I frequenti conflitti nell’area mediorientale, l’instabilità politico-sociale e la mancanza di prospettive economiche in alcune zone post-belliche, nei Balcani e nell’Est Europa, le gravissime emergenze umanitarie e le guerre civili nell’Africa Subsahariana e in alcune zone del nord del continente hanno determinato nel tempo ondate cicliche di immigrazione, più o meno massicce, in particolare verso l’Europa occidentale. E fra le varie problematiche legate a questa situazione c’è anche la cosiddetta “tratta degli esseri umani”, una realtà che purtroppo coinvolge migliaia di persone ogni anno.

Secondo i dati europei, il reclutamento, trasporto e sfruttamento per mezzo di forza o minaccia riguarda quasi 30mila persone, due terzi delle quali donne. La metà delle vittime è sottoposta a sfruttamento sessuale. Secondo le Nazioni Unite, infatti, la prostituzione è la forma più diffusa di sfruttamento. In Italia le donne vittime di tratta sono oltre 2mila.

Un convegno dedicato

Si è svolto ieri, martedì 31 maggio, un importante convegno organizzato da Numero Verde Antitratta in collaborazione con il Centro per i Diritti Umani “A. Papisca” dell’Università degli Studi di Padova.

La giornata ha segnato il momento conclusivo di un percorso di collaborazione tra la Regione del Veneto, l’Unità Operativa Dipendenze, Terzo Settore, Nuove Marginalità e Inclusione Sociale, l’Università degli Studi di Padova, Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” e il Il Numero Verde Antitratta (che 15 giugno 2021 è gestito direttamente dalla Regione del Veneto).

Il progetto ha riguardato lo sviluppo e la realizzazione di due attività di carattere sperimentale: la creazione di un Osservatorio sui fenomeni connessi alla tratta e la supervisione metodologica sull’analisi dei dati e sulle linee guida, entrambe realizzate con il contributo del Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” dell’Università degli Studi di Padova, in particolare della professoressa Paola Degani.

Locandina dell’evento

L’incontro è stato un momento di riflessione e confronto sulle questioni considerate durante questo primo anno di esperienza dell’Osservatorio, nonché un’occasione collegiale per sottolineare i problemi e le opportunità di rafforzamento del lavoro del Sistema Antitratta che il momento storico che stiamo vivendo presenta e offre.

All’evento erano presenti oltre alla Direttrice del Centro di Ateneo per i Diritti Umani Gabriella Salviulo, la Magnifica Rettrice dell’Università degli Studi di Padova Daniela Mapelli, la Direttrice dell’Ufficio per le Politiche per le Pari Opportunità del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri Laura Menicucci, la Direttrice della UO Dipendenze, Terzo Settore, Nuove Marginalità e Inclusione Sociale della Regione del Veneto Maria Carla Midena. Hanno inoltre portato le loro esperienze dirette vari operatori Antitratta del territorio nazionale.

La fotografia della tratta oggi

La tratta è un fenomeno estremamente complesso ed in continua evoluzione ed è pertanto necessario sviluppare adeguati strumenti di osservazione e di monitoraggio, in grado di fornire una lettura aggiornata ed approfondita del fenomeno, di supportare la definizione delle politiche e di contribuire alla programmazione di mirati interventi di risposta da mettere in campo.

Durante il convegno, è stato Gianfranco Della Valle, referente del Numero Verde, a descrivere il fenomeno come attualmente si presenta in Italia.

Ciò che emerge è che il 71% delle donne raggiunte dal progetto sono di nazionalità Nigeriana. Ciò, nonostante gli sbarchi di donne provenienti dalla Nigeria abbia subito una forte riduzione (nel 2016 se ne contavano più di 11 mila, ora sono poco più di 200).

In generale le donne rappresentano l’81% delle persone prese in carico dal progetto, gli uomini quasi il 17% mentre si fa fatica ancora ad intercettare le persone transessuali che rimangono a percentuali molto basse (1,8%).

Altro dato importante è che i progetti Antitratta si stanno modificando, riuscendo ad accogliere sempre più minori, figli delle vittime di sfruttamento. Questo a ribadire che lo sfruttamento non è “solo” una negazione di diritti umani, ma è una condizione di vita che si porta dietro richieste quali possedere un lavoro, un’abitazione e assistenza per i figli.

Lo sfruttamento sessuale

Lo sfruttamento sessuale attualmente è la tipologia di sfruttamento che interessa il 46% delle persone intercettate. La prostituzione su strada continua la sua graduale sparizione. Molto probabilmente si sta spostando in appartamenti chiusi, rendendo ancora più invisibili e poco raggiungibili le donne sfruttate.

La prostituzione forzata interessa per più del 70% le donne, per il 28% le persone transessuali (da qui l’importanza di trovare nuove strategie per poterle intercettare) e solo per l’1% uomini.

Lo sfruttamento lavorativo

Foto di Rio Lecatompessy, unsplash.com

Lo sfruttamento lavorativo da par suo, cresce di anno in anno fino a raggiungere l’attuale 31,1%. Nella Regione Veneto lo sfruttamento lavorativo ha di fatto superato quello sessuale e questo è un dato nuovissimo che porta nuovi interrogativi agli operatori.

La sensazione, confermata anche da altri enti, è che siamo di fronte alla trasformazione dello sfruttamento lavorativo da fenomeno patologico confinato in alcuni settori, a fenomeno strutturale dell’economia globale, per cui si accettano forme di schiavismo consensuali e addirittura contrattualizzate.

Pakistan, Marocco, Nigeria e Bangladesh, sono le quattro nazioni i cui cittadini sono maggiormente coinvolti dallo sfruttamento lavorativo. Tutte insieme queste etnie raggiungono quasi il 50% del totale. Il settore lavorativo in cui avviene più sfruttamento lavorativo è quello agricolo (64%), seguito dalla manifattura (6%) e dai servizi alla persona (6%).

Il Veneto, in Italia, è la Regione in cui sono emersi più casi di sfruttamento sia nel settore agricolo sia in quello manifatturiero. Probabilmente ciò dipende dalla stretta collaborazione che il progetto Antitratta è riuscito a costruire con l’Ispettorato del Lavoro.

Le nuove sfide

Foto di Artūras kokorevas, pexels.com

Per quanto riguarda la macro area nel nord Italia, infine, gli operatori hanno fatto emergere la problematica delle frontiere. Tutto il nord infatti conta passaggi di frontiera (Ventimiglia, il Piemonte, il Trentino, il Friuli per la rotta balcanica… e Milano non come terra di confine ma luogo di possibile approdo) e il lavoro per gli operatori anti-tratta nelle frontiere si sta facendo sempre più pressante e intenso.

Basti pensare alle migliaia di donne ucraine che stanno lasciando la loro patria e che proprio alle frontiere rischiano di cadere nella rete dei trafficanti. A questo proposito le grandi associazioni internazionali stimano che a causa del blocco dell’esportazione di grano dall’Ucraina saranno 38 milioni le persone del continente Africano a rischio malnutrizione. Ciò significherà, inevitabilmente, un aumento delle migrazioni e del rischio per i migranti vulnerabili di venire trafficati e sfruttati.

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