adige, che ne coprirono i versanti fino a 1.200 metri sul livello del mare (a Nord, sopra la Sella di Loppio) e fino a 500 metri s.l.m. nella porzione meridionale.

Le conchiglie fossili sul Baldo

Proprio sulle creste del Monte Moscal affiorano conchiglie fossili (Pecten sp.) che vivevano nel mare che, ancora 15 milioni di anni fa, copriva quest’area. Quest’ultimo scenario permette di evocare la profondissima “valle del Garda” che venne scavata durante il disseccamento del Mediterraneo (fra 7 e 5 milioni di anni fa circa).

Secondo Giorgio Chelidonio, attivo dai primi anni Settanta nella ricerca preistorica veronese, dapprima come collaboratore del Museo Civico di Storia Naturale e in seguito della Soprintendenza Archeologica del Veneto, Nucleo Operativo di Verona, la geologia ce ne racconta l’orogenesi, iniziata circa 40 milioni di anni fa nell’ambito del sollevamento alpino, quest’ultimo attivato già 85 milioni di anni fa dalla collisione fra la placca continentale europea e quella paleo-africana.

Gli strati rocciosi furono piegati da una compressione fra i Monti Lessini a Est e il massiccio dell’Adamello, una grande massa intrusiva di rocce metamorfiche risalita verso la superficie della crosta terrestre fra 42 e 28 milioni di anni fa. La sezione schematica fra Lago di Garda, Monte Baldo e Val Lagarina è articolata in una serie di pieghe concave (dette “sinclinali”) e convesse (dette “anticlinali”)”.

La “paleo-valle” del Garda

Incisa a diverse profondità, ossia per 500 metri s.l.m. all’altezza di Malcesine e fino a 1.259 metri s.l.m. sotto Lazise, la “paleo-valle” del Garda è stata scavata (entro una sinclinale) come “valle alpina” che sfociava nell’antico “golfo padano”, durante la cosiddetta “crisi di salinità”, che fra 5,96 e 5,33 milioni di anni fa disseccò quasi completamente il Mediterraneo.

Successivamente, negli ultimi 1,2 milioni di anni, la paleo-valle venne rimodellata dalle lingue glaciali sud-alpine e colmata, in parte, dai loro sedimenti morenici. La dorsale principale del Monte Baldo, che corrisponde a una piega convessa (anticlinale), è fratturata da faglie poco inclinate (sovrascorrimenti) e poi smantellata sia da fenomeni erosivi, sia da successivi collassi gravitativi.

L’uomo di Neanderthal

Nel settore meridionale, forse sollevatosi già prima della fase compressiva, l’erosione ha asportato uno spessore di rocce valutabile in almeno 500 metri. Sottolinea Chelidonio come le tracce preistoriche, le cui principali sono quelle attribuibili alla frequentazione dei neanderthaliani, sono distribuite sul versante orientale fra le quote di 800 (Monte Belpo) e 1800 metri s.l.m. (Bocca Paltrane).

Poiché la presenza dei neanderthaliani nel territorio veronese oggi è inquadrabile fra 90mila e 40mila anni fa (di seguito “ka”), possiamo dedurre che i loro manufatti rinvenuti a quote superiori ai 1.200 metri s.l.m. vi siano stati abbandonati durante spedizioni di caccia prevalentemente in fasi non glaciali (probabilmente agli stambecchi) avvenute durante periodi climatici interglaciali (cioè fra 124mila e 119mila anni fa) o almeno non glaciali/temperate (es. fra 57 e 40 ka/MIS3, oppure fra 106-92 ka/MIS5c o fra 92-85 ka/MIS5a). Risulta importante sottolineare che il Monte Baldo conserva la maggior concentrazione, in Italia settentrionale, di siti frequentati dai neanderthaliani a quote superiori ai 1000 metri s.l.m.

Un vulcano nascosto

Dai tempi antichi una convinzione popolare (ancora prima che una vera e propria leggenda) sostiene infatti che il Monte Baldo, che primeggia sulla costa veronese del lago di Garda e anche all’interno, ammiccando verso la Lessinia, sarebbe un vulcano, oggi spento o inattivo.  

Il primo a indicare il Baldo come un vulcano fu Athanasius Kircher che, nel Seicento, ricevendo in visione dei campioni di roccia dal lago, giunse alla conclusione che si trattasse di materiali provenienti da un vulcano.

E fu lo stesso Kircher a ipotizzare, in una lettera, che essi venissero dal Baldo, dopo che una grossa palla di fuoco, forse un meteorite, era stata vista cadere di notte proprio nel periodo in cui forti scosse di terremoto attraversavano tutta la zona e il giorno dopo erano stati ritrovati dei frammenti e delle pietre che puzzavano di zolfo.

Di certo, e questo è l’unico fondo di verità che si può trovare a tutta questa storia, a chi lo scruta dalla pianura il Monte Baldo appare come un alto cono (mentre si mostra con altre forme più dolci e arrotondate osservandolo da altre prospettive) e anche per questo la credenza, forse, continua a nutrirsi da molto tempo, tanto che nel mantovano, come spiega nel dettaglio Misteri Morenici, un paese ha addirittura indirettamente ispirato il proprio nome alla natura vulcanica del Baldo… La leggenda così persiste in varie forme.

Il Baldo non è un vulcano ma certe storie sono dure a morire.

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