E’ certamente un futuro molto incerto quello che attende i lavoratori del settore dello spettacolo, che si scontrano oggi in modo drammatico con i limiti di una normativa insufficiente a tutelarli con efficacia, ma che soffrono anche delle conseguenze politiche e sociali di un cronico ritardo della categoria nel riconoscersi in quanto “lavoratori” prima ancora che come “artisti”. Di questo e molto altro abbiamo parlato durante la consueta diretta su Facebook e Youtube nell’ambito della rassegna “Succede alle 31”, insieme a Donato Nubile, presidente della cooperativa per lo spettacolo SMART che è presente in 9 paesi in Europa, ed Emanuela Bizi, segretaria nazionale SLC-CIGL per i lavoratori dello spettacolo.

L’emergenza Covid-19 ha scoperchiato il vaso di Pandora in un settore, quello dello spettacolo dal vivo, che da sempre in Italia è caratterizzato da ampie zone grigie, di regole che contrastano con l’idea di un welfare moderno ed efficiente e di una gestione delle risorse pubbliche destinate allo show-business evidentemente non più sostenibile. A questo proposito basti pensare al paradosso per il quale quest’anno molti enti lirici e teatri stabili “rischiano” di guadagnare di più rimanendo chiusi, perché chi ne ha diritto avrà comunque accesso ai fondi destinati prima dell’emergenza Covid-19 dal FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), ma senza dover sostenere le spese per la produzione di eventi e spettacoli che difficilmente vedremo in scena prima della fine del 2020. Ora, va da sé che la situazione eccezionale in cui ci troviamo a seguito di una pandemia dal catastrofico impatto globale, avrebbe imposto al governo riflessioni diverse e più razionali sull’utilizzo dei fondi, e più in generale è evidente come vada necessariamente superata una normativa che, di fatto, ha sempre guardato prima alle imprese e solo dopo a fornire adeguate garanzie al lavoro.

Donato Nubile

Secondo Donato Nubile di SMART, infatti, «anche il campo del diritto del lavoro e delle relazioni può e deve diventare un campo di sperimentazione in Italia, ma con gli stessi criteri che si applicano alla ricerca scientifica: ovvero una sperimentazione che possa essere misurata, controllata, analizzata e se funziona, estesa su larga scala. Questo contribuirebbe a dare nuovo impulso al settore, a fare maggior chiarezza nelle troppe zone grigie e creerebbe nuove opportunità.»

Forte del carattere internazionale della cooperativa che rappresenta, Donato ha uno sguardo ampio che gli consente di immaginare, con i colleghi delle altre filiali SMART in Europa, nuovi percorsi e nuovi contenuti anche per il mondo delle cooperative dello spettacolo. Ma quando gli chiediamo che cosa, soprattutto, lo aiuterebbe a lavorare meglio per sé e per i suoi soci, ci risponde così: «Mi chiedi di strofinare la lampada di Aladino ed è un esercizio non facile, ma ti posso senz’altro dire che ciò che soprattutto ci aiuterebbe a lavorare meglio nel settore dello spettacolo dal vivo sarebbe che le lavoratrici e i lavoratori avessero una maggiore coscienza dei propri diritti e dei propri doveri, perché questo già metterebbe al bando quelle “cattive” pratiche diffuse nel settore, alcune totalmente illegali e altre che, diciamo così, stanno sul filo del rasoio, e che magari danno qualche piccolo vantaggio ai lavoratori e alle lavoratrici nel breve periodo, ma che poi li mettono in grave difficoltà in periodi di crisi come questo, ad esempio.» E qui il pensiero va a tutte le giornate di prova, piuttosto che alle giornate di trasferta che per i lavoratori dello spettacolo vengono calcolate con parametri fortemente nocivi a livello di contribuzione INPS, se non correttamente definite in fase di contratto.

Emanuela Bizi

Concorda e aggiunge la segretaria nazionale CGIL per i lavoratori dello spettacolo Emanuela Bizi: «Questo è un settore dove vanno necessariamente sperimentate nuove formule di tutela dei lavoratori. Oltretutto, per come sta evolvendo il mercato del lavoro, è ormai divenuto impossibile pensare che le tutele riguardino alcuni ed altri no: i diritti devono stare in capo alla persona, non al contratto che ha. E questo come CGIL abbiamo cercato di tradurlo nelle contrattazioni, pretendendo e ottenendo maggiori tutele per le partite IVA, ad esempio, oppure introducendo il cosiddetto “contratto mensilizzato” che consente al lavoratore di aumentare il numero di giornate ai fini contributivi. Ma la cosa fondamentale che i lavoratori devono capire è che noi adesso dobbiamo imparare ad essere un po’ più “comunità” e aprire a nuovi ragionamenti. Siamo entrati in questa crisi in un modo e dobbiamo assolutamente uscirne in un altro, abbiamo bisogno di proposte fattive e concrete per inchiodare la politica, perchè adesso la politica la dobbiamo inchiodare. Questo è un sistema malato che va rifondato.»

Durante la diretta si è parlato anche di come in Europa la figura del lavoratore dello spettacolo venga considerata in modo diverso rispetto a quanto avviene in Italia, delle “piazze” che questo sabato 30 maggio saranno animate dai tecnici e dalle maestranze in agitazione permanente per i loro diritti e infine, di quanto sarebbe importante che il governo trovasse il coraggio politico di guardare in faccia e garantire maggiori tutele a un settore così importante per la società. Si tratta prima ancora di una rivoluzione culturale, che non potrà fare a meno dell’unità di valori e proposte di tutti i lavoratori del settore.