Le parole non sono mai neutre e le donne lo sanno. Parole come pietre di Barbara Salazer (settembre 2022, pubblicazione indipendente) contribuisce a questa consapevolezza con tante storie raccolte a partire da un messaggio postato sul suo profilo Facebook nel 2020. Ne era scaturito un articolo pubblicato su Heraldo, e da allora il progetto è maturato in forma di libro, che si è nutrito di testimonianze prima timide e poi via via torrenziali.

L’autrice veronese Barbara Salazer.

“In una domenica di semi-lockdown, ho lanciato una proposta alle mie amiche di Facebook, di raccontare la loro esperienza con frasi che avessero provocato una ferita dentro di loro – scrive così l’autrice nell’articolo citato -. Un esperimento sociologico senza pretese, nato più come un’opportunità per sfogare malumori, è presto diventato più grande di se stesso. La risposta è stata così numerosa, partecipata e per certi versi illuminante che non si poteva lasciare in un cassetto”.

Centoventi persone con un vissuto diverso si sono riconosciute in quello che Salazer ha chiamato «un rituale di liberazione e perdono collettivo. Le amiche reali e virtuali hanno trovato una voce per esprimere il dolore, la rabbia, perfino il candido stupore per una discriminazione sotto traccia, giornaliera, pesante come un macigno».

Difficile aggiungere qualcosa di più profondo delle considerazioni puntuali con cui l’autrice anticipa i vari capitoli del libro, ma sorprende sempre, e ferisce, notare come persistano tanti stereotipi veicolati dal linguaggio.

Le parole che circondano le donne nei luoghi di lavoro

Sul luogo di lavoro, ad esempio, la situazione è nota: i commenti affiancano, sottolineano e talvolta peggiorano la vita lavorativa delle donne, già funestata alla base nell’assunzione, nella retribuzione e nell’avanzamento di carriera.

Per tacere della presenza dei figli o annuncio di maternità che possono diventare anche causa di licenziamento, in seguito a patti siglati a lato del contratto di assunzione.

Un’imprenditrice italiana di successo, Elisabetta Franchi, è arrivata a sostenere pubblicamente che, per i ruoli apicali della sua azienda, preferisce assumere donne oltre i quarant’anni di età «libere da ogni giro di boa» così da poterle impiegare h24.

Che sia una donna a esplicitare questa tendenza è quasi insopportabile ma è tristemente realistico pensare, e anche i racconti di Salazer lo confermano, che sia pensiero comune e dominante.

Tra patenti di bellezza e identità professionale

Le parole sono macigni anche quando colpiscono sul piano estetico, adeguandosi ai canoni vigenti di bellezza e accettabilità fisica.

La copertina di Parole come pietre, scritto da Barbara Salazer e disponibile da settembre 2022 su Amazon.

Fatema Mernissi aveva detto che il famigerato burka, per noi occidentali, è semplicemente la taglia quarantadue, e aveva ragione. É un problema culturale, inizia in famiglia, in fase di crescita di bambine e bambini, e prosegue a scuola, enfatizzandosi poi nei luoghi di lavoro, dove i colleghi compilano ipotetiche graduatorie di beltà più o meno all’insaputa delle loro colleghe.

E torniamo alle parole che si scrivono, si sentono e in cui siamo immersi. É del 1987 il documento Il sessismo nella lingua italiana, a cura di Alma Sabatini, licenziato dall’allora Commissione per la realizzazione della parità tra uomo e donna. Si leggeva nella presentazione, a cura di Elena Marinucci, presidente della Commissione: «La lingua che si usa quotidianamente è il mezzo più pervasivo e meno individuato di trasmissione di una visione del mondo nella quale trova largo spazio il principio dell’inferiorità e della marginalità sociale della donna».

«Buongiorno avvocato, buongiorno signora»

A distanza di decenni si constata che manca o latita ancora, per esempio, la declinazione al femminile delle qualifiche professionali.

Emblematica una delle testimonianze raccolte da Salazer: «Quando entra un cliente spesso ci saluta con un “Buongiorno avvocato” rivolto al collega e un “Buongiorno signora” per me che sono la titolare dello studio».

In proposito l’autrice cita il testo della sociolinguista Vera Gheno, Femminili singolari-il femminismo è nelle parole in cui l’autrice «smonta abilmente alcuni miti che ci impediscono di usare semplici parole, grammaticalmente corrette, come ministra, sindaca o avvocata, in forza di una serie di giustificazioni irrazionali, di pelle, solo perché “fa strano dirlo così”».

Riconoscere che il problema delle parole usate debba essere affrontato sul piano educativo è un’indicazione preziosa di questo libro, senza velleità saggistiche o accademiche, che coraggiosamente denuncia uno stato di cose e, nel contempo,  ricorda alle donne, così desiderose di arrivare a tutto, che Wonder Woman non è di questo mondo.

Parole come pietre include la prefazione della pedagogista Maria Luisa Costantino e la postfazione della scrittrice Erna Corsi. I proventi delle vendite andranno a favore di una delle case rifugio gestita dalla cooperativa Il Ponte, che promuove attività sociali nel territorio.

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