Nel nostro viaggio nei diversi Paesi per vedere come i nostri connazionali stanno vivendo la situazione correlata all’epidemia di coronavirus, oggi andiamo (si fa per dire) ad Amsterdam a conoscere Elisa Superbi. Elisa è arrivata ad Amsterdam nel 2013, per seguire una carriera nel mondo del marketing farmaceutico. Dopo una pausa forzata causata dallo stress lavorativo, ha deciso di seguire la sua passione per la psicologia e per lo sviluppo personale: ora si dedica all’attività di coaching, aiutando altre persone a realizzarsi sia in senso professionale che personale.

Elisa Superbi sui tetti di Amsterdam

Elisa, qual è la situazione attualmente in Olanda rispetto al Covid-19?

«Premetto che l’Olanda è una Nazione molto piccola, grande quanto due regioni Italiane, in due ore di macchina arrivi facilmente in Germania o in Belgio. Qui il focolaio è iniziato nella provincia del Brabant, purtroppo a causa di alcuni olandesi che si erano recati in Lombardia, e si è aggravato velocemente. La situazione olandese rispecchia quella Italiana in quasi tutto, con la sequenza di chiusure, incredulità iniziale, panico a seguire, paziente attesa che la situazione torni “normale” e via dicendo. Quello che ho potuto osservare è che una settimana di vantaggio ha permesso ad altri ospedali, come qui ad Amsterdam, di portarsi avanti e allestire nuovi posti di terapia intensiva prima che il collasso si verificasse; purtroppo, come in Italia, nella zona del focolaio iniziale ciò non è stato possibile e si sono dovuti trasferire alcuni pazienti in altri ospedali. Hanno eseguito test e tamponi in maniera preventiva, analizzando inoltre le acque di scarico in diverse aree dell’Olanda. Come noi hanno commesso errori ma anche fatto scelte oculate, quindi penso che promuoverò entrambi a “fine anno scolastico”. Sono in contatto con amici italiani qui e in Italia, le notizie sull’epidemia in Italia erano su tutti i giornali e noi expat abbiamo vissuto la situazione come se stessero bombardando l’Italia; anche quando non si sapeva come le cose si sarebbero evolute qui in Olanda, l’angoscia per quello che stava succedendo era più viva che mai e abbiamo provato un dolore e una vicinanza alla patria mai vissuti prima.»

Gli olandesi come percepiscono la situazione?

«Gli olandesi sono spaventati come tutto il resto del mondo, diciamo che culturalmente adottano l’atteggiamento del “Doe Normaal” ovvero non andare in panico e non esternare stati d’animo “eccessivi” in pubblico, quindi anche se all’apparenza si comportano in modo meno drammatico di noi italiani anche loro sono sottoposti a grande ansia. Il Ministro della Salute ha avuto un collasso durante una conferenza pubblica e il giorno dopo ha rassegnato le dimissioni perché lo stress della situazione per lui era troppo elevato. La mia opinione è che ogni cultura ha il suo modo di gestire le situazioni di pericolo e tensione. Rispetto a come stanno reagendo gli italiani noto più similitudini che differenze. Tanto per dire anche qui si fanno gli applausi dai balconi e si disegnano arcobaleni e gli italiani in questo hanno “contagiato” gli altri paesi»

Ci puoi raccontare qualche aneddoto particolare?

«Alla chiusura dei coffee shop si sono formate file infinite per accaparrarsi le ultime scorte di marijuana, tanto che il governo ha deciso il giorno dopo di consentire la distribuzione in modalità take away… probabilmente hanno pensato che  sia meglio mantenere la gente rilassata!»

Code davanti ai coffee shop

Quali divieti sono stati adottati?

«Qui non è vietato fare la passeggiata o portare i bambini a giocare al parco; volendo si può uscire di casa tutti i giorni, ma bisogna mantenere una distanza di almeno 1,5 metri dagli altri…mi sembra comunque che in generale la gente stia agendo con buon senso; in questo periodo di solito piove a catinelle, mentre ora “ovviamente” ci sono 20 gradi e il sole (cosa molto rara qui)! Quindi è stato necessario impedire l’accesso ai canali per evitare che le persone organizzino i tradizionali picnic in barca.»

E gli italiani che vivono lì?

«Tutti gli italiani che vivono in Olanda hanno condiviso informazioni sui social network il più possibile per far pressione affinché si superasse la fase iniziale di negazione al più presto anche qui; anche verso la cerchia ristretta di amici olandesi, nonostante le resistenze da parte loro, abbiamo cercato di farci portavoce dell’esperienza dell’Italia, spiegando lo scenario che si sarebbe realizzato a breve, per convincerli a cancellare eventi e feste che ancora si stavano organizzando.»

Le istituzioni olandesi in che modo comunicano con la popolazione?

«Inizialmente c’è stata molta confusione, messaggi politici e direttive in contraddizione fra di loro giorno dopo giorno; non è stato piacevole, da italiana mi rendevo conto del fatto che anche i politici e i decisori olandesi stavano attraversando la fase di “negazione” che più o meno abbiamo vissuto tutti noi in questa situazione: è uno stato mentale che ci aiuta ad accettare il trauma, però vedendolo in atto in una situazione simile è come vedere che il capitano della nave sta spensieratamente bevendo martini mentre la nave affonda…Per fortuna la fase di negazione è durata pochi giorni e poi si è iniziato a chiudere tutto come in Italia, oltre ad infliggere multe e pene detentive per chi trasgredisce.»

Alla luce della tua esperienza come coach, quali sono i tuoi consigli su come vivere questa situazione?

«Come coach il mio primo consiglio a tutti coloro che stanno vivendo questa situazione per la prima volta nella loro vita è di fare quello che ci si sente di fare. Ciascuno di noi ha diversi modi di reagire ad una situazione di paura e incertezza: c’è chi la vede come una possibilità per fare di più, chi come una possibilità per fare di meno. E’ importante cercare di non giudicare troppo noi stessi in base ad un criterio o ad uno standard che non esiste, ed essere gentili con noi stessi accogliendo emozioni come rabbia, odio, paura, disagio, noia, insofferenza; sono emozioni legittime e preziose, sono dei portali che ci permettono di conoscerci meglio. Stiamo tutti un po’ “sbroccando”, e nello sfogo di questo “sbrocco” mostriamo parti di noi che, anche se non ci piacciono, sono preziose e ci rendono completi. Quando non siamo a nostro agio con queste emozioni le reprimiamo, ma esse emergono comunque in episodi di violenza e rabbia che noi tutti tristemente conosciamo.   Un altro consiglio è di non prendere decisioni importanti: pensare e riflettere su come si vuole cambiare la propria vita va benissimo, ma non è opportuno agire drasticamente su di essa in questo momento, è meglio posticipare l’azione a quando la situazione sarà più stabile… altrimenti sarebbe come prendere decisioni da ubriachi!»