Il Centro studi interculturali del dipartimento di Scienze umane dell’Università di Verona ha organizzato lo scorso 28 marzo il seminario “Re-Imagining School Setting For Student Thriving. Reimmaginare il setting scolastico per la promozione umana degli studenti”. Un incontro voluto e moderato da Agostino Portera, ordinario di Pedagogia interculturale dell’ateneo scaligero, e che ha avuto il piacere di avere come ospite la professoressa di Harvard Carola Suárez-Orozco.

I migranti invisibili

Il focus del seminario verteva sull’ambito di studi di Suárez-Orozco, ovvero l’immigrazione e l’inserimento nel contesto scolastico dei bambini di prima e seconda generazione. Negli Stati Uniti infatti il 27% della popolazione è costituita da migranti di cui l’88% ha almeno un genitore di nazionalità straniera. Un cambiamento che sta pian piano trasparendo anche in Italia, che gradualmente si sta avvicinando alla multiculturalità che caratterizza il nuovo millennio.

Carola Suárez-Orozco e Agostino Portera nel chiostro di San Francesco, all’Università degli Studi di Verona

La professoressa Suárez-Orozcoha ha sottolineato però come questo fenomeno porti a delle problematiche d’approccio. Il capitale umano in questione – che riguarda sia i ceti sociali bassi, sia quelli alti – la maggior parte delle volte viene diviso: da un lato abbiamo l’esasperazione mediatica di alcune fasce della popolazione (vedasi i messicani durante il governo di Donald Trump) dall’altro invece ci sono i cosiddetti invisibili. Per migranti invisibili si intende quella fascia di persone che sono semplicemente abbandonate a loro stesse, aspetto che si riflette inevitabilmente sull’infanzia.

Per questo Suárez-Orozcoha ha asserito che negli ultimi anni si è focalizzata sulla sfera familiare e sociale, perché sono due elementi fondamentali per lo sviluppo nella prima infanzia.

La scuola in particolare è il primo luogo dove i bambini entrano in contatto con il fattore multiculturale, rappresentando potenzialmente un contesto dove si sviluppa un senso di appartenenza e talvolta anche un cambiamento del proprio pensiero, spesso soggiogato da particolari condizioni familiari. L’ambiente scolastico però è visto dagli stessi insegnanti come un luogo atto al mero apprendimento linguistico, aspetto che isola i bambini migranti dai loro coetanei, racchiudendoli nel loro gruppo culturale. Una problematica derivata dall’atteggiamento superficiale dei professori, complici il più delle volte di ignorare la situazione adottando dall’altro lato un comportamento paternalistico e consolatorio che sfocia spesso nella xenofilia. Manca perciò una vera e propria formazione di chi si occupa di istruzione all’interno delle scuole, a causa soprattutto del mancato sviluppo di un clima emotivo umano scolastico.

Il clima all’interno delle scuole

Per clima emotivo umano scolastico “School climate” la professoressa Suárez-Orozco ha spiegato che si intende tutti quei rapporti interpersonali tra bambini, famiglia e insegnanti, oltre che allo sviluppo di pratiche di istruzione congrue al contesto culturale e alla preparazione intelligente dello spazio fisico e perciò semiotico – banalmente la disposizione dei banchi in aula – all’interno della scuola. Nelle ricerche condotte su più di 120 scuole negli Stati Uniti si è visto che è presente un clima ostile o indifferente. Gli studi relativi a questa problematica hanno rivelato che invece l’attenzione a un accrescimento di un contesto sociale accogliente determina il successo psicologico e istruttivo dei bambini. Per avvicinarci quindi a un clima scolastico sano è fondamentale: la promozione del “doposcuola”, stimolare le relazioni tra studenti e adulti, riconoscere che la migrazione può rappresentare un trauma e perciò affrontarlo di conseguenza mediante un adeguato processo psico-emotivo e fornire supporto alle famiglie. Oltretutto è necessario considerare la politica che gravita attorno al Paese, che a volte può a sua volta normalizzare un atteggiamento xenofobico, sfociando all’interno delle scuole nel bullismo.

Interculturalità come opportunità

Il setting scolastico è diventato quindi un campo di ricerca sistematico che pone l’importanza di capire i bambini migranti per migliorare il sistema d’istruzione. È fondamentale in conclusione lo sviluppo delle relazioni umane, andando a intervenire laddove il bullismo impera e capire che la multiculturalità è un’opportunità e non una limitazione.

Lavorare di conseguenza per un’educazione sostenibile, adatta a una prospettiva globale, seguendo le parole di Suárez-Orozco: “I bambini migranti sono parte della nostra società, parlare con loro serve a capire come sono trattati da invisibili. Favorire la nostra interazione con loro, favorisce il nostro futuro”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA