Il 13 maggio verrà inaugurata, nello spazio di Habitat Ottantatre, in via Mantovana 83/E, la mostra “L’anima dei quartieri – Viaggio attraverso la toponomastica di Verona tra passato e presente“. La mostra, organizzata da Magazzino Verona, durerà fino al 22 maggio e si propone di esaminare i quartieri di appartenenza dei fotografi coinvolti per «prendere consapevolezza dei legami che abbiamo con i luoghi che ci ospitano».

«Come individuare l’anima di un luogo?», si chiedono gli organizzatori della mostra, che coinvolge i fotografi Gaia Goattin, Gianluca De Santi, Chiara Morando, Elena Campedelli, Mara Ballabio, Livio Nogarin e Paolo Signorini. Per rispondere a questa domanda, la mostra “L’anima dei quartieri” si concentra sui nomi delle strade, i toponimi, chiedendosi: «Cosa ci raccontano?». E, soprattutto: «Siamo figli dei nostri quartieri? Che impronta ci lasciano e a nostra volta lasciamo in quei luoghi?».

Spiega il comunicato:

«I toponimi sono la nostra eredità culturale, ciò che decidiamo di tenere del passato e ci orientano non solo topograficamente ma anche a livello identitario agendo in modo diffuso e inconscio.

Coloro che tendono a condividere un sistema di valori, infatti, sono spinti da questa comunanza/affinità ad inserirsi nella medesima area urbana, creando all’interno delle città delle vere e proprie “regioni morali” i cui abitanti avranno certamente in comune i fondamentali orientamenti di valore.

I luoghi sono lo specchio delle persone che li vivono e viceversa, sono interconnessi e si condizionano a vicenda, motivo per cui abbiamo ritenuto imprescindibile rappresentarli entrambi.»

Il progetto si è dunque articolato in due fasi: in primo luogo, c’è stato uno «studio della toponomastica dei quartieri, affiancata da un’indagine storica sulle loro origini, per giungere ad elaborare una sintesi sull’anima di quei luoghi all’epoca della loro nascita». A questa è seguita «la fase delle uscite fotografiche per documentarne l’assetto attuale e cercare visivamente le tracce dell’impronta originaria o gli eventuali mutamenti dovuti all’evolversi della città fino ai giorni nostri».

Un confronto tra passato e presente, tra ricostruzione storica e l’aspetto attuale dei quartieri. «È anche lavoro un po’ antropologico», ci spiega l’ideatrice Gaia Goattin. «Inconsciamente le persone tendono a insediarsi nei luoghi che li rappresentano di più».

Sette fotografi coinvolti, tutti membri di Magazzino Verona, per nove quartieri: Borgo Roma, Santa Lucia, Borgo Venezia, Porto San Pancrazio, Borgo Trento, Valdonega, San Zeno, Veronetta, Chievo. Ciascuno degli autori ha seguito una sorta di canovaccio prestabilito, fotografando le persone, oltre che i palazzi, i luoghi di aggregazione e le attività commerciali di ogni quartiere coinvolto, in modo da «rappresentarne il cuore pulsante e le arterie principali». Un gruppo di lavoro in cui ciascuno ha contribuito a tutti i processi della lavorazione del progetto, compreso l’editing (cioè la scelta delle foto).

“L’anima dei quartieri”, ci spiega Gaia Goattin, è anche un «progetto aperto». Diversi quartieri di Verona sono infatti stati lasciati fuori da questa prima selezione, e non è escluso che ci si possa tornare in futuro. Soprattutto, L’anima dei quartieri è un «lavoro non pretende di dare risposte ma si propone esclusivamente di prendere consapevolezza dei legami che abbiamo con i luoghi che ci ospitano e di stimolare delle riflessioni in chi osserva».

L’anima dei quartieri è anche il titolo di un libro, curato da Gianluca De Santi e finanziato da Magazzino Verona, che verrà presentato contestualmente alla mostra. Sarà composto da 160 pagine di fotografie e testi, per tentare di costruire un ponte tra il passato e il presente della nostra città.

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