Un po’ come lo era stato quello di Verona un anno fa, ora lo è diventato Vicenza. Parlo del “caso” delle elezioni amministrative. La “storia” da raccontare anche sulla stampa nazionale. Una delle poche grandi città in cui non ha vinto il centrodestra.

Giacomo Possamai è il nuovo sindaco di Vicenza. È del Partito Democratico (area Enrico Letta), ma ha guidato alla vittoria una coalizione civica che assomiglia, per stile, a quella di Damiano Tommasi. I due, che si sono supportati anche in campagna elettorale, ora prospettano di costruire fra le due città del Veneto occidentale quella “Rete” tanto cara dall’ex calciatore.

Ma andiamo per gradi.

Affinità-divergenze fra il compagno Possamai e noi – Del conseguimento della carica di sindaco

La vittoria di Giacomo Possamai al ballottaggio per una manciata di voti sul sindaco uscente Francesco Rucco (50,54%) presenta alcune affinità con il voto veronese di un anno fa, ma anche diverse divergenze.

Le affinità più evidenti: un sindaco di centrodestra uscente che al primo turno rimane indietro e poi perde al ballottaggio, il candidato del centrosinistra che tiene a distanza i leader dei partiti nazionali – mentre quello del centrodestra ci sguazza – e la regia della campagna elettorale del centrosinistra (stessi consulenti, pure con uno slogan mezzo riciclato: per Tommasi “Ora Damiano”, per Possamai “È ora.”).

Una campagna, per inciso, fatta strada per strada, sui temi locali, senza farsi trainare né sfruttare i temi nazionali. Con spazio ai giovani (lo stesso Possamai ha 33 anni e tre mesi). Come aveva fatto Tommasi.

Le divergenze non mancano. Rucco era sostenuto dal centrodestra unito (FdI, Lega, Forza Italia), mentre a Verona c’era e c’è la spaccatura fra FdI-Lega con Sboarina e FI con Tosi. A Verona si votava prima delle elezioni nazionali, a Vicenza si è votato con un solido governo di centrodestra. 

Il candidato vincente è molto diverso: Tommasi un civico puro, con esperienze nei palazzi, ma non nell’amministrazione; Possamai è un “predestinato” della politica, da sempre nel Partito Democratico, di cui è (era) capogruppo in Consiglio regionale.

C’è poi il fun fact di una affinità-divergenza: Azione che si separa. Tommasi era sostenuto da Azione e Più Europa che si stavano separando, Possamai da Azione e Italia Viva che si stanno separando (forse, qualcuno l’ha capito?).

Pedaggi e bollette

Possamai ha costituito l’ultimo tassello di un blocco di città guidate dal centrosinistra nell’area del Garda e delle autostrade A4-A22. Verona, Brescia, Mantova, Trento, Bolzano e Padova avevano già tutte giunte di centrosinistra.

Al di là del suggestivo “asse del Nord-Est” fra sindaci di centrosinistra – che può essere utile per fare fronte comune nei confronti degli enti di altro livello – per quanto riguarda un respiro più locale, c’è in ballo l’Agsm Aim.

La società veronese-vicentina ha vissuto mesi turbolenti, anche a causa delle differenze politiche fra i due soci (Comune di Verona al 61,2% e Comune di Vicenza al 38,8%). 

La nuova situazione (Possamai cambierà i membri del cda come fatto da Tommasi? Lo farà subito, veloce e indolore, o con strascichi noiosi e spinosi come accaduto a Verona?) potrebbe rasserenare di molto l’ambiente e tranquillizzare il presidente Federico Testa (che aveva già fatto capire di essere pronto ad andarsene, se non in grado di lavorare con serenità).

All’orizzonte ci sono possibili (e forse necessarie) ulteriori integrazioni o accordi industriali. Da tempo circolano i nomi di Dolomiti Energia (trentina), Alperia (altoatesina), Tea Mantova o Ascopiave. Ora ci sono i presupposti per parlarne più seriamente.

Potrammai?

La nuova alleanza fra Verona e Vicenza, fra Tommasi e Possamai, potrà mai davvero incidere? Perché seppure su Agsm Aim gli interessi possono facilmente convergere, e su cultura e turismo si potrà organizzare qualcosa insieme senza problemi, altri campi da gioco sono più complicati.

La proverbiale spaccatura fra la zona orientale del Veneto (la famosa “Pa-Tre-Ve”, Padova, Treviso, Venezia) e quella occidentale, con la prima sbilanciata positivamente nei palazzi regionali del potere, non è facile da ricucire. Possiamo parlare di una “egemonia culturale-industriale” della Pa-Tre-Ve nel Veneto? L’aeroporto Catullo di Verona è vassallo di Save, che ha casa a Venezia e Treviso. A est ha saputo fare “rete” anche Confindustria, che con la sua associazione locale “Veneto Est” riunisce gli industriali di Venezia, Padova, Treviso e Rovigo.

Verona invece, a parte la recente fusione Agsm-Aim, si è sempre fatta scudo della propria forza, cercando (a fatica) di nascondere le debolezze. C’è anche il tema cruciale delle partnership fieristiche, per prevenire rischi di scippi dei gioielli di Veronafiere e fare economie di scala sui mercati esteri. La fiera di Vicenza ha da tempo scelto quella strada, integrandosi con Rimini nell’International Exhibition Group.

In Veneto oggi quattro sindaci su sette sono del centrosinistra: Verona, Vicenza, Padova e Rovigo. La vicepresidente veronese e leghista della Regione, Elisa De Berti, ha sempre predicato dialogo con tutti, per il bene dei territori. Ed è una persona concreta e stimata, quindi da quel punto di vista non dovrebbero esserci troppi problemi. Forse le ostilità sono più a Roma.

Ma le affinità di area politico-culturale potranno mai essere sufficienti per avviare davvero delle sinergie? E soprattutto, sinergie che abbiano effetti concreti? Domande che restano aperte. Per le risposte, citofonare a Palazzo Barbieri.

Sasso d’Adige è una newsletter nata per raccontare la campagna elettorale delle amministrative del 2022 a Verona. Dopo il voto è diventata la newsletter sulla politica di Verona.

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