Duecentotre ricorrenti (24 associazioni, 17 minori rappresentati in giudizio dai genitori, e 162 adulti) hanno intentato le vie legali per far pressione sul governo italiano, accusato di non fare abbastanza nella lotta alla crisi climatica.

L’azione legale, intrapresa il 5 giugno scorso, è promossa nell’ambito della campagna di sensibilizzazione intitolata evocativamente “Giudizio Universale” per sottolineare l’urgenza di mettere in campo azioni concrete di contrasto al cambiamento climatico.

«Lo stato italiano non sta facendo abbastanza per tutelarci – si legge in un comunicato -, e abbiamo deciso per questo di citarlo in giudizio, intentando un’azione legale che lo vincoli a fare di più e meglio.»

«Siamo uomini e donne – prosegue -, che portano avanti ogni giorno piccole e grandi battaglie per l’ambiente, per il clima e per i diritti. Come milioni di altre persone in tutto il mondo ci mobilitiamo per chiedere giustizia sociale, ambientale e climatica, consapevoli che i cambiamenti del clima si traducono sempre più in disuguaglianze e violazioni di diritti umani fondamentali. Siamo consapevoli che ci resta troppo poco tempo per salvarci e per salvare il Pianeta.»

Quest’azione fa seguito ad altre importanti iniziative di cittadini europei, tra cui quella intrapresa in Olanda che ha portato alla storica sentenza contro la Shell a cui il tribunale ha imposto il taglio delle emissioni del 45% entro il 2030 e il cosiddetto Affaire du siècle in Francia che lo scorso febbraio ha riconosciuto la responsabilità dello Stato francese dinanzi all’emergenza climatica, constatando la natura illecita del mancato rispetto degli impegni adottati per ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

Le richieste avanzate dai ricorrenti al giudice sono: dichiarare che lo Stato italiano responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica; condannare lo Stato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livello 1990, applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate, ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie attuali.

Dopo aver presentato il 5 giugno scorso l’azione legale, ora chiedono ai cittadini di firmare l’appello sul sito internet di “Giudizio Universale” per dire che questa è anche la tua causa.

«Da decenni lo Stato italiano promette di ridurre il proprio impatto sul clima, di mitigare i rischi, di costruire resilienza verso le conseguenze del riscaldamento globale – ha affermato Luca Mercalli, presidente Società Meteorologica Italiana e ricorrente -. Ma alle parole non corrispondono i fatti, sempre insufficienti e sottodimensionati rispetto all’urgenza. E soprattutto, mentre con una mano promette transizioni verdi con l’altra continua a sostenere le pratiche più perniciose per l’ambiente. Per questo faccio causa al mio Stato.»

Per Agostino Di Ciaula, presidente Comitato scientifico ISDE Italia, «le conseguenze sanitarie delle variazioni climatiche hanno aspetti differenti in diverse aree geografiche ma coinvolgono tutti, indipendentemente dalla collocazione e dal livello economico o socio-culturale. Risultato finale è un progressivo incremento della vulnerabilità individuale e una progressiva riduzione delle capacità di resilienza, con le fasce più fragili della popolazione che pagano prima e più di altri costi elevatissimi.

«Per questo siamo – ha proseguito – tra i promotori della prima causa legale contro lo Stato italiano. La salute, come abbiamo più volte ripetuto durante la pandemia, deve essere la priorità politica per chi ci governa.»

A rincarare la dose ci ha pensato Eleonora Evi, eurodeputata di Europa Verde, denunciando «l’inadempienza e l’inazione dei governi rispetto a un problema che non può più essere sottovalutato. Non possiamo chiedere ai cittadini di supportare la transizione ecologica se poi sono proprio i governi a disattendere i loro impegni. L’Italia rischia di diventare un deserto e di perdere intere costiere come Venezia, a causa dell’aumento delle temperature.»

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