A marzo sono trascorsi otto anni da quando in Yemen è iniziata la guerra civile. Un conflitto dimenticato da tutti che ha luogo in uno dei Paesi più poveri del mondo e dove a farne le spese, come sempre accade, è la popolazione.

«Stando ai dati forniti dall’Onu, sino a marzo dell’anno scorso le vittime del conflitto erano 377mila (su una popolazione di circa 30 milioni di abitanti, ndr) tra dirette, il 40 per cento di cui circa 20mila civili, e indirette, il 60 per cento», afferma Federica Ferraresi, fino a maggio 2022 capo missione di Medici Senza Frontiere in Yemen. «Mentre gli sfollati erano oltre quattro milioni. Ma quello che è grave, e che mi preme sottolineare, è che, a tutt’oggi, l’80 per cento degli yemeniti per sopravvivere, come mi raccontano i colleghi sul campo, dipende dagli aiuti umanitari».

Ferraresi, la guerra è in un momento di stallo…

«Nell’aprile del 2022 era stata lanciata una prima tregua di due mesi tra le parti in conflitto che noi pensavamo legata al Ramadan ma che poi, con nostro stupore, è stata rinnovata per ben altre due volte fino ad arrivare a ottobre 2022.

Da allora e fino a oggi la tregua non è stata riconfermata, ma quello che stiamo osservando è che la popolazione sta continuando a beneficiare dei positivi effetti. Inoltre, lavorando su entrambi i fronti di guerra, assistiamo a una d’escalation del conflitto in termini di attacchi aerei anche se le linee del fronte sono sempre attive».

Federica Ferraresi

Chi sono i contendenti?

«I contendenti in questa guerra civile che dura da ben otto anni sono: da una parte il governo internazionale riconosciuto yemenita, sostenuto da una coalizione guidata dall’Arabia Saudita, dall’altra Ansar Allah, gruppo di ribelli che da prima, nel 2011, aveva intrapreso una forma di protesta pacifica che poi si è trasformata in violenta e ha portato allo scoppio della guerra. Nonostante vi sia questa tregua che allevia le sofferenze della popolazione, ci tengo a ripeterlo ancora una volta che l’80 per cento degli yemeniti per sopravvivere dipende dagli aiuti umanitari. È questa ora la vera crisi umanitari».

Si può parlare quindi di povertà assoluta?

«Ma c’è di più oltre la povertà. Dal 2022 stiamo osservando nelle zone dove vi sono nostre cliniche mobili il ritorno di epidemie quali colera, difterite, morbillo… E un bambino su due soffre di malnutrizione. Questo non vuol dire che c’è carenza di cibo, ma che le famiglie non riescono a procurarsi alimenti nutrienti o non hanno i soldi per acquistarli. Stando questa situazione catastrofica che dovrebbe far confluire su questo Paese le attenzioni del mondo ricco, alla Yemen Pledging Conference del febbraio scorso sono stati raccolti un terzo dei fondi che servirebbero per aiutare l’80 per cento della popolazione di cui parlavo prima».

È come dire che le sorti di questo Paese non interessano alla comunità internazionale…

«Lo Yemen storicamente è uno dei Paesi più poveri al mondo. Vi sono limitatissime risorse minerarie che possano interessare e pochissimo petrolio. Probabilmente non è un Paese importante per le economie mondiali».

Pronto Soccorso dell’Abs Hospital. In risposta al crescente numero di feriti nel conflitto, Medici senza Frontiere ha iniziato a sostenere l’Abs Rural Hospital, principalmente attraverso il Pronto Soccorso e le relative segnalazioni. In collaborazione con il Ministero della Salute, le loro équipe hanno stabilizzato i feriti e li hanno indirizzati agli ospedali di Sanaa e Hodeida.

Dal punto di vista prettamente sanitario, Medici Senza Frontiere quante strutture gestisce in Yemen?

«Lavoriamo in Yemen dal 1986 e dal 2007 siamo stabilmente presenti nel Paese. Lavoriamo su entrambe le linee del fronte di guerra in 14 governorati su 33. Operiamo in tredici strutture sanitarie, dieci ospedali e venti cliniche, tra quelle gestite interamente da noi, e quelle in partnership con il Ministero della salute. Coloro che si rivolgono a noi fanno parte delle categorie più vulnerabili: donne e bambini. In Yemen il 50 per cento delle strutture sanitarie non sono più funzionanti perché distrutte o senza medicinali o perché il personale non riceve lo stipendio. La restante metà è priva di una medicina di base, gli ambulatori. Ciò comporta un aumento dei fattori di rischio per le donne durante la gravidanza. Nell’ospedale di Abs, per esempio, dal 2015 ad oggi abbiamo aumentato il numero dei posti letto da 30 a 288.

Qual è l’urgenza maggiore in questo momento? Cosa vi serve?

«La popolazione yemenita ha bisogno che la comunità internazionale torni ad avere uno sguardo importante sul Paese. Otto anni di conflitto hanno ridotto lo Yemen in condizioni disumane. Per potersi riprendere, sperando in un cessate il fuoco definitivo, ha bisogno di tutto l’aiuto di questo mondo. Ma chiedo anche che i giornali tornino a scrivere dello Yemen per non dimenticarlo».

Il reparto di maternità dell’ospedale di Abs. Medici senza Frontiere ha iniziato a sostenere le attività di maternità e chirurgia presso l’ospedale di Abs nel novembre 2015. Il reparto di maternità registra oltre 1.000 parti al mese.

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