Ve lo ricordate? Sono passati dieci anni, ma il cosiddetto “Metodo Boffo” è ancora vivo e vegeto e, come direbbe qualcuno, “lotta insieme a noi”. Purtroppo, verrebbe da aggiungere. Già, perché quella che senza tema di smentita possiamo definire anche come “macchina del fango” tout court – che di fatto nel 2009 costrinse alle dimissioni il giornalista Dino Boffo, all’epoca direttore di “Avvenire” – non ha mai smesso di far girare i suoi diabolici meccanismi. In lungo e in largo per il Belpaese, ma ovviamente il discorso si potrebbe estendere tranquillamente al resto del mondo e in particolare agli Stati Uniti. Senza andare troppo lontano, però, recentemente il “Metodo Boffo” ha colpito anche un nostro concittadino. Una persona che da quindici anni copre svastiche e scritte di chiara matrice fascista sui muri di Verona e dintorni, con graffiti ispirati a prodotti enogastronomici. Stiamo ovviamente parlando di Pier Paolo Spinazzè, in arte Cibo. Il quale, evidentemente, deve aver dato fastidio a qualcuno non solo con la sua opera di “pulizia” urbana, ma anche con il suo atteggiamento social, spesso molto aggressivo – chi legge il nostro giornale e ne visita le pagine Facebook sa bene che Cibo a volte commenta i nostri articoli senza passare inosservato, per usare un eufemismo –. E proprio i social network, ora, rischiano di diventare per Cibo la tipica “arma a doppio taglio” con cui si tenta di screditarlo.

Su Facebook, in particolare, Cibo è un instancabile produttore di post e commenti. E quasi tutti, basta scorrerli velocemente, sono rivolti a promuovere la propria attività di “graffitaro” e a lottare contro certi rigurgiti fascisti, in particolare quelli che riguardano Verona. Quasi tutti, appunto. Perché in passato Cibo ha scritto anche post di cui si dovrebbe vergognare. E che forse oggi non gli appartengono più, ma che rischiano di diventare una “spada di Damocle” davvero pesante. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di spiegare per punti cosa è avvenuto, in particolare, negli ultimi giorni:

  1. “Il Nazionale”ha recentemente pubblicato alcuni articoli sull’ormai celeberrimo murales “Scarpette Rosse”, dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne che è stato cancellato e sostituito da altri graffiti dedicati a diverse tematiche. In occasione di uno di questi pezzi il consigliere comunale di maggioranza Andrea Macario Velardi aveva dichiarato che entro il 25 novembre 2019 sarebbe stato dedicato un murales analogo, cioè sul tema della lotta alla violenza di genere, in altra zona della città;
  2. quando il 25 novembre è passato senza novità sul tema, abbiamo chiesto a Velardi di spiegare come mai il murales promesso non fosse stato ancora realizzato e il consigliere ci ha risposto con un lungo commento, a cui, un paio di giorni dopo, ha ribattuto la consigliera comunale di minoranza Elisa La Paglia;
  3. martedì 26 novembre, sotto il post di Facebook con cui è stato condiviso l’articolo che conteneva la risposta di Velardi al nostro giornale, si sono scatenati nei commenti dapprima Spinazzè, poi alcuni cittadini/lettori che hanno contestato lo stesso Spinazzè con screenshot tratti dalla pagina Facebook di quest’ultimo e risalenti a un paio d’anni fa circa. In questi post Spinazzè si rivolgeva in maniera assolutamente censurabile e violenta contro bersagli fragili o vittime di razzismo, dimostrando una visione assolutamente incoerente con la sua azione sul territorio cittadino. Pur prendendo assolutamente le distanze da questi contenuti, questi post e screenshot contro Spinazzè sono stati prontamente rimossi dalla nostra redazione per una questione di coerenza nei confronti dell’articolo postato: il tema era il murales sulle “Scarpette Rosse” e non certo la credibilità di uno dei nostri lettori e commentatori. Post e screenshot, peraltro, che avevano l’unica finalità di spostare l’attenzione su Spinazzè e la sua (presunta) incoerenza esautorandolo, di fatto, dal poter commentare i nostri articoli, ma che nulla c’entravano con le domande emerse in quegli articoli: il murales si farà o non si farà? E se si farà, dove verrà realizzato ed entro quando?;
  4. venerdì 29 novembre, infine, scoppia la “bomba”: sul quotidiano nazionale “La Verità”, esce un lungo articolo a firma di Francesco Borgonovo, che prende di mira il «Paladino della Sinistra» come viene definito nel pezzo Cibo, e i suoi post sessisti, violenti, razzisti (in particolare contro Israele) e quant’altro. Nei giorni successivi il tema viene ripreso sui social da Selvaggia Lucarelli (giornalista de “Il Fatto Quotidiano”) e la polemica rimbalza anche sui quotidiani locali veronesi e su Internet. Anche l’ex sindaco di Verona, Flavio Tosi, prende una posizione netta contro Spinazzè, parlando di «doppia morale della sinistra» e via dicendo.

Ribadendo da una parte con fermezza la nostra assoluta distanza e condanna nei confronti dei contenuti emersi nei post di Spinazzè risalenti ad alcuni anni fa, ci sembra dall’altra di essere di fronte a un vero e proprio attacco, puntuale e chirurgico, nei confronti di chi evidentemente è risultato scomodo, in qualche modo. Ma questa, si sa, è una metodologia che è stata applicata, nel corso del tempo, a molti personaggi della politica, dello sport e dello star system. Ben più in vista, famosi e importanti di Pier Paolo Spinazzè, per la cronaca.

Il murale della discordia

Forse anche per questo un po’ ci sorprende tutta questa importanza data da una testata nazionale a un “semplice” writer veronese (non ce ne voglia), anche se effettivamente un writer un po’ particolare che non si limita a pitturare i muri fatiscenti delle periferie. Non ci stupirebbe per nulla, insomma, se negli ambienti cittadini qualcuno avesse alzato il telefono e chiesto esplicitamente aiuto – confidando nei buoni rapporti con la direzione del giornale – per colpire Spinazzè, inviando allo stesso tempo tutta la “documentazione necessaria”, gelosamente conservata per anni in qualche cellulare o hard disk e di sicuro non in possesso di Borgonovo o dei suoi collaboratori. Ovvero i controversi screenshot sui post di Cibo. La tempistica, in effetti, appare quantomeno singolare e sembra fin troppo lampante che ci sia qualcosa di sospetto nel fatto che post risalenti a tempo fa siano stati tirati fuori oggi e diventati improvvisamente così importanti, quando invece – se la questione fosse stata effettivamente “a cuore” – si poteva già a suo tempo segnalare, criticare e far qualcosa per censurare quella controversa pagina Facebook. Insomma, la faccenda è tutt’altro che limpida e ci ricorda in tutto e per tutto la macchina del fango utilizzata già in passato per distogliere il focus dell’attenzione pubblica. E da giorni, fateci caso, non si parla altro che di Cibo (lo stiamo facendo anche noi, ora, predicando bene e razzolando male), se ci pensate. Insomma, qualcuno ha voluto zittire Cibo “sputtanandolo” a livello nazionale. Anche se, va ribadito, lui ha fornito l’occasione su un piatto d’argento con quei post, come da lui stesso ammesso.

«Mi dispiace tantissimo» ci ha, infatti, rivelato il writer. «Rivedendomi ora non mi capacito di aver scritto quelle cose e mi scuso davvero con tutti. Alcune cose, in realtà, andrebbero spiegate, perché alcuni messaggi erano volutamente provocatori e sono risultati fuorvianti rispetto al mio reale pensiero. Essendo un artista gioco sempre con la provocazione per andare dritto al punto. In alcuni casi sono stato frainteso, come ad esempio nel messaggio che alcuni hanno pensato fosse contro Tiziana Cantone, ma non ce l’avevo assolutamente con quella povera ragazza, ma contro un certo tipo di giornalismo cinico e morboso, spesso teatrale. Quel post, insomma, era inserito in un più complesso contesto di altri post ed estrapolato così non aveva alcun senso. Di altri post, invece, devo effettivamente e sinceramente chiedere scusa, perché ho scritto cose imbarazzanti e assolutamente sbagliate, che mi sono uscite male e sono state percepite pure peggio. Rivedendomi con gli occhi di oggi mi rendo conto di essere stato immerso in quel periodo in un clima d’odio in cui io per primo mi ci sono buttato e sguazzato e ho scritto cose in cui oggi non mi riconosco e da cui vorrei prendere le distanze. Ingenuamente – prosegue il writer – ho sempre lasciato i miei profili aperti, ma se fossi andato a rileggere quei post recentemente li avrei cancellati, perché assolutamente negativi. Ma vorrei che fosse chiaro a tutti anche che Cibo è una cosa e Pier Paolo Spinazzé è un’altra. L’artista, cioè, da una parte e la persona, con tutti i suoi difetti e debolezze, dall’altra. Cibo domani sarà di nuovo in strada, tanto lo farebbe comunque. Oggi che sta ripulendo la città dalle scritte e dai simboli nazifascisti la gente ne riconosce l’impegno e lo apprezza. Ho sempre pensato che le persone vadano giudicate dai fatti e mi auguro che con il tempo tutto questo vada dimenticato e rimangano solo i risultati fino a qui prodotti.»