Giuliano De Seta aveva 18 anni. Aveva, perché lunedì 26 settembre si sono svolti i suoi funerali a Ceggia, in provincia di Venezia. Giuliano è morto durante lo stage che stava svolgendo, all’interno del progetto scolastico del Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento) ovvero l’ex Alternanza scuola lavoro introdotta nel 2003.

Giuseppe Lenoci di anni ne aveva ancora meno. Aveva. Pure lui. È morto a 16 anni, il 14 febbraio 2022 durante il tirocinio scolastico, presso una ditta termoidraulica in provincia di Ancona. Anche per Lorenzo Parelli dobbiamo parlare al passato. Perché pure lui è morto a 18 anni, il 21 gennaio di quest’anno, mentre svolgeva il tirocinio scolastico in un’azienda meccanica in provincia di Udine.

Secondo il sindacato di base ADL Cobas, da gennaio 2022 i morti sul lavoro in Italia sono circa 600, una media di 3 al giorno, con un incremento di quasi il doppio rispetto al numero di morti del 2021. Gli infortuni denunciati sono quasi 450 mila, con un aumento del 40% rispetto all’anno passato: è evidente che in Italia c’è un problema con la sicurezza sui posti di lavoro.

Una foto della manifestazione del 25 aprile, della Rete Studenti Medi Veneto

Ma qui stiamo parlando di tre ragazzi, tre studenti, tre giovani che stavano svolgendo un’attività formativa e che sono morti in situazioni tragiche. Il che rende il problema della sicurezza lavorativa ancora più drammatico.

Su questi argomenti abbiamo intervistato Emma Menaspà, studente ventiduenne di Verona e membro dell’esecutivo della regione Veneto della Rete Studenti Medi.

Menaspà, innanzitutto ci può spiegare cos’è e cosa fa la Rete Studenti Medi?

«È un sindacato studentesco che dal 2008 si occupa di diritti degli studenti delle superiori, ma anche di battaglie sociali quali la tutela dell’ambiente e i diritti civili. Siamo parte di Fridays for Future, siamo un gruppo antirazzista, antifascista e per la parità di genere.»

Dopo la morte di Giuliano De Seta, avete organizzato una manifestazione in Campo San Geremia a Venezia, insieme ad altre realtà. Cosa chiedete?

«Quella di Giuliano è stata l’ennesima tragedia e non abbiamo voluto stare in silenzio. Abbiamo manifestato a Noventa di Piave nel giorno di giovedì 22, di fronte all’azienda in cui Giuliano è morto. Ma anche in molte altre città è stato ricordato, in occasione dello sciopero di venerdì 23.

Ciò che chiediamo è sicurezza. Chiediamo che il luogo di lavoro sia sicuro, soprattutto per dei giovani che devono imparare cos’è un posto di lavoro, come si muove questo mondo. Ed è assurdo che si muoia durante un’esperienza che dovrebbe essere formativa, cioè di crescita.»

Quindi voi non siete per l’abolizione del Pcto?

«Chiediamo che il Pcto smetta di avere le caratteristiche che ha ora. Noi studenti siamo i primi a chiedere che l’esperienza scolastica non sia scollegata dalla realtà del lavoro. Va benissimo che la scuola crei occasioni per gli studenti, di potersi confrontare con l’ambiente lavorativo. Ma chiediamo che sia un’esperienza sicura e formativa.

Invece com’è ora, molto spesso il tirocinio va a sostituire un altro lavoratore. Ma il tirocinio non può sottostare alle logiche del profitto economico: è questo ciò che non va. Se è un’esperienza scolastica, deve essere per forza un’esperienza di apprendimento, con qualcuno che accompagna il ragazzo a capire il mondo del lavoro.»

Avete fatto delle proposte concrete al ministero dell’Istruzione?

Campagna social della rete studenti Medi, in collaborazione con l’Unione degli Universitari

«Certo, non protestiamo e basta, ma facciamo un gran lavoro di raccolta delle opinioni e delle proposte degli studenti. Peccato però che il ministero si mostri sempre così reticente a confrontarsi con noi.

Le nostre tre proposte in merito al Pcto sono che diventi un’occasione di formazione prima di tutto sui diritti dei lavoratori, sul contratto di lavoro e sulle tutele dei lavoratori. Molto spesso chi si approccia al mondo del lavoro per la prima volta, non sa niente di tutto ciò. Mentre è fondamentale averne consapevolezza.

In sostanza chiediamo che il Pcto non sia un inserimento lavorativo e basta. Ma sia davvero un’occasione di apprendimento per il tirocinante.»

I giovani che terminano la scuola dell’obbligo e decidono di cercare lavoro che atteggiamento hanno verso questo mondo? Come lo vedono?

«Mi viene da dire che proviamo grande sfiducia: verso il futuro, verso gli adulti, verso il mondo del lavoro.

È come sentire che non c’è spazio per noi. O siamo troppo giovani, o non abbiamo esperienza. In ogni caso veniamo buttati in un mondo che non ci tutela e ci dice che non siamo abbastanza. E sono messaggi che a lungo andare hanno effetti sulla salute mentale, altro tema a noi molto caro.

Uno dei vari progetti che abbiamo portato avanti è stata la ricerca Chiedimi come sto, in collaborazione con l’Ires, l’Istituto ricerche economiche e sociali, e con la Spi Cgil.

L’indagine ha intercettato circa 30 mila studenti di superiori ed università, tra il 22 febbraio e il 27 marzo 2022. Ne è emerso un quadro di prevalente sfiducia verso il mondo che sta fuori dalla propria cerchia amicale e dalla propria famiglia: l’80% ha dichiarato di avere in generale sfiducia verso gli adulti.

Inoltre è risultato che a livello di salute mentale, almeno un terzo degli studenti sente di avere bisogno di supporto psicologico, di sentirsi preoccupato e solo. Ecco come stiamo.»

© RIPRODUZIONE RISERVATA