Israele ha alcune caratteristiche certe e indiscutibili. La sua forza economica, la crescita continua del PIL, inarrestabile anche in tempi di crisi. Oppure le eccellenze nel mondo dell’alta tecnologia, l’avanguardia farmaceutica e, ovviamente, in tema di sicurezza.

Produce e vende sofisticati sistemi di controllo remoto e sorveglianza estremi, equipaggiamenti militari che molti credono esistano solo nei film d’azione e i sistemi d’arma più efficienti al mondo, talmente precisi e letali che li comprano proprio tutti, anche quegli Stati che non ti aspetteresti.

Esiste però un luogo comune da sfatare, riguardo il gioiello economico sulle rive del Mediterraneo: il suo tanto celebrato sistema democratico. Israele si vanta, nelle sue carte fondamentali, di essere uno “Stato ebraico e democratico” ma sbirciando sotto al tappeto della propaganda della “unica democrazia del Medio Oriente”, escono riccioli di polvere che da decenni nessuno osa raccogliere.

Conflitti di personalità

Nel definire se stesso “lo Stato del popolo ebreo”, Israele dimentica che il suo territorio accoglie circa 15 milioni di persone e quasi metà di queste hanno una religione diversa. Così come trascura il fatto che ci vive solo una piccola parte degli ebrei di tutto il mondo, molti dei quali non hanno mai nemmeno visitato la terra dei Padri.

L’appartenenza è un concetto talmente confuso che una “nazionalità israeliana” non esiste, rimpiazzata da cittadinanza (e anche quella molto selettiva). Per non dire del fatto che la banale definizione liberale di “Stato per tutti i cittadini” qui non è applicabile: ci sono persone di serie A, che vantano benessere, diritti e protezione, e abitanti di serie inferiore che devono accontentarsi di quel che avanzano gli altri.

Nemmeno tra gli ebrei sono chiari i confini dell’ebraicità. Gli ortodossi, i riformisti e gli ebrei laici hanno tutti una definizione diversa su chi sia il vero Ebreo con la maiuscola e non c’entra granché l’approccio alla vita spirituale. Il vero ebreo non si “misura” dalla sua vicinanza a Dio, dall’applicazione dei suoi Comandamenti nella vita di ogni giorno, bensì da come si veste, cosa mangia, come porta i capelli. Divisioni e lotte intestine alla religione che però si riflettono pesantemente sulla vita politica del Paese.

Principio fondativo della democrazia: le elezioni

Israele forse non aderisce in tutto alla definizione che dà di sé, può essere che al suo interno sopravviva una forma di discriminazione settaria e violenta tra gli abitanti. Insomma, anche Israele avrà qualche difettuccio. Ma vuoi mettere la meraviglia tecnologica, l’efficienza chirurgica delle sue tornate elettorali? È in quello, accidenti, che si vede un vero Stato democratico e liberale.

I Governi in Israele durano meno delle treccine degli Ashkenazim, un po’ per colpa di quelle interferenze religiose citate sopra, un po’ per la frammentazione politica – quella stessa pluralità che nel manuale della democrazia è subito sotto al capitolo Elezioni. E così nei giorni scorsi, in Israele si è tornati alle urne, per la quinta volta in quattro anni.

Un nuovo, vecchio Governo in arrivo

Il Presidente Isaac Herzog, ricevuto l’appoggio di 64 dei 120 membri della Knesset (il Parlamento), ha dato mandato allo storico premier Benjamin Netanyahu di formare il venticinquesimo governo in circa settant’anni di vita del Paese. Ora Bibi avrà tempo un mesetto per formare una coalizione che possa garantire una miglior governabilità, anche se forse non è questo il primo obiettivo.

Non dimentichiamo che l’ex e futuro premier deve affrontare diverse accuse tra corruzione, frode e tradimento, quindi è probabile che chiederà un aiutino per modificare le leggi a suo favore. Alcuni lo chiamano scherzosamente “governo di immunità nazionale”. Niente di nuovo: in politica funziona ovunque allo stesso modo.

La coalizione della tensione

Il principale alleato di Netanyahu è il “Religious Zionism”, una compagine il cui nome indica già il programma: sionismo religioso non fa pensare a nulla di buono per la metà della popolazione che ebrea non è. Hanno preso 14 seggi e cercano posizioni importanti di Governo da cui irradiare le loro ideologie.

Fin qui si è arrivati in un clima molto teso. Da un lato le accuse tra i vari contendenti politici, che fanno arrossire anche i più beceri insultatori nostrani. Eccone un paio di carini: “rifiuto della razza umana”, “assassino e bugiardo patologico”, “tu vuoi che torni in un campo di concentramento” e altre simili leggerezze.

Dall’altro lato, come sempre le elezioni incombenti hanno peggiorato il fanatismo religioso e il razzismo contro i Palestinesi. Si sono avuti bombardamenti malamente giustificati, retate nelle città e nei campi profughi, migiaia di arresti di civili, morti e feriti. Un giorno come tanti nei territori occupati, insomma, ma con quel tocco di propaganda politica in più a fini elettorali.

Il “principe delle tenebre” e i suoi vassalli

Benjamin Netanyahu

Usato nel 1999 dall’Independent, il soprannome è rimasto appiccicato a Netanyahu, che appare in effetti come un personaggio divisivo e, alla sua maniera, suprematista. Ma le alternative che si sono succedute negli anni recenti non sono tanto meglio di lui. Il popolo doveva scegliere tra un ampio parterre di uomini che odiano altri uomini.

Bennett, Lieberman, Sa’ar, perfino Lapid e Gantz vengono tutti dallo stesso posto, un luogo che giustifica e quasi porta con orgoglio le violenze e le follie contro i Palestinesi. Tutti questi Governi hanno fatto le stesse cose: invaso città nella West Bank, ampliato gli insediamenti dei coloni israeliani, limitato le libertà individuali, l’accesso all’acqua e all’energia elettrica. Perfino il “moderato” Gantz ha da poco nominato un colono israeliano ai vertici dell’apparato militare.

Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere

Come detto, sul nuovo Governo incombe l’ombra dell’estrema destra, con quel personaggio dal nome di Itamar Ben-Gvir che vorrebbe “espellere tutti i Palestinesi non leali a Israele” e vorrebbe il Ministero degli Interni. Ben-Gvir è stato membro illuminato di Kach, una compagine ora disciolta perché giudicata “organizzazione terrorista”. Un terrorista sionista per combattere i terroristi palestinesi: verrebbe quasi da sorridere, non fosse che dietro il macabro di questa storia ci sono vite umane.

Le condanne a questo probabile scenario non sono tardate, per fortuna. L’ex premier Ehud Barak (di sinistra) ha definito l’alleanza “unholy”, un aggettivo molto ebraico che indica tutto ciò che va contro le Sacre Scritture. Ha proseguito dicendo che sarebbe «una minaccia reale che riporterà Israele nell’oscurità». Tenebre, oscurità, odio: ecco a voi, l’unica democrazia del Medio Oriente.

Lo stesso Presidente Herzog è stato “beccato” in un fuori-onda in cui riporta a un collega come ha ammonito Netanyahu, conferendogli il mandato: «Hai un alleato per cui tutto il mondo intorno a noi è preoccupato».

Confine nebuloso e labile

Nello Stato di Israele, faro della democrazia, il Parlamento è quindi dominato da fanatici di ultra-destra e generali sanguinosi, tutti regolarmente eletti e molti che sarebbero ineleggibili anche solo a buon senso. La sensazione a pelle è che invece di essere il modello per un sistema libero e liberale, come era nella volontà dei fondatori, Israele stia imparando vezzi e difetti dei vicini (e lontani) di casa, più che insegnando.

Quello che viene democraticamente confermato a ogni tornata elettorale, è di fatto un sistema politico che ripete tutti gli schemi dell’apartheid del Sudafrica coloniale. Privilegi, carriera e ricchezza per alcuni; violenza, sopraffazione e discriminazioni per altri, con limitazioni per diritti fondamentali come l’istruzione, la casa, la cultura. La semplice serenità.

Il mondo occidentale che tanto si oppose al sistema sudafricano, quello stesso mondo che fece di Nelson Mandela un eroe della modernità, ora non sembra accorgersi di tutte le evidenti analogie. Si potrebbe pensare che sia dovuto al fatto che in Israele la gente ha la pelle dello stesso colore ma forse il motivo è nascosto tra le righe dei primissimi paragrafi di questo articolo, nell’ipocrisia del dio denaro.

Con buona pace di Allah, Gesù e pure di Yahweh.

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